Capitali all’estero, verso intesa Italia-Svizzera

"Si riapre il dossier Roma-Berna sulla tassazione dei capitali depositati nelle banche oltreconfine. Mario Monti l’aveva detto alla conferenza stampa di fine anno: ‘Un accordo con la Svizzera è un’ipotesi che stiamo analizzando’. Non disse di più, in materie come queste – ricorda LA STAMPA – il silenzio è d’obbligo. Ma già allora fece capire che l’intesa era auspicabile se a siglare l’accordo non fosse stata solo l’Italia, ma anche altri grandi Paesi europei. Ieri, rispondendo all’interpellanza di un deputato della Lega dei ticinesi, Lorenzo Quadri, il governo di Berna ha improvvisamente fatto un’apertura, ammettendo di considerare ‘possibile’ un accordo con l’Italia ‘sul modello di quello già firmato con Germania e Regno Unito’, scrive il sito svizzero Ticinonline. Non però un nuovo accordo bilaterale ma – raccontano fonti del Tesoro italiano – qualcosa di simile a quanto auspicato dallo stesso Monti: un nuovo e più ampio accordo con Francia, Germania e Italia. Difficile stabilire se la decisione di venire allo scoperto sia venuta agli svizzeri o se invece i contatti con Roma abbiano spinto Berna a rendersi disponibili all’intesa. Di sicuro, a dispetto delle smentite, il governo italiano un accordo lo vorrebbe eccome. Monti – riferiscono le stesse fonti italiane – ne parlera’ oggi stesso ad Angela Merkel nel bilaterale che avranno a Roma. E’ inoltre intenzionato a discutere della questione anche con Nicolas Sarkozy. Quest’ultimo, sempre ieri, ha smentito di aver mai definito la Svizzera un paradiso fiscale, frase che secondo gli svizzeri avrebbe pronunciato durante l’ultimo G20 a Cannes. ‘Ma anche se la Svizzera non fa parte dell’Unione europea, occorre imporsi delle regole’. Finora Berna ha firmato due intese, con la Gran Bretagna e la Germania. Pur con le debite differenze, il meccanismo e’ simile: in cambio della garanzia dell’anonimato dei clienti, le banche svizzere si impegnano a versare un’aliquota secca dei capitali esteri depositati sui suoi conti compresa fra il 19 e il 35%. La prima intesa ha dato risultati deludenti, la seconda e’ stata firmata a settembre ma si e’ arenata al Bundesrat, il Parlamento dei Lander. Con l’Italia i contatti si sono infittiti nella scorsa estate, quando al Tesoro sedeva ancora Giulio Tremonti. Vuoi le difficolta’ ad entrare nel vivo della trattativa, vuoi il cambio della guardia a Palazzo Chigi hanno bloccato ogni avanzamento. In piu’, nel frattempo Berna ha registrato l’uscita dai confini di molti capitali verso altre piazze off shore. Per l’Italia sono almeno due le ragioni per un accordo, una politica e l’altra di finanza pubblica. Da tempo il Pd chiede al governo di firmare un’intesa che, a dispetto della pasticciata tassa sullo scudo fiscale (chiesta dallo stesso partito di Bersani), potrebbe garantire un’importante fonte di gettito. Secondo le stime piu’ prudenti fatte al Tesoro un accordo ben scritto potrebbe garantire dieci miliardi di euro una tantum, ai quali aggiungere i proventi che arriverebbero ogni anno dalla imposizione dell’aliquota ordinaria sui capitali. A questo accordo Monti ne vorrebbe aggiungere un altro, questa volta con San Marino. Proprio ieri l’ambasciatore italiano nella Repubblica del Titano ha consegnato al governo una lettera di Monti che permetta di ‘procedere quanto prima alla firma del protocollo contro le doppie imposizioni fiscali’".