
L’Allarme di COOPI – Cooperazione Internazionale, che da 60 anni è al fianco delle popolazioni nelle “crisi invisibili e dimenticate”: «Oltre 300 milioni di persone hanno bisogno di aiuto umanitario, ma le loro necessità sono troppo spesso inascoltate o sconosciute».
Nell’ultimo anno il mondo ha assistito a un drammatico aumento di crisi armate che hanno determinato uno spiccato aumento del bisogno umanitario: l’Uppsala Conflict Data Program (UCDP) ha contato 61 conflitti attivi con la partecipazione di almeno uno Stato, il dato più elevato dal 1946.[1] Si stima che nel solo 2024 siano state uccise almeno 233.000 persone in episodi di violenza armata[2] (mediamente, 638 vittime al giorno, una ogni due minuti) e che ci siano stati più di 123 milioni di sfollati[3] a causa di persecuzioni, conflitti armati, violenze, violazioni dei diritti umani e altri eventi che minacciano gravemente la sicurezza pubblica.
Il drammatico scenario è stato descritto in occasione della decima edizione dell’appuntamento “COOPI Cascina Aperta”, nell’ambito del quale è stato presentato il Bilancio sociale 2024 della storica organizzazione umanitaria milanese, che ha appena raggiunto l’importante traguardo di 60 anni di attività.
«Nell’anno in corso – ha spiegato il presidente di COOPI – Cooperazione Internazionale, Claudio Ceravolo – sono 305 milioni le persone che, in tutto il mondo, sono in condizioni di necessità di assistenza umanitaria e protezione[4], ma spesso restano inascoltate, se non del tutto dimenticate». «Oltre ai gravissimi conflitti a Gaza e in Ucraina – prosegue – esistono molte altre aree del pianeta in cui la violenza e le crisi umanitarie sono molto intense, ma rimangono totalmente nell’ombra».
È il caso dell’Africa meridionale ed orientale, che ospitano il maggior numero di persone bisognose (circa 85 milioni), quasi un terzo del totale a livello mondiale[5], con la crisi in Sudan che rappresenta il 35% del totale della regione.[6]
«Con COOPI da 60 anni siamo al fianco delle popolazioni colpite dalle crisi umanitarie, anche quelle ‘invisibili’ – sottolinea Ennio Miccoli, Direttore dell’organizzazione umanitaria – Dal 1965 il nostro lavoro ha coinvolto 130 milioni di persone, con più di 3mila progetti in 70 diversi Paesi, e l’impiego di 5.600 operatori espatriati e 70mila operatori locali. I progetti realizzati da COOPI hanno sempre rappresentato, e continuano a rappresentare, gli “attrezzi del mestiere” – continua – La nostra indole concreta è ciò che permette all’organizzazione di accompagnare le persone, di supportarle e di collaborare con loro. Realizzare progetti in così tanti Paesi è significativo per questa ragione: generare, progetto dopo progetto, un impatto positivo sempre maggiore e per un numero via via crescente di persone e di comunità». «L’ultimo anno – aggiunge il direttore di COOPI – è stato particolarmente difficile e, nel tracciare un quadro della complessità che dobbiamo gestire, non possiamo non citare anche la riduzione dei fondi pubblici, in particolare, per gli aiuti umanitari: nel 2024 si è verificata una contrazione significativa e la tendenza negativa è continuata nel 2025 e si preannuncia di proporzioni preoccupanti anche per il 2026. Nonostante ciò, abbiamo proseguito le nostre attività di aiuto umanitario in numerosi territori: tra questi, ci hanno visti fortemente impegnati il Sudan, la Siria, il Libano, la Repubblica Democratica del Congo e il Venezuela, Paesi colpiti da gravi emergenze in cui, in molti casi, abbiamo dato risposta a bisogni urgenti in termini di sicurezza nutrizionale e protezione dei più fragili». «In un contesto internazionale caratterizzato da un numero crescente di guerre e crisi complesse, per le organizzazioni umanitarie sarà sempre più importante avere la capacità di gestire le emergenze. Per questo – conclude Miccoli – sarà centrale lo sviluppo dell’operatività e l’efficacia nel campo degli aiuti umanitari. È in questa direzione che COOPI ha avviato da tempo un processo di ‘localizzazione’ delle attività, che prevede un maggiore protagonismo delle organizzazioni non governative locali nei vari Paesi di intervento».
