
L’estate offre l’opportunità, oltre al giusto riposo, di leggere buoni libri e riviste. In questi giorni ho riletto due ottime sintesi sul Magistero Pontifico a cura del professore Massimo Introvigne, direttore del Cesnur, pubblicate dalla rivista di critica cattolica, Cristianità, trimestrale, organo ufficiale di Alleanza Cattolica. La prima sintesi riguarda Caritas in Veritate. La Dottrina Sociale della Chiesa contro la tecnocrazia. La seconda sintesi, “Dopo il lungo inverno della dittatura comunista. Il viaggio apostolico di Benedetto XVI nella Repubblica Ceca.
Di fronte alla crisi economica e al potere quasi totalitario della nuova ideologia tecnocratica, non mi sembra affatto una perdita di tempo presentare alcuni passaggi, evitando di fare un“mattone”, della lettura guidata dell’enciclica di Benedetto XVI che ci offre Introvigne (naturalmente per maggiori approfondimenti, rinvio alla lettura integrale dell’enciclica).
Carità nella Verità, per Benedetto XVI, è sinonimo fondamento, della dottrina sociale della Chiesa. L’enciclica, però, non si occupa solo di economia, ma anche della dimensione socio-politica e socio-culturale. Il testo affronta quattro grandi temi: la natura e il fondamento della dottrina sociale della Chiesa; il ricordo dell’enciclica di Paolo VI (1963-1978) Populorum Progressio; una descrizione di quanto è profondamente cambiata l’economia negli oltre quarant’anni che ci separano da quel testo di Paolo VI; infine i principali temi della dottrina socio-economica della Chiesa nel contesto dei profondi mutamenti e della crisi economica in atto. In particolare la nozione di ‘sviluppo integrale’, infine, la minaccia costituita dalla tecnocrazia, nuovo stile di pensiero e di azione anticristiano che dopo la fine delle ideologie, sfruttando la globalizzazione, cerca di sostituirle.
Bisogna stare attenti agli sviamenti, ai fraintendimenti o svuotamenti di senso a cui la carità è sottoposta oggi. Vi è un buonismo, per cui, “l’amore diventa un guscio vuoto, da riempire arbitrariamente. E’ il fatale rischio dell’amore in una cultura senza verità. Esso è preda delle emozioni e delle opinioni contingenti dei soggetti…”
La colpa di tutto questo è del relativismo, che relativizza la verità. “Un Cristianesimo di carità, senza la verità può venire facilmente scambiato per una riserva di buoni sentimenti, utili per la convivenza sociale, ma marginali”.
Ne consegue che l’annuncio della verità è la forma suprema di carità: “difendere la verità, proporla con umiltà e convinzione e testimoniarla nella vita sono pertanto forme esigenti e insostituibili di carità”. Il Papa ribadisce che il dovere politico è per tutti: “ogni cristiano è chiamato a questa carità, nel modo della sua vocazione e secondo le sue possibilità d’incidenza nella polis…”Naturalmente questa azione politica, non si riduce solo all’azione partitica.
Benedetto XVI propone una riflessione articolata sia della Populorum Progressio che un inventario delle principali modifiche sopravvenute in campo socio-economico. Il Papa afferma che anche questo documento del Concilio Vaticano II, va inquadrato nella Tradizione della fede apostolica, del resto, è un criterio, che va applicato a tutti i documenti della dottrina sociale della Chiesa, diversamente la Populorum Progressio sarebbe un documento senza radici. Non si tratta di una cesura tra il Magistero sociale di Paolo VI e quello dei Pontefici suoi predecessori. Non esistono due tipologie di dottrina sociale, una preconciliare e una postconciliare, ma un unico insegnamento. Com’è cambiata l’economia dopo la Populorum Progressio.
Benedetto XVI comincia a sottolineare che il cosiddetto processo di “decolonizzazione, non ha portato la libertà e la pace in cui sperava Papa Montini, ma spesso nuove forme di oppressione e di corruzione, non solo per colpa dei Paesi ex-coloniali, ma anche per gravi irresponsabilità interne agli stessi Paesi resisi indipendenti”. Pertanto, Benedetto XVI, invita a non demonizzare la globalizzazione: “opporvisi ciecamente sarebbe un atteggiamento sbagliato, preconcetto, che finirebbe per ignorare un processo caratterizzato anche da aspetti positivi”. Più avanti scrive, “la globalizzazione, a priori, non è né buona né cattiva. Sarà ciò che le persone ne faranno”. Il problema semmai è correggerne le disfunzioni, anche gravi.
Il Papa ricorda che esistono nuove povertà, soprattutto nei Paesi ricchi, quindi, individua una limitazione del potere degli Stati a favore del nuovo potere economico e finanziario. Inoltre il Papa descrive il sottosviluppo morale, dovuto ai Paesi ricchi che esportano nei Paesi poveri, dove delocalizzano le loro produzioni, si tratta di“un eclettismo culturale assunto spesso acriticamente”. All’insegna del relativismo, le culture sono considerate equivalenti e tra loro interscambiabili, ma c’è pure il pericolo opposto, l’appiattimento culturale, dall’omologazione dei comportamenti e degli stili di vita. Ma c’è anche di peggio, a volte, i Paesi ricchi esportano nei paesi poveri, una mentalità antinatalista, con diffusione massiccia di anticoncezionali. E si alimenta, perfino il turismo sessuale. A volte, capita che i Paesi ricchi, esportano pure una “promozione programmata dell’indifferenza religiosa o dell’ateismo”. Il fondamentalismo e il laicismo, secondo Benedetto XVI, spesso compromettono un rapporto equilibrato tra fede e ragione, e sono ostacoli allo sviluppo integrale. L’ultimo grande tema preso in esame dall’enciclica, è quello della dottrina socio-economica della Chiesa oggi. Qui il Papa ricorda che l’uomo è ferito dal peccato originale che si manifesta conme orgoglio dell’autodeterminazione assoluta. In tema di diritti, qui l’uomo ne pretende alcuni dalle strutture pubbliche, altri non sono riconosciuti. Il Papa pone l’accento su una certa esasperazione dei diritti che poi sfocia nella dimenticanza dei doveri. Il problema rinvia alla questione del diritto naturale, cioè la legge morale universale, valida per tutte le culture.
Affrontando il tema della tecnocrazia, il Papa passa dall’autosufficienza dell’uomo a quella della tecnica, che utilizza il “processo di globalizzazione” per “sostituire le ideologie”. Così diventa “ideologia tecnocratica”, svolgendo lo stesso ruolo negativo, delle vecchie ideologie. La tecnocrazia, come tutte le ideologie promette tante cose, intanto rinchiude l’umanità dentro un a priori che non gli fa incontrare la verità, prescinde dai valori e così spesso si rivela un’illusione e un inganno, utilizza in maniera distorta i mezzi di comunicazione di massa.
Ma è meglio continuare in un prossimo intervento.
DOMENICO BONVEGNA