
”Non c’è dubbio che la politica è, allo stato, un potere debole e la magistratura, in confronto, gode di miglior salute. Ma quest’ultimo non è un dato nè negativo nè scontato in un Paese in cui i magistrati debbono fronteggiare una criminalità comune e organizzata tra le più agguerrite e una domanda di giustizia tra le più elevate d’Europa. C’è del merito, non della casualità in questo. Per altro è la politica ‘debole’ che delega alla magistratura la soluzione di molti problemi socio-economici che non sa risolvere”. Così inizia la lettera inviata al Corriere della Sera dal vicepresidente del Csm, Michele Vietti, in risposta a un editoriale di Angelo Panebianco che ieri aveva definito la riforma della giustizia ”la più difficile”. ”Certo – argomenta Vietti nella missiva – ogni corporazione non ama le riforme che la riguardano. Ma tra il 2006 e il 2007 due diversi governi sorretti da opposte maggioranze hanno profondamente riformato l’ordinamento giudiziario, tra l’altro, proprio sui criteri di reclutamento e le promozioni che evoca Panebianco. Forse conviene intanto applicarli senza debolezze e il Csm e’ impegnato a farlo, non senza contrasti che vedono paradossalmente invertite le posizioni ‘correntizie’ interne rispetto alle posizioni politiche esterne”. ”Quanto alla separazione delle carriere, al ruolo del pm, all’obbligatorieta’ dell’azione penale e al funzionamento del Csm che Panebianco definisce i ‘nodi di fondo’, non c’e’ accordo non nella magistratura ma nella politica, nell’accademia e nel foro sulla loro rilevanza e soluzione. Gia’ oggi grazie alle incompatibilita’ e’ difficile e poco praticato cambiar carriera. Non credo – spiega Vietti – che una falange di pm a vita, autoreferenziale e non dipendente dall’esecutivo, tranquillizzerebbe chi ne lamenta gli eccessi”. Secondo Vietti ”sarebbe opportuno chiarirsi le idee su cosa si intenda per ‘riforma della giustizia’, dato che ciascuno vi attribuisce un significato diverso. Se anche si facessero interventi per introdurre ‘un po’ di efficienza’ come dice Panebianco, credo sarebbero benvenuti per il cittadino, piu’ interessato a una risposta celere e prevedibile che non alle fumisterie dei rapporti di forza tra i poteri. I ‘giuristi puri’, sono tali non perche’ astratti ma perche’ soggetti solo alla legge. Quella legge che scrive la politica”. In un ‘post scriptum’ Vietti aggiunge ”cosa diversa e’ valutare l’impatto delle proprie dichiarazioni: se proprio non si possono evitare in generale, occorre evitarle sempre sui propri processi”.