Giornata Mondiale Infanzia e Adolescenza: Save the Children, infanzia sull’orlo del baratro a causa di Covid-19, conflitti e crisi climatica

Conflitti, povertà, fame e crisi climatica stanno spingendo milioni di bambine e bambini sull’orlo del baratro. Nel mondo, più di 400 milioni di bambine e bambini vivono in aree di conflitto, tra i 10 e i 16 milioni di minori rischiano di non poter tornare a scuola perché costretti a lavorare o a sposarsi, mentre ogni anno più di 22.000 bambine e ragazze muoiono durante gravidanze e parti che sono il risultato di matrimoni precoci. I bambini sotto i cinque anni sull’orlo della fame sono circa 5,7 milioni, più di 1 miliardo di bambini vive in aree ad alto rischio di minacce climatiche e si stima che 710 milioni di minori vivano nei 45 paesi a più alto rischio di subire l’impatto della crisi climatica.

Questi sono solo alcuni dei dati allarmanti diffusi da Save the Children – l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine i bambini a rischio e garantire loro un futuro – alla vigilia della Giornata Mondiale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, che si celebra domani 20 novembre. In questa data, nel 1989, veniva firmata la Convenzione ONU dei Diritti dell’Infanzia e ad oltre 30 anni dalla sua adozione, ancora una volta, i dati sottolineano l’importanza di perseguire gli impegni presi e aumentare gli sforzi fatti finora per assicurare la protezione e il rispetto dei diritti dei bambini nel mondo, in un momento in cui questi sono messi particolarmente a rischio. Difatti, la pandemia, la crisi climatica, la carenza di vaccini contro il Covid-19, gli sfollamenti e i conflitti continuano a mettere a rischio la vita, la salute, l’accesso all’istruzione e i diritti di milioni di bambine, bambini, ragazze e ragazzi in tutto il mondo.

Oltre ad aumentare povertà e disuguaglianze all’interno di Paesi e comunità, questi fattori stanno esacerbando le disuguaglianze a livello globale. Già prima della pandemia, 258 milioni di bambini in tutto il mondo, un sesto della popolazione totale in età scolare, non avevano accesso all’istruzione[1] e oggi si stima che tra i 10 e i 16 milioni di bambini rischiano di non tornare mai più a scuola a causa delle conseguenze economiche del Covid-19 perché costretti a lavorare o a contrarre matrimoni precoci. Una recente ricerca di Save the Children ha infatti rilevato che in media, durante la pandemia, i minori dei paesi più poveri hanno perso il 66% in più di giorni di scuola rispetto ai coetanei che vivono nei paesi più ricchi. Una condizione che peggiora per le bambine e le ragazze che nei paesi più poveri hanno perso, in media, il 22% in più di giorni d’istruzione rispetto ai loro coetanei maschi. Sono proprio loro, infatti, a pagare il prezzo più alto: ogni anno più di 22.000 bambine e ragazze muoiono durante gravidanze e parti che sono il risultato di matrimoni precoci, ovvero circa 60 ogni giorno, e si prevede che entro il 2030 altri 10 milioni di ragazze saranno costrette a sposarsi precocemente[2].

Anche la crisi climatica rappresenta un problema sempre più attuale ed è motore di disuguaglianze. Difatti, anche se l’86% delle emissioni globali di CO2 è responsabilità dei paesi più ricchi, i paesi più colpiti dalla crisi climatica sono quelli a basso e medio reddito e i bambini che vivono in queste aree e nelle comunità più svantaggiate saranno colpiti prima e più pesantemente, perché sono i più esposti alle malattie trasmesse dall’acqua, alla fame e alla malnutrizione. Nel 2020, 10 milioni di bambini sono stati costretti ad abbandonare le loro case a causa della crisi climatica, un numero destinato ad aumentare nei prossimi anni: ad oggi, nel mondo più di 1 miliardo di bambini vive in aree ad alto rischio di inondazioni, grave siccità o altre minacce climatiche. E mentre stiamo assistendo alle scene strazianti che arrivano dal confine tra Bielorussia e Polonia, dove tanti bambini e adolescenti vengono respinti e viene negata loro la protezione internazionale e l’aiuto di cui hanno bisogno, il fenomeno migratorio a livello globale continua ad aumentare. Nel 2020 sono stati 35,5 milioni i bambini migranti o rifugiati fuori dai propri paesi e altri 23,3 milioni gli sfollati interni. Un aumento di quasi 10 milioni di bambini rispetto al 2015[3].

