Fuoco sotto. Fuoco sopra. Capitolo 9 

Fuoco sotto. Fuoco sopra. Romanzo culinario d’appendice bisettimanale e d’appendicite cronica di M. Gavio Fano Galt.

 

Capitolo 9

 

 

È tempu ri capuna, mi disse un vecchio pescatore un giorno di qualche anno fa mentre passeggiavo, avvolta in un soprabito nero e nei miei pensieri, sulla banchina del porto di Terrasini. Non lo avevo neanche notato, piccolo e rugoso, come accartocciato su sé stesso stava seduto su una bitta a riparare una rete. «E’ tempu ri capuna», mi ripetè, e io allora fermai me stessa e i miei pensieri

e mi rivolsi a lui: «Birinica vossia. Ma chi mi voli riri cu sta parola?». «Ca u tempu sta canciannu, figghia mia. Talìa ‘u cielu, ‘u viri ca sta cuminciannu a farisi scuru, ‘u celeste addiventa blu e li negghie si fannu fitti fitti. Pensaci figghia, sì pò canciari u cielu, ca è dà ri quannu c’è lu munnu, picchì un putemu canciari nuatri?». «Raciuni avi vossia, raciuni». Ci guardammo negli occhi in silenzio, i suoi erano profondi e grandi ricamati tutt’intorno da rughe sincere. Mi accommiatai con un cenno del capo e lui rispose abbassando la coppola grigia con la tozza mano abbronzata. Ritornai sui miei passi e ai miei pensieri, ma con un senso di leggerezza che prima non avevo. Quella frase improvvisa mi aveva ridato il buon umore. “E’ tempu ri capuna”, cominciai a ripetermi, come un mantra, come una preghiera.

 (Monica Cecere)

 

Eligio: “La nostra terra è agre …”.

Raniero: “… ed è dolce”.

Eligio: “È agre come le lacrime di una mamma riversa sui figli … come una mamma che ha pianto i figli …”.

Raniero: “… il cui lamento diventa nota di un canto …”.

Eligio: “Agre come l’amore”.

Raniero: “Dolce come l’amore”.

Eligio: “Abd ar-Rahman,  poeta siculo-arabo di Trapani, vissuto alla corte normanna di Ruggero II, così scriveva: “Le arance dell’isola sono simili a fiamme/ brillanti tra rami di smeraldo/ e i limoni riflettono il pallore di un amante/ che ha trascorso la notte in lacrime/ per il dolore della lontananza”.

Raniero: “Cesare Brandi, storico dell’arte di inizio secolo ventesimo, così scriveva:” In Sicilia, solo che vi sia il sole, è sempre primavera, anche più primavera se ci sarà la neve sull’Etna e sulle Madonie, con quel contrasto che è così dolce tra la neve all’orizzonte e le pendici fitte di agrumi in cui occhieggiano aranci e limoni, e se aranci e limoni potete trovarli anche altrove, mai saranno così come li vedete in Sicilia, in questa contraddizione di inverno e di primavera. Sì, lo so, uno spettacolo del genere può esserci anche in Marocco o in Andalusia, con altri fascini sicuramente, ma qui in Sicilia vi appare come una cosa naturale, per cui non c’è bisogno di andare in terre esotiche. È la natura naturale qui in Sicilia di mettere assieme l’arancio e la neve. Non è esotica la Sicilia, è favolosa.

Eligio: “ Ciuffo avrebbe citato l’autore de El Criticón, il settecentesco gesuita, scrittore e filosofo spagnolo

Baltasar Gracián y Morales”.

Raniero: “Si gustano di più i buoni bocconi che la sorte offre, se li accompagna l’agrodolce del pericolo”.

Eligio: “La Sicilia segna prodigiosamente cammino e destino in bianco e nero, chiaro e scuro, lava e neve, fiele e miele, sole e luna, mare e monti, coriandolo e spisidda, fiori di zagara e nenie di grilli, altari e altarini, lucciole e detriti,  asprezza e letizia,  rosari e corone, norme codici d’onore e baciamolemani, rispetti e dispetti, mandorla amara pasta reale marzapane e frutta martorana, acqua e fuoco da riequilibrare nella armonia delle energie”.

