SCUOLA, procedure d’infrazione UE contro l’Italia in forte aumento: 300 milioni di multe, tutti soldi buttati

Mentre l’Italia si appresta a rispondere alla lettera di costituzione di messa in mora prodotta in piena estate dalla Commissione Ue per abuso di precariato scolastico, giunge notizia dell’aumento esponenziale, registrato nel 2019, pari al 40% in più in un solo anno, delle procedure avviate dall’Unione europea nei confronti del nostro Paese per colpa dei Governi che non applicano leggi e direttive europee: hanno raggiunto quota 79, di cui 71 per violazione del diritto Ue, 8 per mancato recepimento delle direttive.

 

Il dato in sensibile crescita giunge dopo una riduzione del 50%, tra il 2017 e il 2018 (da 119 a 57), del numero di procedure di infrazione. Le “osservazioni” della Commissione cominciano a pesare sulle casse dello stato italiano, costretto fino ad oggi ad un esborso complessivo di 301 milioni di euro. I dati sono stati presentati dal professore universitario Daniela Corona, docente di Diritto dell’UE alla Luiss di Roma: “Sono tutti soldi buttati, nel nostro Paese c’è una situazione incancrenita. Il messaggio per l’attuale governo è che bisogna studiare e fare i compiti”, ha detto l’accademico.

Marcello Pacifico (Anief): “Il danno all’erario che stanno producendo i nostri governanti è altissimo, ma quello che fa più rabbia è il fatto che quasi sempre si tratta di procedure ampiamente annunciate e sottovalutate. Come quella che si sta consumando per l’abuso di precariato nella scuola, per docenti e Ata che rimangono supplenti ben oltre la soglia dei 36 mesi indicata proprio da Bruxelles, che dopo le avvisaglie delle passate settimane, è molto probabile che si concretizzerà in un’altra salatissima procedura d’infrazione: un’altra bella fetta di soldi pubblici sprecati, per colpa delle inadempienze di chi non ci ha voluto ascoltare, continuando ad considerare i precari come se fossero dei lavoratori ‘usa e getta’ su cui fare cassa”.

 

Sono numeri importanti quelli presentati poche ore fa da Daniela Corona, docente di Diritto dell’Unione Europea all’Università Luiss Guido Carli, contenuti in uno studio transnazionale realizzato dalla Luiss, in collaborazione con la testata giornalistica Sanità Informazione.

I DATI RESI PUBBLICI

I dati numerici, presentati nel corso del II Convegno Nazionale sull’inadempimento di direttive comunitarie e obblighi risarcitori dello Stato nell’ambito sanitario, dicono che dal 2012 ad oggi l’Italia ha pagato 76 milioni per i contributi a favore delle imprese per l’assunzione di disoccupati con contratto formazione da convertire poi in contratti a tempo indeterminato contrari alle norme Ue. Sono invece 200 i milioni pagati in 4 anni a causa delle discariche abusive (attualmente sono 55 quelle da regolarizzare) e 25 nel solo 2019 per il trattamento delle acque reflue (procedura iniziata addirittura 15 anni fa).

LA POSIZIONE DEL SINDACATO

L’Anief ricorda che il numero di procedure d’infrazione è molto probabilmente destinato a crescere: lo scorso mese di luglio, infatti, proprio da Bruxelles è stata inviata una lettera all’Italia, nella quale si scriveva che è un “Paese in cui i lavoratori del settore pubblico non sono tutelati contro l’utilizzo abusivo della successione di contratti a tempo determinato e la discriminazione come previsto dalle norme dell’UE (direttiva 1999/70/CE del Consiglio)”. Attualmente la legislazione italiana, infatti, scrivono da Bruxelles, “esclude da questa protezione diverse categorie di lavoratori del settore pubblico”, tra cui gli insegnanti e il personale Ata.

IL PARERE DEL PRESIDENTE ANIEF

“La mancanza di garanzie sufficienti per impedire le discriminazioni in relazione all’anzianità di servizio maturata durante il periodo di precariato o in costanza di contratti a termine – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief – ha convinto la Commissione europea ad intervenire, rispondendo in questo modo positivamente alle stimolazioni di chi, come il nostro sindacato, ha bussato ai palazzi dell’Unione europea per evidenziare questa incongruenza, che confligge con la direttiva UE 70 datata 1999, quindi ben 20 anni fa. Nelle sollecitazioni formulate a Bruxelles, l’Anief ha evidenziato anche che i precari non hanno le progressioni di carriera”.

“Preso atto della situazione – continua Pacifico – la Commissione qualche settimana fa ha invitato le autorità italiane a conformarsi pienamente alle pertinenti norme dell’UE. Spetta ora all’Italia replicare alle argomentazioni formulate dalla Commissione: subito dopo, forse già entro il 2019, la Commissione potrà decidere di inviare un parere motivato. E se, come sembra molto probabile, si tratterà di una condanna, a quel punto i nostri governanti avranno raggiunto un piccolo record: quello di dovere pagare all’Unione europea una multa di diversi milioni di euro, sicuramente superiore alle quote che si sarebbero spese se solo si fossero immessi in ruolo, visto anche che i posti per accoglierli ci sono ampiamente, i tanti precari, docenti e Ata, che ancora ad oggi risultano precari ed in molti casi addirittura disoccupati o costretti ad accettare supplenze brevi, anche di un solo giorno”, conclude il sindacalista autonomo.