17 aprile 1974, stadio del Newell’s Old Boys, Rosario, Argentina. L’Albiceleste gioca un’amichevole contro una selezione delle migliori squadre di Rosario: cinque giocatori del Newell’s, cinque del Rosario Central e un calciatore del Central Cordoba (che milita nelle serie minori). Quest’ultimo si chiama Thomas Carlovich: ha il numero 5 sulla schiena, una tecnica sopraffina e un mancino indimenticabile.
Diego Armando Maradona lo definisce come “il più grande di Rosario”, il suo maestro, il miglior prodotto calcistico sfornato dall’Argentina. Carlovich è più mito che storia, è più memoria eterea che testimonianza scritta, materiale: a Rosario è una leggenda, ma al di fuori del paese quasi nessuno sa chi sia. In quella leggendaria amichevole disputata contro l’Albiceleste, el Trinche (così era soprannominato) fa girare la testa a tutti i giocatori della Nazionale: dribbling, lanci millimetrici, carezze al pallone, caño doble (doppio tunnel), sombreri. Nessuno sa come fermarlo, tant’è che i calciatori dell’Albiceleste chiedono di farlo sostituire a fine primo tempo, per non fare una brutta figura.
Ma come mai nessuno ne parla? Come mai quasi nessuno conosce, al di fuori del continente sudamericano, il più grande di Rosario?
Forse, proprio perché a lui è sempre interessato solo e soltanto della sua città. A 22 anni firma il suo primo contratto da professionista con il Rosario Central, ma il mestiere di calciatore non fa per lui: odia la sveglia al mattino presto, odia la tattica e la corsa, odia le sedute di allenamento senza palla e la preparazione atletica. Odia tutto ciò che è il calcio professionistico: non è il calcio che ha conosciuto per strada, quello in cui la palla gli sta incollata al piede senza chiedere il permesso a nessuno. El Trinche ama il calcio polveroso, quello che si pratica per le strade sterrate o sul cemento, dove nessuno ti dice di passarla: conta solo la fantasia, l’immaginazione e la tecnica sopraffina.
Il suo mancino è uno di quelli che dà del Tu al pallone, che coccola la pelota come fosse un’amica d’infanzia; è uno che gioca per il gusto di giocare: il suo mancino è l’arte per l’arte. Non gli sono mai interessati né la fama né i soldi: divertirsi è l’unica cosa che conta.
Attorno a questo mistico personaggio si narrano le leggende più fantasiose: si dice che a volte si faceva espellere dalla partita in modo stupido per andare a giocare a biliardo insieme ai suoi amici, nel quartiere in cui è cresciuto. Si dice anche che detiene il record di minutaggio consecutivo in possesso palla, senza mai passarla a nessuno: ben dieci minuti. Una volta, un tifoso della squadra urla al Trinche dagli spalti: “Vai Trinche, fai un doppio tunnel!”. Carlovich non aspetta altro e lo esegue immediatamente, quasi fosse un dio che ascolta davvero le preghiere dei suoi fedeli.
Tutti restano a bocca aperta, sugli spalti e in campo: nessuno si spiega come sia possibile avere tanta genialità in un piede mancino, che in Argentina è un culto sacro. Nello straordinario libro “La milonga del futbol” di Buffa e Gabrielli, si narra che quando c’è una partita del Trinche, fuori dallo stadio del Central Cordoba compare un cartellone: “Esta noche juega el Trinche”, quasi fosse un’apparizione mistica, una meteora rara che passa vicino alla Terra solo una volta nella vita. Inutile dire che il prezzo del biglietto sale, perché vedere un artista dal vivo è sempre impagabile e le tele dipinte da Carlovich possono essere viste solo a Rosario.
Thomas Carlovich, el Trinche, è uno dei classici calciatori che diventano culto e mito popolare, uno di quei giocatori che ti fa innamorare del gioco perché ubbidisce solamente a ciò che i suoi piedi dicono e sono capaci di immaginare.
È una persona che ama il calcio in modo viscerale, per il suo modo semplice e istintivo di esistere; gioca per divertirsi e per andare dai suoi amici dopo la partita, come se fosse sempre rimasto ad uno stadio di calcio fanciullesco, infantile, primordiale. Ama la palla con affetto incondizionato: sa donare giocate eterne, senza chiedere nulla in cambio. Il mancino delicato ma irriverente del Trinche è oppio del popolo di Rosario (esattamente come i mancini di Messi e Maradona diventeranno una dipendenza per il popolo argentino e non solo). Forse è per questo che tutta la città è innamorata del suo Carlovich: proprio perché è esattamente uno di loro, con un amore sfrenato per il Futbol, per gli amici, per la vita di quartiere. È una persona ordinaria con un dono calcistico magnifico, che usa solo come strumento di leggerezza, intrattenimento e generatore di sorrisi.
Era uno generoso, el Trinche.
Viola Innocenti Spada
