Nuovo report denuncia mense universitarie in Lombardia: bene Bergamo, Pavia, Milano Bicocca e Politecnico di Milano

Quattro eccellenze e la volontà da parte di alcuni istituti di diminuire l’impatto ambientale del cibo proprio a partire dalle università, ma anche molto lavoro da fare per rendere il sistema alimentare universitario più sostenibile. Questo è, in estrema sintesi, il quadro che emerge dal report “Mense per il Clima – Report sulle Università in Lombardia”, pubblicato oggi in occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione del 16 ottobre da Essere Animali, Legambiente Lombardia e Terra!, tre associazioni impegnate nella promozione di un’alimentazione più sostenibile e in grado di contrastare la crisi climatica in Italia, realizzato con il sostegno di Fondazione Cariplo.

Il report analizza i principali capitolati, menù e ordinamenti interni di tredici università lombarde, le più rilevanti per partecipazione. Con oltre 332 mila studenti universitari — un sesto (17,4%) di tutti gli iscritti agli atenei italiani nell’anno accademico 2022/23 — personale docente (30 mila dipendenti circa) e non, la Lombardia può infatti giocare un ruolo chiave nella transizione del sistema alimentare universitario italiano, un dato importante per comprendere l’impatto positivo (e negativo) che il servizio di ristorazione può avere sulla crisi climatica e la transizione a pratiche più sostenibili e resilienti.

Tuttavia, al di fuori di pochi casi promettenti, il quadro che emerge dallo studio è desolante: a fronte di alcune esperienze virtuose che dimostrano la praticabilità di menù più vegetali e sostenibili, i due terzi dei capitolati analizzati risultano al contrario obsoleti e poco trasparenti. In molti bandi il criterio economico prevale su qualità del cibo, varietà e sostenibilità dell’offerta alimentare. E anche quando presenti, le informazioni sulla lista degli ingredienti dei piatti sono spesso carenti o parziali, andando a compromettere la possibilità per gli utenti di fare una scelta informata e di orientare così il consumo verso piatti più sostenibili. Infine, i controlli per assicurarsi che le indicazioni vengano correttamente tradotte nei menù risultano in alcuni casi insufficienti.

A maggio di quest’anno ANDISU – Associazione Nazionale degli Organismi per il Diritto allo Studio Universitario – ha pubblicato le nuove Linee Guida per la Ristorazione Universitaria Sostenibile, in chiave più green, privilegiando proteine e alimenti a base vegetale. Le nuove linee guida sono un vero e proprio manuale operativo per gli enti che gestiscono le mense, con l’obiettivo di rendere i servizi più sostenibili sotto il profilo ambientale (riduzione degli sprechi, scelta di ingredienti a basso impatto, uso consapevole di energia e acqua), economico (ottimizzazione dei costi senza abbassare la qualità) e sociale (inclusività, cultura del cibo, equità d’accesso).

E dall’analisi condotta da Essere Animali e Legambiente Lombardia emergono quattro casi particolarmente positivi, in linea con quanto richiesto proprio dalle nuove linee guida ANDISU, che possono essere da esempio anche per gli altri istituti presenti nella regione.

 

  • Al Politecnico di Milano, la pressione dei gruppi studenteschi ha portato all’introduzione di opzioni a base vegetale su base quotidiana e all’introduzione dei cosiddetti “meatless day” (giornate senza carne) nel campus Bovisa, dimostrando come gli studenti stessi e loro associazioni possano essere motore di cambiamento concreto;
  • L’Università di Bergamo, grazie alla collaborazione tra ateneo, Comune, ATS e società civile all’interno del progetto “Menù Green – Amico del clima”, offre da aprile 2025 un pasto completo totalmente vegetale ogni giorno ed evidenzia l’efficacia delle reti multi-attore;
  • Il nuovo capitolato della mensa Fraccaro a Pavia (maggio 2025) traduce le Linee Guida nazionali in requisiti operativi vincolanti. Viene richiesta ad esempio una proposta vegetale quotidiana per ogni portata e vengono forniti dei suggerimenti sulle alternative dei secondi piatti a base vegetale, dimostrando come gli uffici tecnici possano guidare il cambiamento attraverso appalti innovativi;
  • Il capitolato di Milano Bicocca stabilisce che deve essere garantita almeno un’opzione vegana per ogni portata ogni giorno, sia alla tavola calda sia nei bar e nei punti di tavola fredda, e premia la qualità delle materie prime rispetto alla loro economicità.

 

«Quello che senza alcun dubbio questo studio dimostra è che le mense universitarie possono e devono adottare modelli più sostenibili, sani ed equi, abbandonando un paradigma obsoleto e poco inclusivo», dichiarano Essere Animali, Legambiente Lombardia e Terra!. E aggiungono: «Fare tutto questo non è complicato: gli strumenti normativi esistono, le linee guida sono disponibili, le buone pratiche sono documentate, ma serve la volontà di applicarle sistematicamente e con controlli rigorosi, trasformando le eccezioni virtuose in prassi consolidata e garantendo un’offerta più vegetale e diversificata, adeguatamente informata, e che permetta agli studenti di compiere scelte consapevoli, sostenibili e gratificanti ogni giorno».

 

Nel gennaio 2024, la pubblicazione del primo Ranking nazionale della ristorazione universitaria di Mense per il Clima ha mappato a livello nazionale le buone pratiche degli Atenei e degli Enti per il Diritto allo Studio che propongono menù più vegetali, sostenibili e inclusivi. Dall’analisi è emerso che il 55% dei menù universitari non contempla secondi piatti vegetali nemmeno una volta a settimana. All’interno del Ranking è presente anche l’analisi di sedici pietanze comuni valutando cinque parametri di Life Cycle Assessment, evidenziando come i secondi di carne o pesce abbiano un impatto ambientale da quattro a dieci volte superiore rispetto ai legumi.

 

Le mense universitarie hanno il potenziale per diventare laboratori concreti di transizione ecologica e alimentare, una transizione che non è possibile senza una riduzione sostanziale del consumo di proteine di origine vegetale, come segnalato dai maggiori studi sul tema. Secondo uno studio appena pubblicato dalla Commissione EAT-Lancet, i sistemi alimentari sono attualmente responsabili di circa il 30% delle emissioni totali di gas serra a livello globale, ma trasformarli potrebbe ridurre queste emissioni di oltre la metà. A livello globale, infatti, la produzione di proteine animali sfrutta oltre l’80% delle terre agricole, fornendo solo il 18% del fabbisogno calorico e il 37% del fabbisogno proteico. Oltre a emettere massicce quantità di gas climalteranti nell’atmosfera, il settore zootecnico è anche responsabile di un consumo significativo delle risorse idriche, della generazione di particolato atmosferico, della perdita di biodiversità e dell’inquinamento di terreni e acque di falda con nitrati e metalli pesanti.