IL SILENZIO NEL CONFESSIONALE. VITE SEGRETE NEL SISTEMA CLERICALE

di ANDREA FILLORAMO

Nell’ambito degli studi sociologici spesso si utilizza una prospettiva culturale, che si basa su fattori specifici, per spiegare sia alcuni comportamenti rilevanti delle persone, sia andamenti più generali e complessivi. Ciò che, con essi, si vuole capire è come avvenga che i valori o i disvalori abbiano un impatto determinante sui comportamenti effettivi delle persone, tanto da indurle ad assumere consapevolmente o anche inconsapevolmente determinati atteggiamenti in reazione a determinati stimoli. Questa premessa ci aiuta a comprendere, “brevis verbis”, cioè con poche parole, il significato del termine “sistema” che utilizziamo tutte le volte che vogliamo far sintesi delle caratteristiche e degli atteggiamenti di un determinato gruppo umano o di una determinata istituzione.

In tal senso ho utilizzato il termine “sistema” in una mia recente trattazione, il cui titolo è “Vite Segrete” che, come sottotitolo, ha appunto “il sistema clericale”, in cui ho cercato di analizzare le cause degli abusi sessuali dei preti che emergono sempre più nel tempo, attirando le critiche di quanti, trincerandosi dietro la metafora delle “poche mele marce”, per tanto tempo utilizzata dagli uomini di Chiesa, non hanno accettato l’idea di una responsabilità istituzionale della Chiesa, nonché di una “dimensione sistemica” di questi crimini.

A questi si aggiungono anche gli adulatori o i nostalgici del papato di Papa Benedetto XVI, che sostengono con lui che la crisi morale e spirituale della Chiesa, che si manifesta particolarmente negli abusi sessuali dei preti, nasca dalla rivoluzione culturale del ’68, e non tengono conto che molte date degli scandali sessuali mostrano come molti abusi dei preti siano stati perpetrati anche ben prima di quell’ anno.

Non intendo vantarmi di una paternità concettuale del termine “sistema” applicato alla Chiesa, perché sicuramente non è mia, ma sapere che l’arcivescovo di Reims, Éric de Moulins-Beaufort, presidente dell’assemblea plenaria d’autunno della Conferenza episcopale francese, dinnanzi ai dati emersi dalla stessa Conferenza, utilizzi tale termine e tale concetto, mi conferma ancor di più dell’esattezza del contenuto delle mie considerazioni.

L’arcivescovo di Reims, infatti, constatando la connivenza silenziosa della Chiesa verso i preti pedofili, riconosciuta dai vescovi francesi, scrive:

“Dobbiamo riconoscerlo e confessarlo: abbiamo lasciato svilupparsi un sistema ecclesiastico che, lungi dal portare la vita e aprire alla libertà, distrugge, schiaccia, schernisce esseri umani e i loro diritti più elementari. Siamo obbligati a constatare che la nostra Chiesa è un luogo di gravi crimini, di terribili attacchi alla vita e all’integrità di bambini e adulti”.

Parole pesanti queste, che allettano quanti ritengono che la Chiesa, essendo una, santa, cattolica, apostolica e romana non deve assumersi nessuna responsabilità dei “crimini” commessi dai molti preti, vescovi e anche cardinali, che, spogliati dai paramenti, tolte le mitrie, le croci pettorali, tolte anche le mozzette con occhielli, bottoni, bordi e fodera cremisi ai monsignori che indossandole si pavoneggiano e si sentono distinti dalla massa dei preti, appaiono nella loro nudità: esseri immondi anche per la mancanza di ritegno e di vergogna per avere abusato, con il silenzio della Chiesa e, quel che è più grave con il silenzio della loro coscienza e di quanti magari sanno e tacciono, di bambini innocenti sacrificati sull’altare dei vizi e dei difetti clericali. 

 L’arcivescovo, pertanto, continua dicendo:

Inconsapevolmente, eravamo complici, abbiamo permesso che si compissero atti indicibili, abbiamo passato il tempo a fare indagini, avviare procedimenti, tremare chiedendoci cosa potesse fare o no un prete, temere che qualcuno si mettesse a parlare ancora, ricevere vittime e scoprire nuove macchie sulla reputazione di tale sacerdote o tale laico che agisce nella Chiesa. Era nostro dovere chiarire che non potevamo sopportare che la Chiesa fosse così”.

Diciamo tutt’intera la verità: nella Chiesa gli abusi sessuali in genere e quelli pedofili in particolare ci sono sempre stati, ma se nel passato, la pedofilia non era ancora distinta dalla sodomia, la cui condanna era allora fatta non in nome del valore della persona abusata, ma in nome della progressiva svalutazione della sessualità umana, oggi occorre prendere atto del concetto totalmente errato di sessualità, sul quale non sono mancate le mie riflessioni su questo giornale.

