SEPPI SI RITIRA: DICE BASTA UN GIGANTE DEL NOSTRO TENNIS

A 38 anni ha deciso di appendere la racchetta al chiodo Andreas Seppi: fra Napoli e Ortisei le sue ultime partite. L’altoatesino è stato uno dei simboli del tennis azzurro degli ultimi vent’anni, con tre titoli ATP, un posto da top-20 e soprattutto 66 partecipazioni Slam di fila (terzo di tutti i tempi). Lavorerà con Max Sartori…

Sono passati oltre 27 anni dal 3 luglio 1995, data del primo incontro fra Massimo Sartori e un biondino di 12 anni magro come uno stecchino, di nome Andreas Seppi. Quel giorno è nata una collaborazione allenatore-atleta con pochi eguali nella storia dello sport italiano, durata un’intera carriera. Già, perché quella del 38enne altoatesino è destinata a terminare in questo 2022, come ha annunciato lui stesso in un’intervista a Rai Südtirol.

Scivolato al numero 257 della classifica mondiale, ma soprattutto alle prese con ripetuti problemini fisici che non gli permettono più di competere al cento per cento, Seppi ha deciso di chiudere a brevissimo la propria carriera, giocando le sue ultime partite all’Atp 250 di Napoli della prossima settimana e al Challenger di casa a Ortisei, in programma dal 24 al 30 ottobre. Qualche indizio sull’intenzione di dire basta c’era già stato: a fine settembre lo stesso Andreas aveva annunciato di essere entrato a far parte di Horizon Tennis Home, il progetto tecnico che ha a capo proprio il suo storico coach Max Sartori, il che lasciava intendere un’imminente chiusura dell’attività da giocatore, per dedicarsi all’insegnamento.

La scelta di rimanere affiancato a Sartori anche nel post carriera è un’ulteriore pagina di una storia di enorme successo, iniziata quando a metà Anni ’90 l’allora presidente del Tennis Club Caldaro, il pasticcere Alexander Vorhauser, si mise in testa di voler costruire un top-100 partendo dai ragazzini della scuola tennis. Per riuscirci si affidò a un giovane tecnico vicentino di grandi ambizioni, ed è andata a finire che da lì è venuto fuori uno dei tennisti italiani più forti di tutti i tempi, capace di frequentare il circuito maggiore per 18 anni consecutivi, la gran parte dei quali trascorsi fra i primi 100 del mondo.

Risultati che, uniti a un comportamento sempre esemplare, hanno permesso a Seppi di diventare uno dei giocatori più apprezzati da pubblico e colleghi. Fra questi anche un certo Roger Federer, al quale lo legano una sincera amicizia, il risultato più prestigioso della sua carriera (il successo sullo svizzero al terzo turno dell’Australian Open 2015, per 6-4 7-6 4-6 7-6), e ora anche l’anno dell’addio al tennis giocato.

Seppi sarà ricordato soprattutto per la sua incredibile strisca di 66 apparizioni consecutive nei tornei del Grande Slam, la terza più lunga nella storia alle spalle dei soli Feliciano Lopez (79) e Fernando Verdasco (67). Da Wimbledon 2005, quando si arrese al primo turno nel derby con Davide Sanguinetti, Seppi ha giocato nel tabellone principale in tutti i Major successivi per sedici anni abbondanti, fino all’ultimo Australian Open.

Fra Melbourne, Parigi, Londra e New York l’azzurro ha vinto 63 partite e raggiunto sei volte gli ottavi di finale, mancando l’appuntamento con la seconda settimana solo a Flushing Meadows. Agli Slam è legato anche quello che è forse l’unico rimpianto di una carriera esemplare: non aver mai raggiunto i quarti di finale in uno Slam. Nel 2015 in Australia l’occasione più grande, dopo aver battuto Federer si arrese per 8-6 al quinto set contro Nick Kyrgios, malgrado due set di vantaggio e un match-point nel quarto.

