Impietosi i dati Istat: le donne della sanità italiana tra le peggio pagate in Europa

Masks are placed on euro banknotes business money

In una Sanità italiana sempre più allo sbando, con una professione infermieristica dove i salari (1400 euro di media) sono tra i peggiori in Europa, le nostre donne sono le più penalizzate. Ma il loro coraggio e la loro competenza rimangono il simbolo straordinario di una professione che negli ultimi 12 mesi ha acquistato sempre più valore agli occhi dei giovani che devono scegliere il percorso di studi da intraprendere.

«Con la loro professionalità, la loro determinazione e grande umanità, con i loro volti capaci di dispensare sorrisi e sicurezza nei malati, spesso vittime di violenze incontrollabili da parte degli stessi pazienti o dei loro parenti, sottopagate e fin troppo sottovalutate per le straordinarie doti che posseggono: sono le donne della sanità italiana, sono le nostre infermiere. Professioniste, madri, mogli, determinate combattenti fuori e dentro le corsie degli ospedali. In questa pandemia abbiamo imparato a conoscerle da vicino ancora di più, abbiamo vissuto il loro coraggio, anche le loro paure. Si sono ammalate, colpite alle spalle da un nemico sconosciuto, qualcuna di loro ci ha anche rimesso la vita. I dati Istat di febbraio 2021 sono impietosi: e ci raccontano che le donne della sanità italiana sono tra le peggio pagate in Europa. 

Si è aggravata a vista d’occhio la loro situazione di precariato: nonostante questo, nonostante le lacunose organizzazioni ospedaliere non abbiano mai frenato davvero i contagi di chi rischia la vita in prima linea, le nostre infermiere non si sono mai tirate indietro. E oggi, analizzando l’indagine Istat, pensiamo a loro, alle loro battaglie, ai volti simbolo di una professione che, al contrario di un sistema sanitario raffazzonato, acquista sempre più appeal nei giovani. Nonostante le difficoltà ci collochino palesemente tra le categorie peggio retribuite in Europa, rispetto a competenze che vedono, invece, pochi eguali».

Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Sindacato Nursing Up, commenta i dati Istat che raccontano di una sanità italiana sempre più disorganizzata. Donne, infermiere, simbolo di coraggio e professionalità, sempre più penalizzate e vittime di un gap enorme che il nostro Paese vive rispetto alle altre realtà europee. L’Istat rivela che la diminuzione dell’occupazione durante la pandemia è stato un fenomeno che hanno subito di più le donne. Secondo la ricerca della Fondazione Deloitte un’azienda su quattro non trova i profili professionali Stem di cui ha bisogno. E sono ancora meno le donne impiegate in questo ambito. Un grande paradosso, in un Paese con un tasso di disoccupazione femminile elevatissimo e un bisogno crescente di competenze tecniche e scientifiche. 

«Tra i corsi di Laurea, continua De Palma, senza dubbio quello in infermieristica ha acquisito sempre più appeal nei confronti dei giovani, dice De Palma. L’infermiere è visto sempre di più come una figura di straordinario coraggio e competenza: nel momento più difficile, abbiamo dimostrato ancora una volta di poter reggere da soli il peso della sanità italiana. Ma i problemi, ciò nonostante, si presentano dopo l’acquisizione della Laurea, quando le nostre infermiere sono spesso costrette a lasciare l’Italia, per cercare altrove quel contratto dignitoso e valorizzante che qui non ancora esiste. 

Negli ultimi 12 mesi, infatti, è emerso anche, ancora una volta, che le professioni sanitarie italiane sono tra le peggio pagate in Europa. Nonostante il lavoro incredibile degli infermieri nel corso di questi mesi sia stato di ispirazione per tante persone che vogliono intraprendere la stessa carriera. L’Italia è tra i paesi Europei con meno opportunità di carriera per le donne nel settore sanitario. Incredibile ma vero! 

Insomma le infermiere italiane sono ingabbiate tra disoccupazione e precariato e vengono retribuite molto meno rispetto a tanti altri paesi Europei, nonostante continuino a dimostrare fuori e dentro il campo, maggiori competenze ed attitudini all’assunzione di ruoli di responsabilità. Non è quindi un caso, che tra le “fughe” di infermieri dall’Italia, verso nazioni come Inghilterra e Germania, ci siano sempre giovani più donne», conclude De Palma.