GIADA LO PORTO: L’IMPORTANZA DEL DIALOGO, DELL’AMORE COME MODELLI DI RINASCITA

Giada Lo Porto, giornalista e scrittrice siciliana. Quando racconta le storie sceglie con cura le parole e le usa per spiegare ai lettori cose belle, fatti meno nobili, notizie di cronaca e di costume. Spesso la quotidianità in Sicilia è infarcita di scandali, corruzioni, sprechi, malasanità. Ma, per fortuna, anche di gesti gratuiti, d’amore, di solidarietà.

Giada sostiene che tutto ciò che ha imparato, lo ha provato sulla sua pelle: perché se vuoi davvero diventare una giornalista, con la G maiuscola, le paure, le critiche, le cialtronerie e le meschinità è sempre meglio che le superi con la forza di chi non ha nulla di cui vergognarsi.

La sensibilità d’animo è la sua energia perché alla fine l’amore, il cuore sono le uniche cose che davvero contano per lei. Magari nell’epoca social si dà tutto per scontato, ma guai a giudicare senza prima conoscere le cose: perché dietro una notizia di cronaca, dietro una storia c’è sempre una persona. Anche il giornalista ha un cuore, specie se giri per le strade, batti i marciapiedi, osservi le periferie dove si vive tra lacrime e dolori. Scrivere queste storie aiuta la società a capire il territorio, le problematiche e magari a trovare soluzioni. Non si tratta solo di offrire un tetto sulla testa o un pacco alimentare ma una prospettiva, un desiderio di futuro. Il telefono di Giada squilla spesso, per mille questioni: la curiosità è birichina e così la scrittrice parte per nuove avventure.

In fin dei conti, la cronaca è l’attimo che ti cambia la vita. Di più. L’ossessione di poter essere utile agli altri nel dare loro voce. E poco importa se non tutti capiranno cosa spinge un giornalista a mettersi in gioco mentre altri hanno preferito girare la testa da un’altra parte. Perché vivere con amore questo dono ti fa superare sconfitte, delusioni, litigate.

In Giada vedo una luce intensa: magari raccontando certe storie prova a far rivivere dei pezzi di vita andata in frantumi e farli rifiorire. Perché tutti, ma proprio tutti si meritano una seconda possibilità. Non è così Giada?

Giada dal tuo osservatorio come vive la Sicilia le difficoltà delle famiglie in tempi di crisi?
Nell’ultimo anno le richieste di aiuto alla Caritas sono più che raddoppiate. Nella sola Palermo si è arrivati a oltre 2.600 tra famiglie e singoli utenti che chiedono una mano per pagare le bollette e l’affitto, mentre sono circa 180 coloro che vivono in strada e circa 500 le persone che si dividono tra i dormitori comunali, passano la notte in un camper o in altri luoghi di fortuna. I dormitori però sono pochi, pieni, non si riesce a trovare posto. Alcuni sono stati sfrattati da poco non riuscendo a ottemperare all’affitto e non avendo più una residenza fissa (quindi non hanno potuto neppure beneficiare del reddito di cittadinanza), in altri casi la mensilità si pagava in nero. La situazione è drammatica, secondo l’ultima stima Istat in Sicilia sono oltre 481 mila le famiglie che non riescono a pagare le bollette. Un numero esorbitante, ma non tutti si rivolgono alle associazioni dei consumatori e alla Caritas. A volte non si chiede aiuto per vergogna o orgoglio, i nuovi poveri sono anche commercianti, panificatori, artigiani. Non solo chi ha un’occupazione precaria o part time ma pure partite Iva, cassintegrati. È un allarme sociale oltre che economico.

Qual è la cosa più sorprendente che hai scoperto lavorando nella cronaca?

Le diverse piccole realtà di volontariato, le tantissime iniziative solidali, nei quartieri della mia città. Perché, nella Palermo monca dei 42 centri aggregativi che dovevano aprire oltre un decennio fa e di cui non s’è saputo più nulla, sono i volontari, le associazioni a darsi da fare. Autofinanziandosi o recuperando i fondi attraverso i privati. In ballo c’è il diritto allo studio e al gioco di centinaia di ragazzi meno fortunati le cui famiglie non possono permettersi neppure di comprare un fumetto, dei libri, figuriamoci fare una vacanza o una gita fuori porta. Zen Insieme,  l’associazione San Giovanni Apostolo del Cep, “La villetta dei colori” che si trova a San Martino delle Scale, frazione Piano Geli per citarne alcune. In quest’ultimo caso, le mamme sono riuscite ad ottenere la villetta gratuitamente dal proprietario che vive fuori e l’ha donata al quartiere. L’hanno riempita di giochi. Quando si arriva si vede subito un grande arcobaleno disegnato sul muro. Non si sta mai fermi, si colora, si balla, si recita o si va in giardino per fare un bagno in piscina e dondolarsi sull’altalena. Tutti i giochi sono stati donati dagli abitanti del quartiere, nessuno si è sottratto. Insomma da una parte ci sono le aree negate e spesso abbandonate dal Comune, dall’altra gruppi di volontari e mamme agguerrite che si reinventano architetti, falegnami, animatori. Mi stupisco sempre. Ogni storia è una carezza al cuore.

