Troppi alunni lasciano i banchi prima dei 16 anni, siamo terzultimi in Europa…

In Italia la dispersione scolastica si conferma a livelli altissimi: anche se tra il 2004 e il 2012 il fenomeno si è ridotto, ad oggi la quota di giovani che interrompe precocemente gli studi rimane del 17,6 per cento, il 20,5 tra i ragazzi e il 14,5 tra le ragazze. Tanto è vero che siamo terzultimi in Europa. A sostenerlo, attraverso un dettagliato report, realizzato su dati Istat, è oggi la rivista specializzata Orizzonte Scuola. Che si sofferma sul gap a livello nazionale tra Nord e Sud, con Sardegna e Sicilia a guidare la classifica degli abbandoni prematuri con percentuali vicine al 25%.

Per comprendere il grave ritardo rispetto all’Europa, basta dire che nel 2012 il valore medio dell’indicatore nell’Ue27 si è attestato al 12,8%. Con alcuni Paesi dell’Est, come Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Slovenia, che vantano quote particolarmente virtuose: addirittura attorno al 5 per cento. Inoltre, con quali prospettive l’Italia si avvicina al 2020, quando, secondo le indicazioni di Bruxelles, la dispersione scolastica massima di ogni Paese dovrebbe essere del 10%?

Preso atto di questo ritardo particolarmente grave, Anief-Confedir reputa illogico che il nuovo corso del Miur, attraverso le dichiarazioni del Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, che ha parlato di “modello internazionale” da importare, sia orientato a ridurre di un anno il percorso formativo della scuola superiore: trasformare l’attuale sperimentazione, oggi concessa a nove istituti, in una organizzazione da far adottare all’intera filiera scolastica sarebbe un errore imperdonabile. Anche perché occorre ricordare che la stessa sperimentazione è viziata dal mancato via libera, indispensabile per le norme vigenti, del Cnpi. Il quale, nel frattempo, è stato anche fatto illegittimamente decadere.

Come già rilevato più volte dal sindacato e ribadito nel corso della conferenza “Spendere meno, spendere meglio”, a seguito dei tagli draconiani adottati in Italia negli ultimi sei anni l’orario scolastico dei nostri alunni è stato ridotto di un sesto. Con il risultato che oggi l’Italia detiene il triste primato di proporre un’offerta formativa di 4.455 ore studio nell’istruzione primaria (rispetto alle 4.717 dell’Ocse) e 2.970 in quella superiore di primo grado (rispetto alle 3.034 sempre dell’Ocse), con un tasso di Neet tra i 15 e i 29 anni del 23,2% rispetto al 15,8% dell’Ocse.

“L’alto tasso di abbandono scolastico che permane nel nostro Paese – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – è la dimostrazione che diminuendo il tempo scuola non si migliora affatto la formazione scolastica. Se il Governo vuole veramente puntare sul rilancio della scuola e ridurre la disoccupazione, che ha raggiunto il 12,9% con un milione di posti persi dal 2008, porti l’obbligo formativo da 16 a 18 anni. E investa finalmente sull’alternanza scuola-lavoro: su stage e tirocini occorre una seria riforma, in modo da costituire dei poli formativi alternativi ai licei”.

“È avvilente pensare – continua Pacifico – che invece di puntare su questi investimenti, si continui a pensare di ridurre di un anno il percorso della scuola superiore: si tratta di un’operazione anti-pedagogica che non farebbe altro che incrementare la dispersione scolastica. Il tutto per agevolare, è inutile negarlo, il cinico piano ministeriale di soppressione di 40mila cattedre e 50mila posti complessivi: un’operazione che già il Governo Monti aveva quantificato in un risparmio nazionale pari a 1.380 milioni di euro. Producendo su larga scala – conclude il rappresentante Anief-Confedir – quella contestazione che in questi giorni stanno conducendo i docenti di Filosofia, ma anche di Latino e Greco, a cui si vorrebbero già sottrarre le ore di insegnamento”.