I Presìdi Slow Food guardano al futuro

C’è il Graukäse della Valle Aurina, il Macagn, il caciocavallo Podolico del Gargano, il caciofiore della campagna romana, il miele di alta montagna che copre tutte le Alpi, dalla Liguria al Friuli, il prosciutto del Casentino, la cipolla di Giarratana e tanti altri prodotti che arricchiscono la famiglia dei Presìdi Slow Food e che fino a domani animeranno le vie e le piazze di Bra per la 15esima edizione di Cheese.

Nato nel 2000, al Salone del Gusto di Torino, con i primi 90 prodotti, il progetto oggi conta 400 Presìdi che riuniscono oltre 2200 produttori in tutta Italia, ponendo al centro la biodiversità nella sua complessità: non solo come varietà di risorse genetiche, ma anche dei saperi, culture, lingue, tradizioni e ha indicato una strada. Un mondo che sembrava fortemente in crisi 25 anni fa, e che negli anni successivi non solo ha valorizzato territori, pratiche e persone ma ha anche contribuito a dare un indirizzo alla produzione agroalimentare di piccola scala.

E proprio in occasione della manifestazione organizzata da Slow Food e Città di Bra, è stato presentato uno studio che analizza lo stato di salute dei Presìdi. Grazie al sostegno dell’azienda Guido Berlucchi, e in collaborazione con il supporto scientifico dell’Università degli Studi di Torino e dell’Università degli Studi di Palermo, Slow Food ha valutato 82 Presìdi italiani, applicando un metodo di analisi che unisce parametri quantitativi e qualitativi, e che prende in considerazione tre livelli: socio-culturale, ambientale ed economico.

«Nel 2000, quando è nato il progetto del Presidio, l’obiettivo era proporre una direzione diversa rispetto all’agricoltura su larga scala, garantendo redditività a piccoli produttori impegnati nella tutela della biodiversità. Nel tempo il progetto è diventato un laboratorio da cui sono emersi i temi cruciali di Slow Food, a cominciare dall’agroecologia» ha dichiarato Cristiana Peano, Università degli Studi di Torino – Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari – DISAFA.

«Gli oltre duemila produttori dei Presìdi rappresentano un bel pezzo di territorio italiano e hanno il diritto di sapere che stanno contribuendo a contrastare la crisi climatica, a custodire il territorio e la storia. Questi 2000 produttori lavorano per tutti noi, perché la crisi climatica non ha confini né limiti» ha sottolineato Francesco Sottile, Università degli Studi di Palermo – Dipartimento di Architettura.

«Da oltre vent’anni Berlucchi e Slow Food condividono valori e obiettivi comuni: la salvaguardia delle tradizioni agroalimentari, la tutela della biodiversità e la promozione di un modello di sviluppo sostenibile. Lo pratichiamo con il nostro lavoro quotidiano in azienda e lo dimostriamo anche sostenendo l’attività di monitoraggio dei Presìdi oggi. Siamo felici di aver collaborato con Slow Food ancora una volta e di aver contribuito così a valorizzare un pezzo di storia italiana» ha dichiarato Cristina Ziliani dell’azienda Guido Berlucchi.

Insieme a Rosanna Di Pietro, Presidio Slow Food della cipolla di Giarratana e a David Orlandi del prosciutto del Casentino, ha partecipato alla conferenza, Paolo Ciapparelli, rappresentante del Presidio dello Storico Ribelle: «Ho creduto fermamente in questo progetto,  e ho difeso l’alpeggio e l’erba, nel momento più duro. Quando è nata la Dop del Bitto, ha puntato sulla quantità, allargando la zona di origine, e consentendo l’uso di mangimi e fermenti. Abbiamo rischiato di perdere tutto, ma abbiamo resistito. Insieme a Slow Food, abbiamo compattato i 15 produttori che lavoravano in malga, abbiamo cambiato nome – oggi il nostro formaggio si chiama Storico Ribelle – e abbiamo salvato un valore immenso. Il prezzo del prodotto è triplicato, ma soprattutto è grazie al Presidio se esistono ancora pascoli in valle, se non si è perso un patrimonio di storia e di cultura ». La conferenza è stata l’occasione per ricordare Alfio Sassella, il giovane caricatore d’alpe dello Storico ribelle mancato recentemente. In sua memoria, Slow Food Lombardia ha finanziato una  borsa di studio che permetterà a un giovane di frequentare un Master la Scuola di perfezionamento per la pastorizia estensiva di Calascio (in provincia de L’Aquila).