Quando ho iniziato a frequentare la redazione de La Sicilia il capo servizio mi ripeteva: bisogna essere attenti e precisi in ogni cosa che si scrive. Oggi aggiungerei pure credibili nei comportamenti quotidiani. A te cosa ripetevano in continuazione?
Di leggere il pezzo anche un migliaio di volte, se necessario, prima di consegnarlo. Un decennio fa sbuffavo, ero una ragazzina di vent’anni alle prime armi nella redazione di Livesicilia quando era guidata da Francesco Foresta. Adesso sorrido pensando a quella frase. “La firma è il tuo più grande patrimonio” mi diceva Foresta. Aveva ragione. Non c’è fastidio più grande di vedere pubblicato un articolo a tua firma con anche solo un piccolo refuso. Per questo adesso rileggo davvero tante volte e non sono mai abbastanza.

Domanda di rito: come si sopravvive alle critiche, ai commenti al veleno dei politici, quando un articolo che scrivi non è per loro digeribile?
Guarda, ho imparato a farmi scivolare le critiche addosso, sia nel lavoro che nella vita privata. Si deve riuscire a operare un discernimento tra critiche costruttive e cattiverie gratuite: queste ultime sono diffusissime. Le prime le accolgo con piacere (e oggi so capire da chi provengono) perché servono a migliorare me stessa in quanto professionista e in quanto donna. Le seconde, per come arrivano scivolano giù giù giù e sono cancellate da un sorriso. Per quanto concerne i politici le critiche ci saranno sempre. Non farò nomi ma questa voglio raccontarla. Ho scritto un articolo su un provvedimento emanato che secondo alcuni esperti in materia urbanistica e secondo i residenti del luogo avrebbe creato un grande disagio. Il giorno dopo vengo chiamata e mi viene detto: ma è un articolo che distrugge un provvedimento che in realtà è buono. Ho risposto che un giornale non è il megafono di questo o quest’altro amministratore, politico e via dicendo. Se viene sollevato un dubbio è mio dovere raccontarlo. Poi saranno i fatti a smentire quel dubbio, ma non sarei stata onesta intellettualmente se avessi parlato solo di quell’atto.

I dati Eurostat sono allarmanti: i sindacati chiedono alla politica di investire in lavoro, formazione e benessere dei giovani. Finora con tutta onestà abbiamo assistito da parte di chi governa o ha governato nel recente passato a meravigliosi giochi di parole…Le politiche di supporto all’occupazione giovanile, di servizi e aiuti alle famiglie per i bambini, gli anziani, i disabili sono una mission possibile?
Mancanza di prospettive, corruzione, meritocrazia inesistente, una svilente logica gratuita nel mondo del lavoro e infrastrutture ferme al dopoguerra: questa è l’isola del futuro, e del lavoro, che non c’è. Aggiungo un dato. Il numero di nascite in Sicilia è il terzo più alto d’Italia, pur se registra una contrazione rispetto al 2021 del -1,3%. È scesa la media di figli per coppia: uno solo rispetto ai due in Europa. Questo va correlato con l’assenza di lavoro, la precarietà e la mancanza di una rete di servizi che sostengono la maternità. La nostra è una regione senza welfare che scoraggia anche chi un figlio lo vorrebbe. Non vi sono visioni, politiche e strategie che portino alla costruzione di un substrato fertile dentro cui le donne, le giovani, le lavoratrici, le madri, possano intraprendere sani percorsi di crescita personale e autoaffermarsi. Non a caso l’unico lavoro che cresce è quello precario, povero, sottopagato. D’altronde uno degli elementi che favorisce il lavoro delle donne, ovvero i servizi per l’infanzia, è completamente assente. In Sicilia solo un bambino su dieci ha la possibilità di accedere in un asilo nido, la media italiana è di un bambino su cinque. È da questi servizi, essenziali, che bisognerebbe partire. Chiediamoci: c’è la volontà o questi temi stanno scritti solo nei programmi elettorali…e poi diventano carta straccia.

