ANCHE LEONE XIV VIENE USATO DAI MEDIA PER MOTIVI IDEOLOGICI

Il punto fermo per noi cattolici è che il 25 dicembre nasce un Bambino che è il Figlio di Dio, il Salvatore del mondo. Anche se il mondo occidentale, lo celebra come una festa secolarizzata, caratterizzata da regali, pranzi e cene, luminarie, va bene lo stesso. Anzi, “Meno male che questo avviene ancora, almeno laddove resiste la famiglia, che si ritrova, e dove ci si vuole ancora bene. Infatti, l’alternativa è il Natale “un giorno come un altro”, che si diffonde dove ormai domina l’individualismo”. (Marco Invernizzi, Il Natale, la guerra e la pace, 29.12.25, alleanzacattolica.org).

È dello stesso parere anche Antonio Socci, che non si scandalizza del Natale consumistico. “Per me ogni luce degli addobbi natalizi celebra la Luce che è venuta nel mondo. Ogni – piccolo o grande – dono che vedo fra le mani della gente è il ricordo del dono che Dio ha fatto agli uomini: suo Figlio. E ogni gesto di gentilezza, di perdono, di comprensione (specie per chi soffre o è solo), ogni sorriso, ogni augurio fatto o ricevuto è una carezza del Bambino di Betlemme […] Vedere le nostre città che in questi giorni s’illuminano è stupendo, – scrive Socci – perché così si celebra l’avvenimento più bello e liberante della storia: Dio che si fa uomo, il Re dei cieli che nasce fra noi e condivide la nostra vita, con tutti i suoi dolori, le sue fatiche. È la compassione di Dio per noi suoi poveri figli. Per noi si farà addirittura crocifiggere”. (Da Cattolico amo il Natale “consumista” (perché è il vero Natale cristiano: così lo viveva anche san Francesco, 23.12.25, Libero). Tuttavia, del Bambino rimane poco, anche nelle migliori famiglie. Il Bambino è anche “segno di contraddizione”, è “uno che ti obbliga a scegliere da che parte stare, che non ti chiede che cosa vuoi mangiare o che regali devi comprare, “segni” da non cancellare certamente, perché comunque qualcosa ci ricordano, ma che non ricordano l’essenziale”. E proprio, l’essenziale lo scopriamo il giorno dopo, il 26 dicembre, dedicato a Santo Stefano primo martire, soprattutto se partecipiamo alla Messa, anche se non è di precetto. Infatti, il Bambino portatore della pace è già diventato “segno di contraddizione”: c’è chi lo testimonia fino a dare la vita e chi uccide i suoi primi seguaci, tutto preso dall’odio.

Ma l’amore di Stefano è più forte dell’odio e riesce addirittura a convertire il capo dei suoi assassini, Saulo, che diventerà il grande Paolo, apostolo dei Gentili. Certo per non ridurre il Natale ad una festa qualsiasi, dipende molto da noi. Il rischio anche per noi è quello di cadere in un Natale vissuto come festa secolarizzata. Un altro rischio è quello di non capire i discorsi di Papa Leone XIV sul Natale. “Leone XIV ricorda che il Bambino è un portatore di pace, ma non quella del mondo. E’ la pace del cuore, di chi sa che verrà “ridicolizzato” per questo, perché, davanti a ogni conflitto, fra persone, nelle famiglie e poi naturalmente fra le nazioni, cercherà sempre di riconciliare, di smussare i contrasti, di invitare ad amare, ricordando che il cristiano non ha nemici, ma uomini e donne di cui desidera la conversione”. In buona sostanza, “la pace del Bambino non è pacifista, non è alternativa alla giustizia, invita a usare la “conversazione” invece della forza, ma non entra nel merito delle indicazioni militari”.

Invernizzi ci invita a leggere con attenzione il Papa. E’ chiaro non è compito del Papa dire come si combatte il terrorismo (in Nigeria o quello di Hamas), non ha spiegato se un popolo aggredito come quello ucraino abbia il diritto di difendersi. “Il Papa ci indica una strada missionaria, «non un’idea risolutiva per ogni problema, ma una storia d’amore che ci coinvolge”. Anche con Leone XIV si nota un certo atteggiamento ideologico in tanti commentatori che è inquietante. “Vorrebbero portare il Papa a ragionare secondo i loro schemi, che sono impregnati da un odio ideologico contro l’Occidente, che per loro è colpevole di tutto, e non perdono l’occasione di contrapporre il presidente Trump al Santo Padre, di criticare i Paesi europei quando cercano, come fa il governo italiano, di difendere i diritti dell’Ucraina senza “rompere” l’alleanza con gli Usa”. Spesso i giornalisti usano le sue parole per motivi ideologici che nulla hanno a che fare con la pace.

a cura di Domenico Bonvegna