Raniero: “L’agrodolce nella cucina siciliana esprime yin e yang”.

Eligio: “A questo punto non possiamo non parlare che di polpettine, zucca, coniglio, tonno, cipollata in agrodolce”.

Raniero: “Non si può non parlare di caponata … per l’appunto di capone … e a seguire di melanzane e di carciofi”.

Per le polpettine in agrodolce occorre amalgamare in una ciotola tritato di seconda di vitello, mollica di pane raffermo (magari ammollato nel latte), formaggio stagionato grattugiato, uova, prezzemolo tagliuzzato finemente, sale e pepe. Sale e pepe quanto basta per tutti. Un uovo intero per ogni trecento grammi circa di tritato. Potrebbe essere sufficiente un solo uovo. Le mani di una nonna per le proporzioni tra carne e mollica oppure un quarto di mollica rispetto al quantitativo di carne con aggiunta di formaggio quasi proporzionale, prezzemolo a volontà. L’impasto deve mantenersi piuttosto morbido. Se dovesse rivelarsi troppo consistente (per evitare na petra) aggiungere un po’ di latte. Dopo avere dato forma rotonda (anche appena ammaccate) alle polpettine della misura di una pallina di calciobalilla (c.d. biliardino) o di ping-pong, immergetele per essere fritte in  olio ben caldo che non deve avere toccato il punto di fumo. Quindi sgocciolatele su carta assorbente.

In una padella, bisogna fare caramellare lo zucchero (circa 5/6 cucchiai) che a mbrumatura andrà bagnato con (e liquefatto in) un  bicchiere di aceto (si raccomanda che sia aceto di vino rosso) e infine – dopo avere fatto sfumare l’aceto alzando la fiamma – fare insaporire le polpettine che disposte nel piatto di portata vanno nappate con l’intingolo fondo di cottura agrodolce residuato. Potrebbe anche scegliersi prima di disporre lo zucchero di affettare cipolle da far imbiondire in olio evo. In questo caso si potrebbero unire due ingredienti immancabili … uvetta ammollata e pinoli da aggiungere a fine cottura.

La zucca in agrodolce aromatizzata in salvia, rosmarino o mentuccia è un veloce piatto (antipasto o contorno) autunnale.

Per la preparazione bisogna, anzitutto, sbucciare la zucca, privarla di semi e filamenti, tagliarla a fette di circa mezzo centimetro, lavarla, tamponarla. Andranno poi dorate uniformemente, da una parte e dall’altra, in una padella antiaderente in cui si sarà versato dell’olio. Si dovranno disporre nella padella solo dopo che olio abbia raggiunto la temperatura ideale. A doratura le fette di zucca – da maneggiare delicatamente magari con l’ausilio  di una paletta onde  mantenerne integra la forma prescelta – andranno cosparse di sale e sfumate con aceto di vino bianco.

Il coniglio in agrodolce va diviso in pezzi, privato della testa, lavato, asciugato, infarinato, rosolato uniformemente, tolto da fuoco, messo da parte, tenuto in caldo. Nel tegame, aggiungendo olio evo, occorre fare appassire la cipolla salata e pepata, per poi accogliere le coste di sedano defilamentate e tagliuzzate, le olive verdi  denocciolate, i capperi dissalati, i pinoli, l’uvetta ammollata in acqua tiepida  e strizzata, la scorza di arancia. Si riunisce, quindi, il coniglio e si versa lo zucchero sciolto nell’aceto e si prosegue la cottura per circa un’ora – controllando il giusto livello di umidità (eventualmente aggiungendo un d’acquacalda) e  rigirando di tanto in tanto  – fino a raggiungere lo stadio della tenerezza della cane bianca de qua. Lasciare riposare per un’amalgama di sapori. Gaudio e tripudio.