Purtroppo la cronaca quotidiana racconta che le città sono disseminate di grovigli umani, sguardi smarriti che interpellano le nostre coscienze. Da dove bisogna iniziare per risanare il territorio?
Direi dal nostro cuore. Vedo in giro anime affamate d’amore, e ciò si trasforma in disamore, vuoto interiore, mancanza di carità verso i più bisognosi, cattiveria gratuita, rabbia, frustrazione, gelosie, invidie. È dal cuore che bisognerebbe ripartire. Ognuno di noi dovrebbe fare un esame di coscienza, provare a migliorare se stesso/a giorno dopo giorno. Siamo umani, erriamo, spesso passiamo accanto a persone che chiedono una semplice elemosina per acquistare un pezzo di pane e siamo quasi infastiditi dalla richiesta di qualche spicciolo che per molti spesso non fa la differenza nel bilancio mensile. Proviamo a migliorare noi stessi, a fare una piccola buona azione quotidiana che può essere anche fornire una semplice parola di supporto a chi ne ha bisogno. Spesso chiediamo o ci viene chiesto “come stai?” e poi ascoltiamo o rispondiamo distrattamente. Ma il nostro benessere interiore è la cosa che più conta. Pensiamoci.

 

Dall’economia alla criminalità organizzata il passo è breve. Tra qualche settimana si ricorda Capaci: chi sono i tuoi modelli?
Le persone che vivono la propria vita e svolgono il loro lavoro ogni giorno con umiltà, buona volontà, lealtà, onestà intellettuale. E i volontari di cui parlavo prima. Non sono eroi ma esempi.

Cosa ancora non è stato detto, scritto ma soprattutto scoperto?
Vorrei scoprirlo io e appena lo scopro lo scrivo (sorrido).

Quando leggi sui giornali che l’esigenza di un impegno per la legalità e il senso morale in politica è il dettaglio che fa la differenza, cosa pensi?
Non solo in politica, più in generale nella vita di ogni essere umano. Vedi, qualche giorno fa, ho raccontato la storia dei bambini e dei ragazzi della Magione che si sono dati appuntamento per pulire e sistemare il campetto degradato, da sette anni abbandonato dal Comune, assieme ai volontari delle associazioni del territorio. “Questo è il nostro campo, il Comune non ci pensa ed è nostro dovere occuparcene” hanno detto. La differenza sta tutta lì: quei ragazzini hanno più senso del dovere, valori, impegno per la legalità di chi amministra.

Non hai la sensazione che a volte l’impegno civile dei media, per non parlare della politica, diventi troppo divisivo?
A volte accade. In realtà non esistono soltanto buoni e cattivi, vincitori e perdenti, nella politica e in generale. A mio avviso i media, al di là dell’appartenenza politica o meno, devono limitarsi a narrare i fatti. I giornalisti devono spogliarsi del proprio “credo”, delle proprie ideologie, e limitarsi a raccontare ciò che accade. È ciò che siamo, è il nostro lavoro, me lo ripeto ogni giorno prima di scrivere qualsiasi articolo.

 

A questo proposito, pensi che la storia del nostro Paese sia circolare?
Pasolini scriveva: Noi siamo un paese senza memoria. Il che equivale a dire senza storia. L’Italia è un paese circolare, gattopardesco, in cui tutto cambia per restare com’è. Concordo. L’attitudine passivo-accondiscendente verso chi viene giudicato “vincente” in un preciso momento permea il nostro vivere e non è un caso che pure i social network siamo colmi di pensieri, riprodotti, già sentiti, popolari. I like che si ricevono sono diventati le maschere quotidiane che alcuni individui (non tutti, per fortuna) indossano per “essere”, per dire “ecco esisto anche io col mio pensiero simile alla massa”. Molti oggi non vivono una vita individuale. Vengono divorati da una vita inconscia, collettiva, che se ci pensiamo è una punizione.

Noi scrittori proviamo sempre a far rivelare ai propri personaggi trame future o dettagli che il pudore convenzionale frena: se fossi una protagonista di un romanzo quale parte interpreteresti e perché?
Kitty, la candida fanciulla contrapposta alla controversa e tormentata Anna Karenina del romanzo di Tolstoj. La sento vicina ai miei valori: onestà, solidità, è una ragazza che preferisce un sentimento sano e di profondo rispetto che si concretizza nel rapporto con Levin piuttosto che correre dietro a storie e atteggiamenti malsani. Insieme formano la coppia bella, buona, il modello sano che Tolstoj contrappone alla relazione cupa e opprimente tra Anna Karenina e il conte Vronsky. Noto tanta tossicità in giro, nelle relazioni d’amore, d’amicizia, familiari. Questo romanzo è profondamente attuale e ci insegna che la gelosia che diviene ossessione distrugge una relazione e se stessi. Dovremmo imparare a comunicare la nostra insicurezza al partner con onestà, invece di fare supposizioni campate in aria. La paranoia di Anna, espressa attraverso la rabbia e il controllo, fa sì che le sue paure si avverino. Oggi lo chiamiamo autosabotaggio. Ogni ragazza in giovane età dovrebbe leggere questo romanzo.