Spesa famiglie: nel 2019 frena ancora, mai così male dal 2014

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Il calo dei beni. A crollare è soprattutto la spesa in beni semidurevoli (vestiti, calzature, libri e la gran parte dei prodotti commerciali), che nei primi sei mesi del 2019 si contrae di -503 milioni di euro rispetto a dicembre 2018. Giù di -341 milioni anche gli acquisti di beni durevoli come automobili, arredamento, elettrodomestici, mentre la flessione per i consumi non durevoli, come alimentari e prodotti per la pulizia della casa o la cura della persona è di -54 milioni di euro. Cresce invece di un miliardo di euro quella per servizi, voce che però include anche diverse spese fisse, dalle bollette ai servizi sanitari.

L’effetto sul Pil.  I consumi si confermano dunque la componente più debole della domanda interna italiana: nello stesso periodo gli investimenti sono aumentati dell’1,9% e le esportazioni dell’1%. Lo stop dei consumi deve essere considerato la vera emergenza dell’economia italiana, e che si traduce in una perdita netta di Pil: recuperare le dinamiche del 2016-17, consentirebbe di recuperare lo 0,5% di crescita dell’economia italiana.

Prospettive deboli, no ad aumenti IVA.  Il 2020 dovrebbe vedere un miglioramento, ma lieve: si stima una variazione finale dei consumi del +0,5%, sostenuta sempre principalmente dai servizi. In questo contesto, è assolutamente da scongiurare l’aumento dell’IVA: come più volte segnalato da Confesercenti, l’intervento avrebbe un costo insostenibile per le famiglie, il cui potere d’acquisto subirebbe una decurtazione di 18 miliardi nell’arco di un biennio.

Lo stop dei consumi ha un forte impatto sul commercio: già chiudono 14 negozi al giorno, ed il bilancio potrebbe peggiorare ancora”, commenta la Presidente di Confesercenti Patrizia De Luise. “Un problema per le Pmi ma anche per la crescita: i consumi valgono il 60% del Pil, se non ne ripristiniamo uno stabile sentiero di crescita non usciremo dalla stagnazione. La spesa delle famiglie deve tornare al centro della politica economica”.

Gli spazi ci sono – continua De Luise –: la minore spesa per interessi vale un tesoretto di 6,5 miliardi di risparmi già dal prossimo anno. Bisogna usare queste risorse per scongiurare gli aumenti IVA: è il primo passo necessario per tamponare la frenata della spesa degli italiani. Diciamo no anche ai ritocchi selettivi delle aliquote: abbiamo bisogno di un taglio delle tasse, non del loro ennesimo aumento mascherato. Sì, invece, alla riduzione del cuneo a vantaggio dei lavoratori. Ma senza scambi con l’Iva: la riduzione delle tasse sui redditi si deve accompagnare al congelamento degli aumenti, non essere da questi finanziata”.