Come se non bastasse, il pianeta sta affrontando la più grave emergenza alimentare del 21° secolo con livelli di fame e malnutrizione mai raggiunti prima, e centinaia di milioni di bambini ne stanno subendo le conseguenze.  Sono circa 5,7 milioni i bambini sotto i cinque anni che sono sull’orlo della fame, oltre il 50% in più rispetto al 2019. Ogni anno muoiono oltre 5 milioni di bambini di età inferiore ai cinque anni e la malnutrizione continua a contribuire al 45% di questi decessi.  Oltre 2 milioni di bambini muoiono dunque ogni anno anche a causa della malnutrizione, 1 ogni 15 secondi. Save the Children stima che entro pochi mesi, anche a causa del Covid-19, ulteriori 2,6 milioni di bambini saranno colpiti dalla malnutrizione cronica e circa 9,3 milioni di bambini vivranno i terribili effetti della malnutrizione acuta, un aumento di oltre il 6% in un periodo brevissimo. Entro i prossimi mesi salirà ad oltre 200 milioni il numero di bambini che soffriranno di malnutrizione.

Nonostante queste enormi sfide da affrontare, Save the Children sta continuando ad operare e a lavorare per garantire un futuro migliore a milioni di minori: nel solo 2020 ha raggiunto direttamente quasi 45 milioni di bambini nel mondo, di cui 27,9 milioni attraverso programmi di salute e nutrizione, 12 milioni con programmi educativi, 3,1 milioni con servizi di protezione infantile, 4,5 milioni con progetti rivolti a povertà e resilienza.  L’Organizzazione ha inoltre risposto a 135 emergenze in 63 paesi raggiungendo in totale quasi 10 milioni di persone, tra cui 5,4 milioni di bambini.

“Conflitti, povertà, crisi climatica e la pandemia hanno contribuito ad esacerbare una situazione già drammatica mettendo a rischio i diritti, il futuro, la salute e la vita stessa dei bambini. Proprio loro, infatti, pagano il prezzo più alto in tutti i Paesi del mondo. Questi fattori non fanno altro che aumentare le disuguaglianze e rendere sempre più vulnerabili le bambine e i bambini che provengono dai contesti più fragili” ha affermato Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children Italia. “Non possiamo voltarci dall’altra parte: un mondo che consente che vi siano bambini che muoiono perché non hanno acqua, cibo o cure mediche è un mondo ingiusto e di fronte a tutto questo dobbiamo agire, altrimenti saremo tutti responsabili. Eppure, alcuni decenni sono stati contrassegnati da importanti progressi in alcuni ambiti, come la lotta alla mortalità infantile, che ci dimostrano che è possibile invertire la rotta. Tutti però devono continuare ad impegnarsi, a partire dalla comunità internazionale, dai paesi donatori fino alle singole persone: siamo di fronte a un’emergenza e il mondo non può fingere che niente stia accadendo. Ad ogni bambina e ad ogni bambino deve essere garantito il diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo e ognuno di loro merita di ricevere un’educazione e di sentirsi protetto. Ognuno di quei bambini è figlio dell’intera umanità”.

Anche in Italia l’infanzia sembra essere “a rischio di estinzione”. In 15 anni, nel nostro Paese, la popolazione di bambine, bambini e adolescenti è diminuita di circa 600 mila minori e oggi meno di un cittadino su 6 non ha compiuto i 18 anni. E nello stesso arco di tempo è dilagata la povertà assoluta, con un milione di bambine, bambini e adolescenti in più senza lo stretto necessario per vivere dignitosamente. La crisi economica, educativa, climatica e la pandemia hanno reso il futuro incerto anche in Italia dove i divari nelle opportunità di crescita si sono ampliati non solo tra il nord e il sud del Paese ma anche all’interno delle regioni più sviluppate, nelle grandi città e nelle aree interne. In Italia, ad esempio, si registra la percentuale di NEET più alta d’Europa, con migliaia di giovani che non studiano, non cercano lavoro e non si formano, e dagli ultimi dati INVALSI è emerso che la dispersione implicita, ovvero il mancato raggiungimento del livello sufficiente in tutte le prove, è in media del 10% nell’ultimo anno delle scuole superiori, con significative variazioni su scala regionale. I dati INVALSI hanno, inoltre, certificato che, se la crisi complessivamente ha colpito tutti gli studenti, le bambine, i bambini e gli adolescenti che erano già in condizione di svantaggio hanno subito le conseguenze più gravi.