Tumore del polmone NSCLC ALK +: Necessario disporre di nuove opzioni terapeutiche per gli oltre 2.500 pazienti l’anno in Italia

In Italia ogni anno circa 270 mila cittadini sono colpiti dal cancro. Attualmente, il 50% dei malati riesce a guarire, buona parte dell’altro 50% si cronicizza, riuscendo a vivere più o meno a lungo. Tra i cosiddetti big killer il carcinoma polmonare rappresenta oggi la prima causa di morte per neoplasia negli uomini e la terza nelle donne…

L’incidenza stimata è di 41.500 nuovi casi/anno e il NSCLC rappresenta complessivamente  l’85-90% dei casi. Il tumore del polmone non a piccole cellule ALK + è una delle forme più rare e colpisce pazienti di solito giovani, di età inferiore ai 55 anni, non fumatori, il cui processo tumorale è molto rapido, perché questa mutazione genetica è altamente proliferativa. Resta quindi la necessità di poter disporre di ulteriori opzioni di trattamento in seconda e prima linea per gli oltre 2.500 pazienti con NSCLC ALK + che vivono in Italia. Per approfondire il tema con clinici, istituzioni e pazienti, MOTORE SANITÀ ha organizzato in Veneto il Webinar Organizzazione dei percorsi e accesso alle cure nel tumore del polmone NSCLC ALK +”, realizzato grazie al contributo incondizionato di TAKEDA e SHIONOGI.

Queste le parole del professor Pierfranco Conte, Direttore SC Oncologia Medica 2 IRCCS Istituto Oncologico Veneto, Padova – Direttore della Scuola di Specializzazione in Oncologia Medica Dipartimento di Scienze Chirurgiche Oncologiche e Gastroenterologiche, Università di Padova, Coordinatore Rete Oncologica Veneta, “il carcinoma polmonare ALK+ rappresenta una malattia piuttosto rara (circa il 3% degli adenocarcinomi) ma, grazie ai recenti progressi nella caratterizzazione biologica di questo tumore e alla disponibilità di farmaci molecolari estremamente efficaci, rappresenta l’emblema delle opportunità e delle sfide che deve moderna oncologia. Il gene ALK, presente sul cromosoma 2, contribuisce a controllare processi fondamentali della crescita e dell’apoptosi cellulare. Il gene ALK può subire varie disregolazioni, amplificazioni, mutazioni e traslocazioni. In particolare, si è dimostrato che la  traslocazione di ALK induce la formazione di una proteina costitutivamente attiva che quindi manda continuamente segnali di proliferazione e di inibizione dell’apoptosi ed è pertanto responsabile della crescita dei tumori ALK + tra cui per l’appunto circa il 3-5% degli adenocarcinomi polmonari.

Dimostrato il ruolo cruciale della proteina ALK traslocata, sono state prodotti farmaci molecolari in grado di inibire questa proteina e quindi di inibire a lungo la crescita tumorale. Dopo Il primo farmaco inibitore di ALK, il crizotinib, sono stati sviluppati farmaci ancora più potenti e selettivi quali in particolare l’alectinib, il ceritinib, il brigatinib e il lorlatinib. In particolare, l’alectinib ha dimostrato una grande attività anche sulle metastasi cerebrali, evento frequente in questo tipo di tumori e oggi la maggioranza di questi pazienti, anche in fase avanzata di malattia, ha la possibilità di vivere per anni con una terapia orale che raramente provoca effetti collaterali gravi.

La disponibilità di questi farmaci pone però il Sistema sanitario di fronte a nuove sfide organizzative. Innanzitutto, bisogna che tutti i pazienti possano accedere a una diagnostica molecolare appropriata e rapida e vanno individuati i laboratori in grado di fare una diagnostica corretta in tempi rapidi. La sfida è ancora più importante oggi che siamo in grado di identificare molti dei meccanismi che rendono i tumori ALK+ resistenti a i farmaci e abbiamo nuovi farmaci anti ALK attivi anche nei tumori divenuti resistenti ai farmaci di prima e seconda generazione. Ecco, quindi, la necessità da un lato a sviluppare tecniche che consentano di monitorare nel tempo la eventuale comparsa di mutazioni ALK resistenti nel paziente come, a esempio, la biopsia liquida e dall’altro avere laboratori centralizzati in grado di rilevare tempestivamente con tecniche sofisticate di biologia molecolare queste eventuali mutazioni. Il ruolo delle Reti Oncologiche è per l’appunto quello di definire percorsi diagnostico-terapeutici che garantiscano l’accesso tempestivo a queste procedure diagnostiche e ai nuovi farmacia bersaglio molecolare”, ha concluso Conte.