OSPEDALI SENZA MEDICI: RESTANO SOLO I MIRACOLI

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Un bollettino di guerra. Ospedale di Camposanpiero (PD), concorso per pediatri, 8 domande, 2 concorrenti, nessuno accetta. Ospedale di Cantù, concorso per chirurghi, 9 domande, nessuno si presenta. L’Ospedale di Parma non era il solo ad essere impegnato in una caccia vana di medici per il PS. Parma era il caso arrivato agli onori dei media nazionali, ma ormai sembra chiaro – commenta l’Anaao Assomed – che il lavoro in ospedale non è più appetibile per i Medici, non rientra tra gli obiettivi primari di quei 70.000 giovani che si contendono ogni anno l’accesso alla carriera.

La miscela costituita da turni ed orari senza limiti, retribuzioni ferme al 2010, rarefazione delle progressioni di carriera, burocrazia asfissiante nel trionfo della medicina di carta, svilimento di un ruolo che una volta era professionale ed oggi è ridotto a banale fattore di produzione, in coerenza con l’evoluzione neo fordista dell’organizzazione ospedaliera, ha ormai reso insopportabile questo lavoro. Senza contare la distonia di un aumento di responsabilità senza aumento di autonomia professionale, di una crescente gravosità e rischiosità senza valorizzazione economica.

Il capitale umano è diventato disumano, fino al rifiuto dei giovani ad entrare negli ospedali ed alla conta dei meno giovani dei giorni all’alba della pensione. La sanità ospedaliera è avviata su un piano inclinato che la porta ad un certo e rapido peggioramento. Ma non esiste sanità senza ospedali, a dispetto del messaggio che si è voluto trasmettere da tempo con il processo di deospedalizzazione, peraltro senza una contestuale riorganizazione delle cure primarie. E non esistono ospedali senza medici.

 

Eppure – sottolinea l’Anaao Assomed – la sanità rischia di essere la grande dimenticata della Legge di bilancio 2019. Una manovra da 37 miliardi si dichiara paga di essere entrata nel “club del miliardo in più” al FSN e, violando, solo in questo caso, lo stesso contratto di governo, non investe sul sistema delle cure, al quale non restituisce le risorse sottratte negli ultimi anni, né sulla assunzione e formazione di chi quelle cure è chiamato ad assicurare. La manovra del popolo nega al popolo i mezzi per la tutela del suo bene prezioso, la salute, il capitale dei poveri.

 

Non stiamo sereni se non vediamo nella Legge di bilancio provvedimenti tesi a favorire il rinnovo dopo 10 anni del contratto di lavoro della dirigenza medica e sanitaria come l’abrogazione dell’art. 23 della pseudoriforma del pubblico impiego del precedente governo, uno scippo delle risorse contrattuali, o ad incrementare, come già fatto per la medicina generale, di almeno 3000 unità il numero dei contratti di formazione specialistica per allineare laureati e specializzati, o, infine, misure straordinarie per facilitare l’accesso ai concorsi ospedalieri che sempre più spesso vanno a vuoto per carenza di concorrenti. Investire in sanità oggi vuol dire anche creare le condizioni per rendere ancora desiderabile il lavoro del medico e del dirigente sanitario negli ospedali, riducendo il disagio, valorizzando il merito, aumentando le retribuzioni, per garantire la quantità e la qualità della risposta al bisogno di salute dei cittadini. Come si pensa di garantire il turnover delle decine di migliaia di medici che hanno già un piede nella pensione? O per la sanità non vale la regola che vuole una nuova assunzione per ogni pensionato?”

 

Per questi motivi, i Medici ed i Dirigenti sanitari, prime categorie lavorative, manifestano pubblicamente disagio e protesta, mercoledì con il sit – in in Piazza Montecitorio, poi con lo Sciopero Nazionale del 9 e del 23 novembre. Per chiedere a Governo, Regioni e Parlamento uno scatto di responsabilità che eviti il crack. Potrebbe essere uno degli ultimi appelli prima che la più grande infrastruttura del Paese, e la sua più grande azienda per numero di occupati, non venga, controcorrente, privatizzata, ed il diritto alla salute affidato alla intermediazione finanziaria ed assicurativa, al luogo di residenza ed al censo.