Il monitoraggio ha  coinvolto un campione significativo per quantità e varietà di produzioni, appartenenti a tre diverse categorie merceologiche: 47 prodotti vegetali, 21 formaggi e 14 salumi. Anche il numero dei soggetti coinvolti da questi Presìdi è elevato: 621 produttori, il 29% del totale. In questo campione spiccano, tra gli altri, i risultati riconducibili al coinvolgimento di giovani e donne.

I Presìdi Slow Food guardano al futuro 

A discapito del fatto che l’Italia sia il paese più vecchio dell’Unione europea, con un andamento demografico ancora più critico nelle aree rurali, il 27% dei produttori dei Presìdi ha meno di 40 anni. Il dato più elevato riguarda i formaggi, con il 39% delle aziende guidate da giovani. Ma non si tratta solo di un aspetto quantitativo: i giovani dei Presìdi vedono nei mestieri legati alla terra un modo per sintonizzarsi con i ritmi della natura, costruire benessere e relazioni positive. Hanno alle spalle percorsi di studio e portano all’interno dei Presìdi una maggiore sensibilità ecologista, spirito comunitario, innovazione sociale e tecnologica.

Donne e Presìdi Slow Food 

Fra i 621 produttori coinvolti nello studio, le donne sono 213. La percentuale più interessante riguarda l’ambito caseario: filiera chiusa, quindi dall’allevamento e gestione dei pascoli alla trasformazione del latte. È un dato rilevante perché la pastorizia, storicamente, è appannaggio degli uomini; in molti casi associata a sistemi patriarcali. Donne-protagoniste e controcorrente, che sono riuscite a ritagliarsi il loro spazio e che hanno adattato questo mestiere alla specificità del genere femminile. Allevano, gestiscono fattorie, fanno formaggio, vendono direttamente e spesso sono impegnate nelle attività educative dell’azienda.

Alla base di tutto, comunità e relazioni 

Il tema della comunità è un aspetto fondamentale nel percorso dei Presìdi. Alcuni progetti sono particolarmente emblematici di questo aspetto, è il caso del fagiolo rosso di Lucca, che ha contribuito a dare vita a una rete internazionale che riunisce coltivatori e difensori della biodiversità dei legumi (Slow Beans).

Proprio dai Presìdi, inoltre, è nato un progetto di solidarietà e impegno a favore della biodiversità che mette insieme produttori e ristorazione: l’Alleanza Slow Food dei cuochi. numero dei produttori, non corrisponde necessariamente una riduzione delle superfici coltivate e delle quantità prodotte.

Prezzi e mercati 

Nel 56% dei casi la remuneratività delle produzioni è aumentata, mentre nessun produttore ha sperimentato una riduzione. L’ampliamento dei mercati a livello regionale e nazionale è stato sostenuto anche da una buona diversificazione: eventi locali e nazionali, Mercati della Terra, gruppi di acquisto solidale, reti di ristoratori e negozi specializzati. Allargamento dei mercati confermato anche da Alessandro De Conto, responsabile commerciale Valsana, che ha scelto di distribuire, ma prima ancora di conoscere, raccontare e promuovere, molti Presìdi Slow Food.

Preservare il paesaggio 

Nel 67% dei casi i Presìdi contribuiscono a conservare un paesaggio rurale di particolare valore (giardini, frutteti storici, piante millenarie, sentieri, tratturi). In particolare, per i Presìdi caseari, che, prevedendo il pascolo degli animali, favoriscono la conservazione e la buona gestione dei paesaggi prativi montani e di alta collina.

Più del 90% dei produttori ha ridotto l’impiego di concimi chimici di sintesi, mentre oltre il 60% ha scelto di orientarsi verso pratiche di fertilizzazione organica. Anche qui, è estremamente significativo l’esito del monitoraggio sui Presìdi caseari: il 90% dei Presìdi caseari prevede la cura di prati stabili; l’86% dichiara di allevare razze locali, quelle più adatte al pascolo e a contesti ambientali difficili e impervi; l’81% contribuisce – con la sola presenza – alla conservazione di un paesaggio rurale (pascolo, sentieri, tratturi, sottobosco gestito). Il 67% garantisce ai propri animali spazi maggiori in stalla rispetto a quelli previsti dalle normative.