
di Andrea Filloramo
“Bisogna abbattere i muri nella Chiesa, nel mondo e nei rapporti umani”. Così ha più volte e in vari incontri ha detto e ripetuto Robert Francis Prevost, il primo papa americano, nella prima settimana del suo pontificato.
L’espressione “abbattere i muri”, richiama l’idea di superare le barriere, le divisioni e i pregiudizi, che separano le persone, all’interno della Chiesa e nella società. Solo se costruiremo ponti – ribadisce il Papa – “possiamo ritrovare l’essenza del Vangelo, che è comunione, dialogo e amore”.
Quello del Pontefice, che ha scelto il nome di Leone XIV, non è da considerare uno slogan, ma un programma ben preciso e concreto di un pontificato che dovrebbe durare a lungo, nel quale egli cercherà, non distaccandosi dal solco tracciato dal predecessore Papa Francesco, di congiungere la tradizione con l’innovazione.
Papa Bergoglio aveva spesso parlato della necessità di costruire “ponti” anziché “muri”, promuovendo una Chiesa aperta e accogliente, anzi è stato proprio lui ad elaborare questi termini; Papa Leone XIV realizzerà questo camminare insieme, l’unire le diversità, l’abbattere i muri con attraverso il dialogo, poiché è convinto – come ha detto – che “il mondo ha bisogno della luce di Cristo e l’umanità necessita di Lui come il ponte per essere raggiunta da Dio”.
Nel programma pastorale di Papa Leone si può rintracciare o ipotizzare un valore aggiunto al messaggio di Papa Francesco, consistente nel fatto che egli, provenendo dall’Ordine di Sant’Agostino, enfatizzi una spiritualità missionaria orientata alla comunione e alla vicinanza con tutti e non solo con coloro che sono ai margini della società.
Per lui, quindi, “abbattere i muri” potrebbe significare intensificare l’impegno in un cammino necessariamente condiviso o condivisibile verso la pace interna ed esterna della Chiesa, orientando e favorendo la giustizia. “Eliminare le barriere che separano le persone” potrebbe significare, perciò, superare tutto ciò che fino ad ora impedisce il dialogo, la comprensione e la convivenza, la comunione e la sinodalità”.
Da evidenziare che gli ostacoli che la chiesa e la società incontrano non sono soltanto ostacoli ideali, ma reali, tangibili, limitanti la partecipazione, la comunione, la sinergia e quindi l’autonomia e la qualità della vita delle persone e delle comunità.
In altre parole, le barriere hanno conseguenze concrete e significative di un mondo reale nel quale la Chiesa deve sentirsi sempre pienamente inserita.
Si tratta differenze quando diventano motivi di divisione, pregiudizi o ostilità. Eliminare queste barriere vuol dire imparare a rispettare e valorizzare le differenze, senza chiudersi nel proprio gruppo.
Si tratta di povertà ma anche di emarginazione del dissenso che sono muri invisibili che dividono.
Il Papa sa che i veri muri sono dentro di noi. Si tratta di paure consce ed inconsce, pregiudizi, rancori o incapacità di perdonare.
Eliminare queste barriere richiede un cambiamento del cuore, apertura all’altro e volontà di riconciliazione.
Le divergenze possono trasformarsi in conflitti o isolamento. Superarle vuol dire cercare punti di contatto.
Nel messaggio cristiano, abbattere queste barriere è un gesto profondamente evangelico, perché riflette l’amore di Dio per ogni persona e il desiderio di unità tra tutti gli esseri umani.
Amare non è (solo) un sentimento, ma prima di tutto è una scelta.
L’amore autentico – quello di cui parlano il Vangelo, è una decisione interiore di voler bene all’altro, anche quando non lo “sentiamo”, che nasce dall’ invito agostiniano: “Non uscire da te stesso, rientra in te: nell’intimo dell’uomo risiede la verità”.
Su questo principio si fonda tutta la filosofia di S. Agostino e sul quale – ne siamo certi – si fondano anche la pastorale e l’agire di Papa Leone XIV.