La cipollata in agrodolce si accompagna intrinsecamente a tonno, pescespada, palamito, alalunga, aguglia imperiale, sgombro etc. etc..

Il pesce va scottato in padella o ai ferri. Talvolta, può anche essere lessato.

A ‘cipuddata’ in Sicilia è con cipolle bianche. Apprezzate di Giarratane. Tuttavia, anche le cipolle ramate o quelle rosse (in particolare, quelle di Tropea) si sposano benissimo.

L’aceto di vino deve essere bianco si può sostituire anche con quello di mela. Per versione trend anche l’aceto balsamico.

A cipuddata, possibilmente con ampio anticipo, va dopo la cottura, va versata ancora calda sul pesce perché penetrando (compenetrando) si insaporisca il tutto. L’agrodolce può essere modulato con proporzioni modificabili condizionati – ovviamente – dall’intensità dell’aceto.

Eligio: “Attenzione bisogna aprire una parentesi … l’aceto ha quasi sempre un accento discorsivo negativo … per esempio in un aforisma si legge che l’aceto si porta con tutto il malumore del vino”.

Raniero: “Infatti,  un nostro proverbio recita … u putiaru chi sta avanzi a putía voli addiri chi iavi u vinu acitu …”.

Eligio: … “Occorrerebbe ridare onore all’aceto. In fondo la chimica suggerisce che ogni alterazione non è dissoluzione ma rigenerazione.”

La capacità del tonno di lasciarsi permeare e a sua volta di suadere è stupefacente.

Merita, quindi, una menzione speciale tra i piatti a base di pesce, che possono essere tagliati in tranci,  in agrodolce.

 

Le cipolle, svestite dalle tuniche esterne, vanno affettate non troppo finemente. Lasciate a rondelle sono di grande effetto. Vanno poi versate nell’olio extravergine caldo e salate per essere cotte a fuoco al minimo e ammorbidite. In prossimità della consistenza desiderata va aggiunta alle cipolle appassite la miscela di zucchero disciolto nell’aceto. Quando quest’ultimo sarà sfumato e la cipolla sarà accarezzata da una cremina caramellata si potrà aggiustare di sale e pepe unendo e … spegnere.

Frattanto, il tonno (eventualmente anche tagliato in tocchi), dopo leggera infarinatura  sarà fritto a fuoco alto in un tegame e colorato esternamente per mantenerlo umido internamente. Nel piatto di portata il tonno croccante a al contempo tenero sarà annegato nella cipollata guarnita e profumata da inconfondibili foglie di menta.

At last but not least … la caponata.

Vi è chi sostiene che caponata derivi etimologicamente da “capone”, pesce pregiato (oggi lampuga)  che la nobiltà dei latifondi gradiva mangiare con una salsa agrodolce.  Secondo altra versione, la caponata si fa risalire ai locali in cui bazzicavano per riposare mangiare e bere viandanti, migranti e marinai. Resti formidabili di cauponae, (ostelli, osterie, taverne) si rinvengono già presso greci e etruschi. Altri pensano al biscotto spagnolo “capon”. Peraltro, in un testo di metà ottocento di Ippolito Cavalcanti dal titolo  “La cucina teorico-pratica con corrispondente riposto”, pare intravvedersi in una sorta di insalata la ricetta antica della caponata avendo come ingredienti pane biscottato tipo frisella inumidita da  aceto e  olio, sale, pepe e un po’ di zucchero, accompagnata  lattuga e scarola, pesce capone o sgombro lessato, cetrioli, olive e peperoni.

Taluni colgono l’assonanza con gli intingoli della penisola iberica  capirotada, capironades. Si può anche risalire nel tempo … addirittura nel XVI secolo … a  “La Singolar Dottrina” di Domenico Romoli detto il Panunto. Il piatto prevedeva melanzane, carciofi, aceto, zucchero, capperi, olive, sedano.

