SPORTELLI PA: NEGLI ULTIMI 20 ANNI CODE PIU’ LUNGHE. IL COVID LE HA AZZERATE, MA I TEMPI DI EROGAZIONE DEI SERVIZI SONO AUMENTATI

In questi ultimi anni, fa sapere l’Ufficio studi della CGIA, la fila agli sportelli pubblici ha continuato ad allungarsi, almeno fino all’avvento del Covid. Ancorché  ogni ente dello Stato disponga da tempo di un sito internet dal quale si possono scaricare moduli, atti, certificati e, se necessario, ogni utente può inviare digitalmente gli stessi alla struttura richiedente, negli ultimi 20 anni chi, invece, è stato costretto a recarsi fisicamente a uno sportello di una ASL o presso l’ufficio anagrafe del proprio Comune ha visto aumentare i tempi di attesa prima di poter iniziare a interloquire con un impiegato pubblico. Idealmente, è come se tra il 1999  e il 2019 la fila davanti a noi si fosse allungata in entrambi i casi di 20 persone.

  • Il Covid ha tagliato le code, ma si sono allungati i tempi di erogazione dei servizi

Con l’avvento del Covid, però, le cose sono cambiate completamente. Sebbene non ci sia ancora nessun riscontro statistico, la pandemia  ha sicuramente eliminato le code. Ma, come era inevitabile, i tempi di risposta della pubblica Amministrazione sono aumentati.  Molti uffici pubblici, infatti,  hanno stravolto le modalità di accesso ai servizi da parte degli utenti. Complice il ricorso di molti addetti allo smart working, tanti enti hanno chiuso gli  sportelli e hanno opportunamente iniziato a lavorare su prenotazione.  Chi, però, non ha potuto fare ciò, pensiamo, a esempio, a tanti servizi resi dalle ASL, il numero degli utenti, a causa delle limitazioni alla mobilità imposte per legge, è crollato, facendo così diminuire i tempi di attesa per quelle persone che, comunque, non potevano non esimersi dal sottoporsi a un esame specialistico o a un intervento chirurgico. Sebbene le code siano momentaneamente svanite, i tempi di erogazione delle prestazioni/servizi  si sono però allungati. Un problema che, sin dall’avvento della pandemia, tutti avevamo intuito che sarebbe avvenuto.

  • Sono un milione e mezzo i dipendenti pubblici che lavorano ancora da casa ?

Sperando che nei prossimi mesi il Covid non ci riservi degli ulteriori colpi di coda, è necessario che la Pubblica Amministrazione possa contare sulla presenza in ufficio di tutto il personale. Sia perché abbiamo bisogno di una macchina statale che funzioni e riacquisti produttività sia perché non possono più esserci due pesi e due misure. Ovvero, lavoratori di serie A e lavoratori di serie B. Al di là di ciò, quanti sono attualmente i dipendenti del pubblico impiego che lavorano da remoto?  Secondo il Ministro per la  Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta, oltre il 50 per cento; stando ad alcune ricerche presentate qualche mese fa, invece, attorno al 30 per cento. Noi riteniamo maggiormente attendibile il dato fornito dal Ministro, anche se ci permettiamo di sottolineare che non possiamo più permetterci che  un milione e mezzo circa di persone lavori da casa. Se, a pieno organico, nel periodo pre-Covid la nostra PA presentava livelli di soddisfazione del servizio reso tra i più bassi d’Europa, figuriamoci adesso. Intendiamoci, molti settori pubblici durante la pandemia hanno dimostrato livelli di efficienza straordinari, altri, però, hanno rallentato tremendamente la velocità di erogazione delle prestazioni, “spingendo” molti cittadini a rivolgersi al settore privato, cosicché molte persone sono state costrette a pagare due volte: con la fiscalità generale e saldando la fattura ricevuta per il servizio reso da un libero professionista o da un’impresa.