Il Sole 24 Ore: Rete ultra veloce solo al 21% delle famiglie del Mezzogiorno

La rete ultra veloce arriva solo al 21% delle famiglie del Mezzogiorno. Il traffico aumentato fino al 90% ha messo a dura prova l’infrastruttura. Il 16% delle case senza banda ultralarga, connessione Ftth poco diffusa. Gli esperti: è urgente potenziare la rete. 

Il coronavirus ha obbligato il sistema produttivo italiano a spostare i suoi flussi sulla rete online. Ma con quali infrastrutture si è presentato il Meridione a questa sfida? L’inchiesta è al centro del Rapporto Sud del Sole24Ore, in edicola con il quotidiano venerdì 8 maggio in Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna. Infratel calcola una copertura di banda ultralarga per l’84­% della popolazione (contro una media nazionale del 74,3%) con una velocità di 30 megabits al secondo.

Parliamo della rete Fttc: in fibra ottica fino alla cabina telefonica e in rame nell’ultimo miglio. Uno studio di EY aggiornato a gennaio 2020 ci dice, poi, che la rete in fibra ottica fino a casa (Ftth) copre il 21% delle unità immobiliari al Sud e isole, contro il 29% del Nord Ovest, il 19% del Nord Est e il 24% del Centro. Con una media nazionale del 23%.

Tim calcola che da fine aprile il traffico dati si è assestato sul +70% sul fisso e +30% sul mobile. Al Sud come al Nord.

Le interviste esclusive

Tra le interviste in esclusiva, quella a Pierluigi Monceri, direttore regionale di Intesa Sanpaolo per il Lazio, la Sicilia, la Sardegna, l’Abruzzo e il Molise, che spiega come la crisi del coronavirus può essere anche un’occasione unica di trasformazione ed evoluzione per il sistema meridionale. “In queste regioni per fortuna l’emergenza sanitaria è stata meno forte – spiega il banchiere – ma in alcuni settori il colpo è duro”.

Un’altra inchiesta del Rapporto Sud del Sole 24 Ore di venerdì 8 maggio è dedicata all’impatto della crisi sul turismo siciliano e alle sue strategie per la ripresa.

Crollano gli arrivi degli stranieri, la Sicilia cerca un nuovo modello. Dalle Isole Eolie a Taormina l’industria delle vacanze chiede certezze. Gli imprenditori: «Andare oltre l’assistenza, un atto di coraggio per riprogrammare il futuro». Un velo di depressione accomuna gli imprenditori del settore in quelle che erano le capitali del turismo siciliano: dalle Eolie a Taormina, da Cefalù a Siracusa. Il lockdown ha azzerato tutto ma ha soprattutto messo un’ipoteca pesante sul futuro perché all’orizzonte si vede solo il buio. Ma il discorso vale anche per altre aree della Sicilia, come Agrigento: la Valle dei Templi è di solito meta privilegiata del turismo organizzato.

I dati dell’ultimo bollettino dell’Enit sono arrivati come una doccia fredda: per rimanere alla Sicilia, Enit segnala per il ­2020 un calo solo su Palermo del 16,8% di turisti italiani

e del 22,7% di turisti stranieri. Per quanto limitato il dato è interessante anche per il resto della regione e si può benissimo ipotizzare, senza tema di smentita, che vale ancor di più per le tradizionali mete del turismo internazionale come Taormina o per le nuove mete come Catania e il siracusano.