Su tale concetto e su tale dottrina si è costruita per moltissimi anni, anzi per quasi due millenni, la vita dei preti e dei laici.

Su tale concetto, inoltre, si è approntato tutto un apparato etico utile ai confessori, che induceva non solo alla segretezza degli atti compiuti ma all’ipocrisia, dell’apparire cioè casti senza magari esserlo.

Da ciò la non ammissione di una realtà che poteva anche essere sotto gli occhi di tutti.

Da ciò, ancora, il fatto che la Chiesa non digerisce e non ha mai digerito insinuazioni sulla condotta sessuale dei suoi membri, servitori di Cristo, facendole ritenere pettegolezzi, calunnie, infamie, convincendosi o fingendo di convincersi che occorre tacitare la gente, facendo pensare che la gente, a quel che dice non crede, come non crede a quel che racconta la storia.

A tal proposito, la Chiesa, però, dovrebbe sapere che oggi basta accedere nella Rete e leggere tutto quel che riguarda i maggiori responsabili dell’impianto del sistema, cioè i Sommi Pontefici del lontano passato e venire, perciò, a conoscenza dei loro indicibili vizi.

Risultano, infatti, almeno diciassette i papi pedofili, dieci gli incestuosi, dieci i ruffiani, nove gli stupratori. E poi, nonostante continue condanne dell’omosessualità, del matrimonio e del concubinato tra religiosi, decine di pontefici, omosessuali, travestiti, concubinari, per non parlare dei sadici, dei masochisti, dei voyeur.

Cercare, come sta facendo Papa Francesco di lottare contro questo atavico sistema, consolidato, della Chiesa Cattolica, che ha avuto, però per fortuna in questi ultimi secoli anche dei pontefici santi che nulla hanno fatto, però, per liberare la Chiesa dalla coltre dell’ipocrisia, con cui si continuano a coprire queste malsane abitudini, non è assolutamente un compito facile, che sicuramente dovrà essere condiviso dai prossimi Papi.

È il sistema stesso, infatti, che, come tale, ha una sua logica che resiste quando qualcuno si permette di toccarlo e il Papa attuale ne sta pagando lo scotto.

Forse  ne ha pagato lo scotto anche il suo predecessore, Benedetto XVI, che si è dimesso, probabilmente crollato sotto il peso delle responsabilità volontariamente assunte in un determinato momento del suo pontificato e forse anche per le colpe a lui attribuite quando da Cardinale dirigeva la Congregazione per la dottrina della fede, così come afferma il New York Times sulla base di documenti interni alla Chiesa, interviste a vescovi ed esperti di diritto canonico, che sostiene che Ratzinger fu “parte di una cultura di non-responsabilità, negazionismo, e ostruzionismo della giustizia” di fronte agli abusi sessuali commessi da sacerdoti. Dal reportage emergerebbe, quindi, una versione molto diversa, sul ruolo di papa Benedetto XVI, rispetto alla descrizione ufficiale fornita dalla Chiesa.

Son passati ben otto anni, volendoci riferire soltanto alla situazione italiana, da quando il Cardinale Bagnasco – presidente della CEI è stato costretto dai casi di pedofilia dei preti che già da allora aumentavano – considerava quegli atti nient’altro che un “infame emergenza ancora non superata”, “ombre anche le più gravi e dolorose, che non possono oscurare il bene c’è,” e si limitava a proporre  un “gruppo interdisciplinare” di esperti, incaricato dalla presidenza della CEI, per “tradurre” in Italia le indicazioni del Vaticano per le linee guida della Chiesa contro la pedofilia dei preti. “Quando poi i casi si ripetono, lo strazio è indicibile e l’umiliazione totale”, così disse il cardinale e ha ripetuto “il grido amaro già risuonato nell’assemblea”, ma la costituzione del gruppo non era sufficiente per combattere la pedofilia.

È mancata allora la consapevolezza, come abbiamo già osservato, che gli abusi sessuali e la pedofilia, sono fenomeni endemici e sistemici della Chiesa Cattolica.  

La Chiesa deve prendere atto che ci sono tanti preti e laici che sono stanchi di sentirsi imprigionati all’interno di un sistema che opprime, che corrompe e che lavora per il suo declino.

Occorre che i vescovi, all’interno di ogni singola diocesi, servendosi di tutti i mezzi a loro disposizione vigilino e richiamino i preti al rispetto di tutti, particolarmente delle donne e dei bambini, vittime frequenti degli abusi sessuali operati dai preti e contribuiscano, per quanto è possibile, a un cambiamento culturale del concetto e della dottrina della sessualità che al dire di Papa Francesco “è un bene ed una ricchezza di cui non possiamo fare a meno”.