Nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma. Ma non c’è perché che affondi le sue radici nell’odio

C’è il titolo di un libro che mi è rimasto in testa. E fino a poco tempo fa, non sapevo perché. “Ogni cosa è illuminata” recita.

Oddio, immagini ciò che significa una frase che invita a credere nella speranza, nonostante mille prove contrarie. Ma non riesci a dare a lei una “materia”.
Poi capita, per caso, è così in tutte le cose, di fare un incontro più importante.
L’incontro, vorrei dire.
Sei predisposto, non c’è che dire, perché vaghi come Diogene su questa terra sempre più arida (e non perchè non sia fertile, ma perché gli uomini non la coltivano, non la innaffiano, non la fertilizzano più), con una lanterna in mano.
Hai trovato fiammelle tra tante penombre. E ti accorgi camminando che le ore di luce al giorno si riducono, sotto un certo aspetto.
Poi, appunto, succede. Succede di imbattersi in una massa di energia. In una stella. Una stella cadente, dice la scienza. Una stella con poco futuro, dicono gli stregoni.
Invece, quella stella che si sta per spegnere, ha deciso di moto proprio il suo futuro.
Se la chimica organica ha stabilito giorno mese e anno per spegnerla, beh, lei si ribella. Dite che non brillerò più? Vi sbagliate. La mia luce la lascerò alle altre stelle.
Nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma.
Questo eroe di Lavoisier mi ha cambiato la vita.
Tutto attorno è tristezza, se si spegne una stella che ha avuto una vita terrena brevissima.
Ma la stella stessa ha dettato le sue regole: cosa non mi piace? Chi non ha rispetto, ha fatto sapere.
Lo ha lasciato nelle immagini che ognuno di noi può vedere.
Per me, la stella in questione è stata una autentica rivelazione. Un’unità di misura nuova per stabilire misure che altri hanno codificato. Ma che non sono così.
La stella ha trovato la pace. E spiega: prima mi incazzavo facilmente, ora ho capito cosa davvero è importante e cosa non lo è. Quante battaglie e quante guerre inutili lasciamo che ci avvelenino l’esistenza…
Nel film “Il primo uomo”, un Ryan Gosling in versione Neil Armstrong saltella di cratere in cratere e sfrutta il momento di assoluta solitudine (Aldrin era impegnato a raccogliere pietre grigie), per completare la sua missione. Quella catenina che affida al nostro satellite, ben sapendo che lì dov’è sarà unica e solo lui e la sua bimba lo sapranno, sprigiona un’energia poetica, un senso della vita, così assoluto e primario, semplice e complesso, piccolo ed enorme, che dà a un film tutto il suo significato, il messaggio universale, come una preghiera.
da allora se alzo lo sguardo verso la luna penso che ci sono due modi per guardarla: uno, affidandole l’eterno senso di speranza; l’altro considerandola un satellite senza colore, sconnesso, brullo, uniforme. Privo di respiro.
Alla stella che pochi giorni fa – solo all’apparenza – ha finito il suo corso di energia, e oggi la ricorderanno, esprimo il più grande senso di gratitudine possibile. Mi ha aperto un mondo. Mi ha dato la risposta. Rappresenta un nuovo alfabeto.
No, non è finita. Forse lo è solo per un freddo certificato, per l’aspetto materiale, e alla nostra vista. Ma in realtà ha semplicemente trasferito la sua energia a chi ha avuto la fortuna di godere del suo sorriso, del suo messaggio, del suo coraggio.
Oggi, tanti o pochi (le stime da questura non mi interessano) si raduneranno per salutare quella stella. A Verona.
Dovremmo onorare la sua luce, accendendo i nostri sorrisi.
Il suo “è” (presente) incredibile.
Ci sono bollettini quotidiani che ci dicono di guerre inutili, di soldati costretti a uccidere per puri interessi di territori, e per paura. Ci sono persone che sorseggiano sangue in nome di ragioni che non hanno. Lo faccio perché…
Ma non c’è perché che affondi le sue radici nell’odio.
A me lo ha sussurrato un soldato di pace. Un ragazzo che ha capito il senso della vita. Un uomo che ha dato un senso potente ai pochi giorni che ha vissuto sulla terra. Un eroe, lui sì. Dotato dell’arma più potente: la speranza, il sorriso, l’amicizia.
Ci ha lasciato l’unica risposta. “La” notizia.
Un piccolo Gesù. E, guardate, non è blasfemia.
Non vedrete la faccia sorridente di questa stella che (per la sola scienza) si è spenta al telegiornale.
Invece dovrebbe essere l’apertura.
Caro Dylan, hai illuminato la mia strada e quella di chi ti ha conosciuto. E’ stato un privilegio.
Sei stato, sei e sarai la risposta.
Ora che ci penso… non è strano?
Forse chi lo ha cantato, tanto tempo fa, era un profeta.

Diego Costa