COOPI attualmente è presente, con più di 200 progetti di sviluppo ed emergenza, in 33 paesi del mondo, tra cui Sudan, Siria, Libano, Repubblica Democratica del Congo, Repubblica Centrafricana, Ciad e Niger, tutti Paesi colpiti da crisi complesse e decennali, ma spesso invisibili agli occhi occidentali. Nel solo 2024, grazie a oltre 1.500 operatori locali e internazionali, ha raggiunto più di 7 milioni di beneficiari e portato avanti 149 progetti di emergenza, 45 progetti di sviluppo, 17 di sostegno a distanza e 2 di contrasto alla povertà alimentare in Italia. Nel nostro Paese, in particolare, l’organizzazione si occupa di distribuzione di prodotti alimentari alle fasce più vulnerabili della popolazione di Milano e nel solo 2024 ha distribuito 100 tonnellate di cibo, equivalenti a circa 200.000 pasti e raggiunto 2.086 beneficiari, il 40% dei quali bambini e ragazzi con meno di 16 anni.
In occasione di “COOPI Cascina Aperta” sono stati realizzati collegamenti in diretta con cooperanti provenienti da due dei Paesi con le maggiori criticità al mondo, Sudan e Siria, ed è stato dato spazio al racconto di una recente missione realizzata in Repubblica democratica del Congo.
SUDAN: LA PIÙ GRANDE CRISI UMANITARIA AL MONDO.
Il Sudan vive attualmente la più grande crisi umanitaria al mondo: a fine agosto 2025 si stimavano quasi 10 milioni di sfollati interni.[7] Attualmente oltre 30 milioni di persone – più della metà della popolazione – hanno bisogno di assistenza umanitaria: il 51.4% sono bambini, il 43.4% adulti e il 5.3% anziani.[8]
COOPI è presente nel Paese dal 2004, e dal 2023 ha riorganizzato i propri interventi per rispondere con maggiore efficacia alla crisi. Nel 2024 COOPI, attraverso 10 progetti, ha raggiunto quasi 150mila persone con interventi legati alla sicurezza alimentare, al miglioramento delle condizioni igieniche, all’approvvigionamento dell’acqua, protezione, assistenza umanitaria e riduzione rischi disastri. Negli ultimi mesi, in seguito al recente attacco al campo sfollati di Zamzam e alla conseguente fuga di centinaia di migliaia di persone verso El Fasher, COOPI ha avviato nell’area un intervento umanitario d’urgenza con il sostegno del Sudan Humanitarian Fund di OCHA, contribuendo a ridurre i rischi sanitari per la popolazione colpita e a garantire standard igienici di base.
«Dall’inizio del conflitto COOPI non ha mai lasciato il Paese: abbiamo adattato la nostra risposta affinché potesse essere emergenziale, mantenendo la flessibilità necessaria per raggiungere le persone con una più grave situazione di bisogno», sottolinea, da Port Sudan, Chiara Zaccone, capomissione COOPI in Sudan. «Negli ultimi anni – aggiunge – abbiamo portato avanti interventi volti ad assicurare l’accesso all’acqua potabile, ma anche ai servizi di sostegno psico-sociale, di cui si registra un grande bisogno. La violenza del conflitto ha colpito soprattutto donne e bambini. Il numero di casi di violenza sessuale riportati sia nei confronti delle donne che nei confronti dei bambini purtroppo è molto elevato: i racconti che arrivano dalle persone che stiamo assistendo sono strazianti, pieni di violenza, di traumi, che non sappiamo se potranno mai essere sanati completamente. La guerra sta lasciando un segno profondo, noi di Coopi ogni giorno ci impegniamo per migliorare la vita della popolazione civile, che è la principale vittima del conflitto attualmente in corso».