L’agrodolce si coniuga certamente  con uva passa e pinoli. In talune zone si ultima la preparazione con mandorle tostate e sminuzzate. Vi è anche chi nella zona del tardo barocco siciliano aggiunge il cacao amaro. La caponata, insomma, offre varianti infinite. Ogni città … ogni famiglia ha la sua caponata.

Di certo, chi non andava per mare o non si poteva permettere il pesce, come piatto unico (di necessità virtù) attingeva all’orto. Tra le ricette di caponata di pesce capone in agrodolce due meritano menzione speciale.

Di queste due ricette si riepilogano gli ingredienti lasciando alla intuizione la preparazione.

La prima prevede … 4 freselle (pane biscottato), 200 g di cavolfiori mondato, 250 g di giardiniera, 2  peperoni tondi sott’aceto, un cespo di scarola riccia, un cespo di lattuga, 50 g di capperi, 50 g d’olive nere denocciolate, 4 alici  salate, pulite e diliscate, filetti di  pesce capone, 1 dl di olio extravergine di oliva, 1 dl d’aceto di vino bianco, 1 dl di vino bianco, succo di limone, pepe in grani e sale q.b.

La seconda prevede … 600 gr. di filetto di capone, farina di grano duro, 2 grosse cipolle, olio d’oliva Evo, 1 cucchiaio di concentrato di pomodoro, 1 pugnetto di capperi dissalati, 2 gambi di sedano, cucchiaino di cacao amaro, 2 o 3 cucchiaini di zucchero, aceto bianco q.b., qualche ciuffetto di menta, qualche filetto di mandorla tostata; sale.

Si passa ora alla caponata di carciofi, per la quale si consiglia la procedura che segue:

– eliminare le foglie esterne, le punte, le spine e parte del gambo  dai carciofi;

– ricavare il cuore;

– tagliare a spicchi grossolani e regolari;

– rimuovere l’eventuale barbetta;

– evitare di farli annerire strofinandogli con limone;

– deporre in una ciotola con acqua e limone;

– pulire e affettare le cipolle;

– fare appassire le cipolle in padella con qualche cucchiaio di olio extravergine di oliva;

– mescolare a  fuoco basso;

– dissalare i capperi in acqua tiepida;

– denocciolare le olive;

– defilamentare e tagliuzzare i gambi di sedano e aggiungerli alla cipolla per intenerirli;

– soffriggere olio, aglio e prezzemolo e unirvi i carciofi;

– versare in un bicchierino di aceto bianco tre cucchiai di zucchero;

– aggiustare, di zucchero o d’aceto, secondo il proprio gusto;

 

– aggiungere nella padella con le cipolle gia’ trasparenti il soffritto, i carciofi trifolati e i pomodorini secchi;

– mescolare;

– trasferire la caponata in un  piatto da portata;

– fare raffreddare.

Infine … la caponata per eccellenza, per definizione, per antonomasia … di cui ci persuade questa ricetta in dialetto … Pi fari un beddu piattu di capunata si tagghianu sei milinciani longhi, cu tutta la scorcia, a tucchetti, e si friinu nna ‘na padedda granni, cu ogghiu quantu abbasta, a culuri d’oru. Si mettinu nna un piattu e, livannu un pocu di l’ogghiu di frittura, nna chiddu chi arresta pi suffriiri li civa di dui o tri acci, tagghiati a listiceddi e ‘na cipudda tagghiata fina. Si cci agghiunci un cuppinu di sarsa di pumadoru friscu, mezzu bicchieri d’acitu, un cucchiarinu di zuccaru, e un beddu pizzicu di sali. S’arrimina e si fa cociri a focu lentu ‘na dicina di minuti. Si mettinu allura nna ‘na padedda, li milinciani fritti, dui cucchiarati di chiappari sutt’acitu, un pugnu d’alivi virdi, sculati e disussati: si lassanu ‘nsapuriri tutti cosi pi cincu minuti. Si mancia fridda, mittennucci ‘ncapu mennuli atturrati a pizzuddi.

