Il caso: il cardinale canadese Marc Ouellet è accusato di abusi sessuali

di ANDREA FILLORAMO

Il cardinale canadese Marc Ouellet è accusato in Canada di abusi sessuali. Lo riferisce la stampa canadese. Il cardinale, che guida la Congregazione dei vescovi, è accusato da una donna di molestie che si sarebbero verificate durante un cocktail nel 2008. L’accusa è contenuta in un dossier più vasto riguardante abusi da parte del clero, in vari anni, dell’arcidiocesi di Quebec.

La notizia che sta scuotendo la coscienza e sta circolando in tutto il mondo e che si sta arricchendo di molti altri particolari che già qua e là possiamo rintracciare nella Rete, data l’importanza del personaggio, se vera e accertata, potrebbe ancora una volta convincere molti a confermare che l’abuso sessuale sia un fatto endemico del clero, di cui non è immune nessun prete, nessun vescovo e nessun cardinale anche se coperti sempre da una coltre di silenzio e di ipocrisia.

Oggi, per capire il fenomeno, ci si deve interrogare sulla formazione dei preti, sul loro modo di vivere nei seminari, senza dimenticare che siamo, oltretutto, in una società pansessualista e nello stesso tempo individualista, dove i più deboli diventano vittime. Il tema, quindi riguarda tutti.

Gli abusi sessuali di cui si macchiano molti preti sono da vedere come le immancabili conseguenze di un’errata dottrina della sessualità praticata da secoli dalla Chiesa, imposta e inculcata ai suoi ministri e che loro impongono e inculcano ai credenti.

È arrivato il tempo, quindi, per la Chiesa Cattolica che vuole proiettarsi nel futuro, di squarciare il velo di menzogne secolari o di ignoranza sulla sessualità, tramite anche la logica ed il pragmatismo.

La morale sessuale della Chiesa Cattolica deve cambiare per aiutare le persone a vivere il potenziale di sessualità nella loro vita e nelle loro relazioni in maniera da contribuire ad un arricchimento.

Giungerà il giorno – non si sa ancora quando – in cui anche la dottrina della Chiesa si evolverà. Di ciò era convinto Karl Rahner, che riferendosi anche ai dogmi diceva: “i dogmi sono come lampioni nell’oscurità, solo gli ubriachi vi si abbarbicano”.

Applicando quest’immagine ai principi morali, sui quali necessariamente deve fare riferimento sempre la Chiesa, essi sono dei lampioni nella notte, che danno luce, orientamento, ma decidere che cosa fare, spetta però solo ed esclusivamente a ciascuno di noi, nella consapevolezza che dalla scelta che facciamo scegliamo di essere o non essere cristiani.

Si moltiplicano intanto i casi denunciati dalla stampa, dalle televisioni e dalla Rete, di abusi sessuali sui minori di preti e vescovi, sui quali nel passato la Chiesa Cattolica ha opposto un silenzio omertoso. Lo sappiamo: l’omertà è tra gli atteggiamenti umani il più odioso. Far finta di non vedere, non sentire, infatti, significa tradire se stessi prima che i nostri simili. Chi tace, chi fa finta di non vedere e sentire, rinnega la propria coscienza e la coscienza collettiva.

Sulle vicende sessuali dei preti – lo sappiamo – spesso si imbocca il tradizionale sentiero dell’oblio e del silenzio, emulando la diplomatica cautela del manzoniano Conte zio: “Sopire, troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire…”. 

Turarsi il naso dinnanzi al puzzolente letame che aggredisce un’intera categoria di preti, vescovi e cardinali, obbliga la maggioranza che è quella fatta di persone che si tengono ben lontane da questo antico e odioso crimine, ad alzare alta la voce, anche davanti al loro vescovo se invita all’omertà. 

Da affermare con forza che il male può essere combattuto anzitutto portandolo alla luce, riconoscerlo, senza mai occultarlo.

Non si deve aspettare che siano le circostanze esterne a spingere in questa direzione: è lo spirito del Vangelo che lo insegna: “Non c’è nulla di nascosto che non debba essere manifestato, nulla di segreto che non debba essere messo in luce” (Mc 4,22); “Perché chiunque fa cose malvagie odia la luce e non viene alla luce, affinché le sue opere non siano scoperte; ma chi mette in pratica la verità viene alla luce” (Gv 3,20-21).

A tal proposito la Chiesa francese e quella svizzera hanno indetto delle confessioni pubbliche per chiedere perdono per il male commesso nei confronti dei piccoli da parte dei suoi membri.

 Occorre che in ogni diocesi si raccolgano e si facilitino le denunce. In questa stessa direzione potrebbe essere un segno utile l’istituzione di uno “sportello”, in ogni Chiesa locale, che accolga le denunce, faccia un primo discernimento e permetta di prendere in esame le situazioni sospette. Il messaggio che ne verrebbe è che non si vuole tenere nascosto nulla, ma favorire un discernimento.

Con una precisazione: è questo un compito che spetta alla Chiesa nel suo interno, ma anche un necessario riferimento alle istituzioni preposte a fare i necessari accertamenti, nonché un diritto dei preti “onesti” a non essere “infangati” da una parte di loro che dovrebbero essere allontanati dal ministero presbiterale.

Altre possono essere le procedure per affrontare i casi di scandali di natura sessuale e i casi di pedofilia in particolare.

È un segno di responsabilità non da poco.

Forse potrebbe essere utile renderle accessibili a tutti, perché questo sarebbe sia un segno di trasparenza, sia uno stimolo che permette di perfezionare una prassi che non è mai perfetta e chiede continue precisazioni. 

È assurdo che ci siano mamme, nonne e sorelle che vietano ai loro bimbi la frequenza del catechismo perché temono che il prete della parrocchia, anche per la “tempesta” mediatica, sia un pedofilo.

Ciò in conseguenza dell’«ipergeneralizzazione», che è un fenomeno psicologico, che induce una persona a considerare un solo evento (o un comportamento o un’esperienza) negativo e ne ricava una regola generale senza verificarne la validità.

Ma era solo l’inizio.

La magistratura civile non ha risparmiato la Chiesa cattolica travolta dallo scandalo della pedofilia ai suoi massimi vertici. 

Prima è toccato al cardinale australiano George Pell, al momento della condanna prefetto in congedo della Segreteria per l’economia, poi assolto.