La storia di Matteo nel “mare aperto” di Internet

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La storia di Matteo è quella di tanti bimbi affascinati dal mare periglioso di Internet, ma inevitabilmente ignari dei pericoli che corrono nel loro Viaggio nella ReteLuca Feliciani è, come si legge nel profilo curato dall’editore, un papà che ama giocare, un creativo che passa molto del suo tempo con i bambini.

Il coautore Pierpaolo Rovero, insegnante presso l’Accademia delle Belle Arti di Torino, è un apprezzato disegnatore (molte gallerie d’Europa hanno ospitato i suoi lavori) che fa lavorare la fantasia costruendo mondi, orizzonti, trame che rispecchiano con originalità il fluttuante universo entro cui viviamo immersi. Quella che hanno intessuta, pubblicata da Il battello a vapore è una trama agile, impreziosita da gustose illustrazioni, che ha la “leggerezza” del racconto calviniano (una rarità, va detto, se guardiamo ai tanti testi che ingolfano le librerie, ma soprattutto le menti dei lettori oggi), capace di trasmettere significati forti, in maniera facilmente comprensibile, senza orpelli retorici, con il linguaggio che i bambini amano: diretto, privo di ambiguità, immaginifico.

Un “paese dei balocchi” di collodiana memoria, ambientato però nell’era virtuale

Nel racconto accade che Matteo affascinato dall’iPhone del papà lasciato incustodito, cosa che tutti noi facciamo molto spesso con colpevole superficialità, entra nel mondo di Internet, trova un portale meraviglioso dove ci sono oggetti, figure, giocattoli, tutto straordinariamente a portata di mano. Una “pacchia”; senza alcuna fatica fisica percorre strade illuminate, lo chiamano anche gli sconosciuti per giocare e divertirsi. Un “paese dei balocchi” di collodiana memoria, ambientato però nell’era virtuale. La morale è sempre la stessa: bisogna essere pronti a resistere alle tentazioni che la società propone, stare lontani dagli sconosciuti, non farsi abbagliare dalle apparenze. La corazza dell’educazione, della formazione, la conoscenza di strumenti e apparati certo aiuta, ma impossibile pretenderla da un bambino, soprattutto quando noi stessi genitori dimostriamo di non essere all’altezza. Il richiamo a un’etica della responsabilità diffusa nell’uso di Internet non è solo il fil rouge delle avventure di Matteo, ma l’imperativo categorico che gli autori rivolgono a noi tutti.

Viaggio nella rete e il significato simbolico di chi vuole riappropriarsi della sua vera identità

Il nostro protagonista si accorge, fortunatamente in fretta, che sta sperimentando una strana realtà, soprattutto una condizione esistenziale non facilmente definibile. Lo “straniamento” che grandi e piccoli dovremmo provare è il primo alert che dovrebbe imporre un freno, alla curiosità legittima quando si sviluppa dentro le regole, altrimenti da sentimento positivo diventa una pericolosa malattia. La ricerca del portale originario ha anche il significato simbolico di chi vuole riappropriarsi della sua vera identità, la porta e il “rito di passaggio” ci dicono gli antropologi, che segna l’attraversamento. La crescita è un attraversamento che dobbiamo compiere insieme ai figli, affrontando l’universo fisico replicato con i materiali della comunicazione, che è il web appunto, ambiente che frequentiamo per molte ore della giornata. Smarrito dalla condizione di inappartenenza, oscillante tra reale e virtuale, Matteo è salvato da papà che lo chiama, usando un epiteto che solo lui può conoscere. C’è dunque – fortunatamente non viene minacciata – un’autenticità segreta che appartiene all’intimità delle nostre relazioni, che non dobbiamo mettere a nudo. Insegnamento prezioso in un’era in cui la “privacy” è ormai esposta nelle piazze virtuali. Matteo aveva pensato di essere uno “zombi”, di aver cambiato identità. Un’esperienza choccante per molti aspetti, che bambini e ragazzi vivono continuamente avendo in mano strumenti digitali piccoli ma estremamente potenti.

Le nuove tecnologie presentano dei vantaggi e i rischi sono direttamente proporzionali a questi vantaggi

Feliciani e Rovero chiamano in causa Alessandro Curioni, giornalista e docente esperto di sicurezza informatica, che la nostra rivista ha in passato più volte interpellato. «Siamo come pesci nella rete – ci aveva detto lo studioso – dobbiamo per questo maturare la consapevolezza che le nuove tecnologie presentano dei vantaggi e che i rischi sono direttamente proporzionali a questi vantaggi. Se le tecnologie penetrano il mondo reale e ne gestiscono in modo autonomo i mezzi e gli strumenti, dobbiamo comprendere che tutte le minacce che abbiamo sempre pensato fossero confinate al di là di uno schermo, da domani saranno “applicabili” al mondo reale, con tutto quello che è ne consegue. Chi opera nella sicurezza a tutti i livelli dovrà tenere conto che la logica del “controllo” legata alla vecchia concezione dei perimetri fisici da presidiare ha ceduto il passo alla governance del rischio. Il risultato è che avremo bisogno di aggiornare conoscenze e competenze per reggere la sfida portata da livelli crescenti di complessità». Riportando il ragionamento all’educazione dei più piccoli, Curioni suggerisce di adottare comportamenti coerenti, rispettosi della logica che può apparire elementare, che sovente trasgrediamo. Lasceremmo da solo nostro figlio di quattro anni ai giardinetti pubblici? Eppure, lo lasciamo con lo smartphone, gli consentiamo di navigare e di soffermarsi su immagini pericolose. Facciamo postare ai figli foto delle loro feste private, senza tenere conto della platea che può andare a vedere. Esiste, insomma, quella che Curioni definisce “insostenibile leggerezza” che diversamente da quella calviniana che ricordavamo all’inizio, tradisce una scarsa cultura del digitale, che non possiamo più permetterci.

Il libro contiene un’appendice dedicata ad alcune interessanti istruzioni per viaggiare in Rete in sicurezza che vale la pena ripercorrere. Chiedere sempre ai genitori il permesso di usare dispositivi elettronici che si trovano in casa, fare attenzione alle app che sono utilizzabili, osservare il massimo rigore nel far circolare informazioni personali, ragionare sempre nel doppio binario reale-virtuale per cercare di adottare comportamenti meno esposti al rischio. I dubbi sono legittimi, probabilmente mamma e papa ne sanno di più, consultiamoli con fiducia e meno scetticismo.

Viaggio nella rete e il lato oscuro di Internet

Una cosa è certa: disconnettersi non è un reato quando si è stanchi o a disagio, giova anche non dimenticare mai che in Rete molte cose non sono reali, le identità possono essere camuffate, quindi ogni cosa va “presa con le molle”. Si potrebbe obiettare che non sempre i genitori e nemmeno gli adulti sono vicino a noi, un motivo in più per aspettare prima di addentrarsi in pratiche e iniziative di navigazione potenzialmente pericolose. Come si vede, bastano anche pochi accorgimenti per riuscire a far emergere tutto il potenziale della tecnologia, minimizzando quel “lato oscuro della Rete” che pure esiste, e da cui dobbiamo tenere il più possibile lontano noi e i nostri figli, se vogliamo guardare con fiducia alla positività del progresso.

Massimiliano Cannata – leurispes.it