La striscia di partecipazioni consecutive al tabellone principale degli Slam si è interrotta al Roland Garros 2022, dove ha perso nelle qualificazioni, e da lì in avanti di main draw Slam non ne ha giocati più. Grazie a 67 apparizioni in tabellone (ha giocato anche lo Us Open 2004, ma poi non riuscì a centrare il main draw nei due Major successivi) Seppi è anche nella top-10 all-time dei più presenti negli Slam, al nono posto. Un risultato, anche questo, figlio di una longevità senza precedenti nel tennis italiano, ma anche di un’integrità fisica che non si può attribuire solo alla fortuna.

Seppi è sempre stato un professionista esemplare, attento a curare ogni dettaglio, tanto che solamente gli acciacchi dell’età – in particolare a un’anca, che da anni lo obbliga a delle infiltrazioni – sono riusciti a tenerlo lontano dal Tour per dei periodi.

Entrato per la prima volta fra i top-100 nel 2005, dopo i quarti di finale al Masters 1000 di Amburgo (avrebbe fatto meglio tre anni dopo, arrivando in semifinale insieme a Federer, Nadal e Djokovic), da allora Seppi è rimasto fra i big sostanzialmente fino al 2022. Prima di questa stagione gli era già capitato di uscire dai primi 100, ma solo per una trentina di settimane in tutto, senza mai allontanarsi troppo.

In sostanza, ha saputo rimanere nel giro grosso per 18 anni consecutivi, nei quali ha guadagnato quasi 11 milioni di dollari di soli montepremi (è al 62esimo posto nella classifica di tutti i tempi) e ha vinto 386 partite nel circuito maggiore. Non riuscirà per appena cinque successi ad agguantare Adriano Panatta (391), ma rimarrà comunque per sempre il primo italiano capace di vincere un titolo ATP su tre superfici diverse: erba, terra e cemento. Un unicum durato per quasi dieci anni, prima che Lorenzo Sonego lo eguagliasse il mese scorso.

Le vittorie del 2011 a Eastbourne e del 2012 a Belgrado e Mosca sono state fra i punti più alti di una  carriera che l’ha visto giocare un totale di dieci finali nel circuito maggiore e arrivare al numero 18 della classifica come miglior risultato. Ma più che i numeri, a dare il polso della carriera di Seppi è l’immagine che per quasi vent’anni ha saputo trasmettere, coltivando i suoi successi grazie al “talento del lavoro”, come ha sempre amato definirlo Massimo Sartori, a sua volta protagonista di tutti i traguardi raggiunti dal suo storico allievo. Madre natura non gli avrà dato chissà quali doti tecniche, ma anche la capacità di impegnarsi ogni giorno come se fosse il più importante fa parte dei talenti necessari per diventare un grande giocatore. Idem per rimanerlo molto molto a lungo, fino a 38 anni.

Era già da qualche stagione che Andreas ipotizzava di dire basta, perché oltre alle sempre maggiori difficoltà fisiche, in particolare nel recuperare dopo le battaglie, nel frattempo a casa sono arrivate una moglie, Michele sposata nel 2016, e due figli, Liv di due anni e mezzo e il piccolo Hugo, nato lo scorso aprile. Ma l’adrenalina della competizione e risultati incoraggianti l’hanno spinto ad andare avanti fino a quando se l’è sentita.

È stato durante l’ultimo Us Open che ha deciso che era giunto il momento di salutare: con due vittorie ha raggiunto il terzo turno delle qualificazioni, tornando ad annusare un main draw Slam, ma un problema alla spalla gli ha impedito di essere competitivo nel match decisivo. Lì ha capito che non era più il caso di stressare il suo fisico, decidendo che avrebbe giocato solamente fino a fine anno. Vuol dire che all’addio rimane poco: forse Napoli, dove al momento è fuori di qualche posizione dalle qualificazioni, quindi Ortisei, in quell’Alto Adige dove oltre trent’anni fa ha preso la racchetta in mano per la prima volta. Mancherà.