Eligio: “Qualche sera fa, ho assaggiato una caponata strepitosa. Stavo guardando in compagnia il serale di una trasmissione popolare tra i giovani e … non solo. Una trasmissione di selezione televisiva di talenti tra cantanti e ballerini condotta dalla Maria nazionale. Alla fine della puntata si doveva scegliere chi escludere. La scelta ricadeva tra un cantante e una ballerina. Per uno della mia età era incomprensibile riconoscere talento, stile, voce al cantante. Per uno della mia età, nonostante la tecnica fosse piuttosto astrusa … dicono hip hop … proviene dalla danza di strada … era impossibile non riconoscere la bravura della ballerina. Entrambi i giovani avevano altera personalità. Ego a riempire il vuoto per il primo. Consapevolezza a circoscrivere il volo per la seconda.  Il pubblico da casa doveva votare. Per me la sfida era scontata. Sebbene entrambi portatori di cambiamento, il merito stava solo da una parte. Non è andata così. Ecco questa è la fotografia dell’Italia di oggi … che vuole si il cambiamento ma non sa riconoscere il merito. Non solo l’agre ha finito per sovrastare il dolce ma si è avvicinato all’acido.”

Raniero: “Questa è la democrazia … bellezza”.

Eligio: “Questa democrazia … non mi piace”.

Raniero: “Ciuffo avrebbe aggiunto … popolo e … c’amo detto?”

Eligio: “Shapiro avrebbe aggiunto una frase di Indro Montanelli ripetuta dallo zio panzone, bibliofilo, giramondo,  sciupa femmine e prosciugarendite … il bordello è l’unica istituzione italiana dove la competenza è premiata e il merito riconosciuto”.

Raniero: “ e …  il rosanero zio baffo?”

Eligio: “Nni stamu inchiennu di negghia!”

Raniero: “Metafisicamente inconsistente. Peggio che vacante. Inappellabilmente irrecuperabile”.

Eligio: “Di chi la colpa?”

Raniero: “Se noi non siamo come voi/Che colpa abbiamo noi!?”

Eligio: “Bah … mi hai ricordato un pezzo dei Negrita … consigliatomi da un familiare … familiare volto Rai … Il titolo è “Non è colpa tua”.

Raniero: “Lo conosco e … anche se non c’entra niente o se vale per tutto … e’ da dedicare a Ciuffo …

Due ali dorate/Sull’asfalto blu/Il grano immaturo/E’ l’estate del bum/Gli anni sessanta in cui tutto si muove/E volan due ruote e una Lambretta Gold/Due giovani cuori/Col vento negli occhi/Vanno veloci incontro al futuro/Che promette tutto ma poi toglierà/La storia andò così/Shel Shapiro/Non è colpa tua/Shel Shapiro/Non è colpa tua/Shel Shapiro/Ah ah ah ah/Shel Shapiro/Non è colpa tua/Da Woodstock a White/Dai Beatles a Jim/Da Hendrix a Dylan/Da Yung agli Stones/Uno è il messaggio/Ricorre una frase/Portiamo l’amore che trionferà/Milioni di cuori col sole negli occhi/Vanno sicuri incontro al futuro/Che promette tutto ma poi toglierà/La storia andò così/Shel Shapiro/Non è colpa tua/Shel Shapiro/Non è colpa tua/Shel Shapiro /Mh mh mh mh/Shel Shapiro/Non è colpa, non è colpa tua/E’ tutto colpa mia/E’ tutto colpa mia/E’tutto colpa mia/E’ tutto colpa mia/Shel Shapiro/Non è colpa tua/Shel Shapiro/Non è colpa tua/Shel Shapiro/Ah ah ah ah/Schel Shapiro/Non è colpa tua/Ah ah ah, oh!/ Shel Shapiro/Schel Shapiro/Shell Shapiro/

 (Se noi non siamo come voi)/(Che colpa abbiamo noi)/Shel Shapiro, non è colpa tua/Shel Shapiro/Shel Shapiro, non è colpa tua/Shel Shapiro/yeyeyeah/Shel Shapiro, ah!

Continua…