SIRIA: 14 ANNI DI GUERRA, UNA GENERAZIONE PRIVATA DELL’INFANZIA
A 10 mesi dalla caduta del governo di Bashar Al-Assad, la crisi umanitaria in Siria resta molto grave. Sono ancora 16,7 milioni le persone che necessitano di assistenza e protezione umanitaria e oltre la metà della popolazione versa in una condizione di insicurezza alimentare.[9] In questo scenario, la situazione dei bambini e dei minori è particolarmente critica: si stima che più del 75% dei 10,5 milioni di bambini siriani siano nati durante i 14 anni della guerra civile, trascorrendo la loro intera esistenza in uno scenario di sfollamento, violenza e devastazione[10]. La portata della crisi educativa siriana ha raggiunto vette sconfortanti: quasi il 50% di bambini e giovani è rimasto escluso dalla scuola, sia all’interno della Siria che nei Paesi che ospitano rifugiati.[11]
Presente in Siria dal 2016, COOPI, nel solo 2024, attraverso 19 progetti, ha raggiunto quasi 195mila beneficiari. «In Siria circa il 70% della popolazione è dipendente dall’assistenza umanitaria, la crisi economica e l’aumento dei prezzi hanno aggravato la povertà e ridotto l’accesso a beni e servizi essenziali», spiega da Damasco, Davide Prata, capomissione COOPI nel Paese. «Noi di Coopi – aggiunge – siamo operativi nei settori educazione, protezione e sviluppo rurale, lavorando soprattutto a Daraa, Rural Damascus, Hama e Aleppo: riabilitiamo scuole, formiamo insegnanti, sosteniamo minori e famiglie vulnerabili e rafforziamo la resilienza economica delle comunità. Il nostro approccio – aggiunge – si fonda sull’ascolto: solo comprendendo priorità e aspirazioni locali si costruiscono programmi efficaci e sostenibili. Siamo parte attiva dell’INGO Forum e crediamo nella cooperazione tra organizzazioni per garantire un impatto più ampio. La nostra priorità è rispondere ai bisogni immediati, ma siamo molto attenti anche ad accompagnare le comunità verso autonomia, resilienza e dignità».
REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO: UNA CRISI SENZA FINE. Nella Repubblica Democratica del Congo – soprattutto nella zona orientale del Paese – l’escalation del conflitto armato sta provocando sfollamenti di massa e aggravando un quadro già fortemente emergenziale: attualmente si stima che più di 21 milioni[12] di persone necessitino di supporto immediato in termini di protezione, accesso al cibo, all’acqua pulita, salute, rifugi temporanei e beni di prima necessità. La situazione nutrizionale è allarmante: circa 25,6 milioni di persone affrontano livelli di insicurezza alimentare, di cui 4,5 milioni bambini sotto i cinque anni che necessitano di cure nutrizionali[13]. L’accesso all’istruzione è, naturalmente, compromesso: oltre 2000 scuole e spazi didattici sono stati chiusi nel Nord e Sud Kivu e a quasi 800mila bambini è stata negata la possibilità di ricevere un’educazione. Complessivamente, considerando anche la provincia di Ituri, più di 1,6 milioni di bambini nella Repubblica Democratica del Congo orientale non hanno accesso all’istruzione[14].
Presente sul campo dal 1977, COOPI conosce profondamente il Paese dove svolge attività di protezione, di prevenzione e contrasto della malnutrizione e di promozione della sicurezza alimentare. Attualmente l’organizzazione sta portando avanti 19 progetti nelle zone Nord Kivu, Haut-Katanga, Kasai Central, Ituri e Bas-Uéleé e nel solo 2024 ha raggiunto complessivamente oltre 437 mila beneficiari. In particolare, in risposta alla grave malnutrizione che colpisce il Paese e ai bisogni urgenti di bambini e madri vulnerabili, COOPI si occupa della presa in carico di bambini affetti da malnutrizione severa e moderata, promuove campagne di sensibilizzazione su buone pratiche di allattamento, attiva screening neonatali per la malnutrizione e formazione, crea mense scolastiche e segue l’assistenza nutrizionale per bambini e bambine reintegrati nel sistema scolastico.