Di donne, di ieri: Il racconto di Lulù tra paure e speranza

Lulù siede su una poltrona coperta da un telo bianco. In mano una statuina in porcellana di Capodimonte… E’ così che funziona la vita.
Inizia così la storia scritta da Giusi Arimatea che è calore, cuore e passione senza ambiguità, perché questo a molto altro sono gli ingredienti del racconto che invito a leggere – senza per questo rischiare di spoilerare il libro “Di donne, di ieri” – Pungitopo editore -.

Un dipinto che rappresenta le donne che ogni giorno cercano di costruire una famiglia, una società, una esistenza con l’amore puro e semplice. E la nostra Giusi Arimatea ci regala un’occasione per ribadire l’importanza delle donne e la necessità della loro presenza nella vita. Un luogo dove le donne sono emarginate è un luogo sterile. Perché grazie ai ricordi di Lulù che con dovizia di particolari la scrittrice svela pagina dopo pagina, le donne non solo portano la vita, ma ci trasmettono la capacità di vedere oltre, vedono oltre loro, ci trasmettono la capacità di capire la quotidianità con occhi diversi, di sentire le cose con cuore più creativo, più paziente: “la vita si era anche messa di traverso, ma mia madre non intendeva assecondarne i capricci. era arrivato il momento di pensare soltanto a me. E in quel momento credo non avesse più pensato ad altro…”.
Lulù parla con voce calma e lenta. Scandisce bene le parole. Si sofferma sui dettagli, sulle date, sui luoghi. Non vuole tralasciare niente. Il suo racconto sembra un sussurro. “…Che poi, quando non hai scelta, a porti domande inutili sprechi solo il tempo che ti serve per ascoltarti, nel più religioso dei silenzi, e sapere esattamente a quale orizzonte mirare…”. Eppure è illuminante come il sole in una mattina tersa. Così tra le pagine del romanzo “Di donne, di ieri” è possibile ripercorre la sua storia offrendoci senza reticenze uno spaccato di vita fatto di gesti, gioie, persone e qualche dolore dolore. Una vita che le ha insegnato il valore della comunicazione con gli altri. Per questo oggi parla della sua storia con dignità e consapevolezza. Non ha vergogna e non ha paura. Sa che non bisogna tacere né dimenticare il passato: “…le immagini sono quello che resta del mondo che non c’è più. Sono mani ruvide che lavorano. Sono i profumi delle colonie…”.
La storia di Lulù è l’emblema della pazienza e del coraggio che ci vuole nel vivere con dignità, amore e semplicità le tante giornate di una esistenza… momenti nei quali a volte bisogna affrontare- e superare – anche la paura di non valere nulla. Per fortuna ci sono pagine e pagine tutte da scrivere. Chi pensa, infatti, ai ricordi di una infanzia, si rapporta in genere all’autorevolezza delle mamme, delle nonne, delle zie. Sono loro che hanno segnato il grande tracciato della vita: il viso di una madre, il più bello dei ricordi. Perché è qui che si appoggia la nostra speranza anche nei momenti di maggior difficoltà.