Libertà di stampa e SLAPP in Italia: a Pesaro l’esempio più eclatante di una crisi della democrazia

In Italia, la libertà di stampa sta vivendo una delle sue stagioni più difficili. Secondo il World Press Freedom Index 2025 pubblicato da Reporter Senza Frontiere, il nostro Paese è sceso dal 46° al 49° posto su 180, ultimo tra i Paesi dell’Europa occidentale. Un risultato drammatico se si considera che la Costituzione, all’articolo 21, tutela “la libertà di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.

Eppure, tra querele milionarie, cause civili pretestuose e pressioni politiche, chi informa o denuncia paga un prezzo sempre più alto. Il paradosso italiano: liberi sulla carta (quale forza politica non sostiene a parole la libertà di espressione, la partecipazione civile?), citati in giudizi onella realtà.

Secondo i dati raccolti da Reporter Senza Frontiere, l’Italia ha mantenuto un punteggio medio di 68 su 100 negli ultimi tre anni: troppo basso per un Paese che si considera democratico. Il governo rivendica un “miglioramento” nella classifica — dal 58° posto del 2022 al 49° del 2025 — ma il progresso, spiegano gli analisti, è solo apparente: altri Stati sono peggiorati, mentre l’Italia è rimasta ferma. La verità è che nel nostro Paese i giornalisti e i difensori dei diritti umani operano in un contesto di crescente vulnerabilità, minacciati da azioni giudiziarie temerarie (SLAPP), intimidazioni e attacchi digitali. Lavorare in ambito istituzionale, senza esporsi e senza riflettere su cosa sia giusto e cosa iniquo, in attesa di ricevere fondi è la scelta di alcune associazioni, per dedicarsi comunque al “sociale”, ma senza scontrarsi con nessuno.

Negli ultimi mesi, episodi come l’attentato al giornalista di Report Sigfrido Ranucci, le minacce di stampo mafioso a Giorgia Venturini di Fanpage e la “Legge bavaglio” che limita la pubblicazione di atti giudiziari, hanno contribuito a peggiorare ulteriormente il clima informativo e l’attivismo genuino. Il risultato è una auto-censura diffusa, che indebolisce non solo la stampa, ma anche il diritto dei cittadini a essere informati.

Le SLAPP, acronimo di Strategic Lawsuits Against Public Participation, sono azioni legali intentate da aziende, politici o lobby per mettere a tacere voci critiche. In Europa, il fenomeno è in crescita costante, ma l’Italia detiene un primato poco invidiabile. Secondo il report 2024 della Coalition Against SLAPPs in Europe (CASE), il nostro Paese è quello con il maggior numero di cause temerarie nell’Unione Europea: 26 in un solo anno, seguito da Romania (15), Serbia e Turchia (10 ciascuna). Ed è solo la punta di un iceberg, perché la stragrande maggioranza delle intimidazioni legali, in Italia, ottiene il suo obiettivo di zittire la persona colpita, senza diventare di dominio pubblico.

Dal 2010 al 2023, CASE ha registrato oltre 1.000 casi documentati di SLAPP in 41 Stati europei e candidati UE. In Italia, le vittime principali sono giornalisti, attivisti, ONG e cittadini impegnati in battaglie civiche, spesso colpiti individualmente. Nel 36% dei casi le azioni legali riguardano denunce di corruzione, nel 16% questioni ambientali. I querelanti, quasi sempre, sono soggetti di potere economico o politico che usano la giustizia come arma per zittire il dissenso.

Un esempio emblematico di SLAPP arriva da Pesaro, dove la società Fox Petroli S.p.A. ha citato in giudizio per due milioni di euro Roberto Malini —  difensore dei diritti umani, scrittore e giornalista indipendente — e Lisetta Sperindei, attivista per l’ambiente ed ex consigliera comunale. L’azienda li ha accusati di diffamazione per aver denunciato pubblicamente le criticità ambientali legate al sito industriale della Fox e al progetto di impianto di liquefazione del metano (GNL), trascinandoli in una causa civile con una richiesta di risarcimento di proporzioni mai viste né in Italia né nel  resto del mondo, se riferita a singoli attivisti e non a organizzazioni (GreenPeace è stata citata per sessanta milioni).

Le loro dichiarazioni — definite “diffamatorie” — si basavano invece su documenti tecnici e analisi ambientali che evidenziavano la presenza di enormi depositi ormai ridotti a rottami inutilizzabili e di idrocarburi leggeri e pesanti, piombo e residui di lavorazioni petrolifere. Dopo gli appelli ed esposti del Comitato PESARO: NO GNL, di cui Malini e Sperindei sono leader, il Comitato Tecnico Regionale dei Vigili del Fuoco delle Marche ha negato il Nulla Osta di Fattibilità (NOF) all’impianto GNL, rilevando inadeguate distanze di sicurezza e impianti vetusti.  Il Ministero dell’Ambiente ha poi confermato la decadenza della VIA, bloccando definitivamente il progetto.

Eppure, la risposta della multinazionale è stata una causa civile milionaria. Il caso è oggi seguito dall’Alto Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, dalla Commissione Europea e da organizzazioni come Front Line Defenders, CASE, Hub di Protezione, che lo considerano un esempio da manuale di SLAPP. Davide contro Golia: un attacco legale sproporzionato, intimidatorio e contrario ai principi democratici. 

Roberto Malini, storico, difensore dei diritti umani e giornalista indipendente, spiega:

“Non abbiamo fatto altro che chiedere trasparenza e difendere l’ambiente, la salute e la sicurezza della nostra comunità. La libertà di parola non è un privilegio, ma un dovere civico. E chi la esercita non dovrebbe essere aggredito, ma tutelato”.

Il caso pesarese non è un’eccezione. In Italia, le SLAPP colpiscono sempre più spesso giornalisti freelance, piccole testate, attivisti ambientali e ONG. Chi non dispone di grandi mezzi economici o di assistenza legale pro bono — come, per fortuna, è il caso di Malini e Sperindei, assistiti dall’avvocato Pia Perricci, esperta di SLAPP e referente per le Marche dell’Hub di Protezione — è costretto a difendersi a proprie spese, mentre il querelante raramente subisce conseguenze. Secondo gli osservatori, questo produce un effetto devastante: l’autocensura preventiva, che riduce il pluralismo informativo e svuota la democrazia.

L’Unione Europea ha approvato nel 2024 una direttiva anti-SLAPP, che dovrà essere recepita in Italia entro il 2026. Ma le organizzazioni per la libertà di stampa avvertono: limitarsi a tradurre il testo europeo non basta. Occorre un adeguamento sostanziale, che restituisca ai giornalisti e agli attivisti un pieno diritto di espressione e partecipazione pubblica.

In un Paese dove si parla sempre più spesso di “fake news”, ma si fa poco per difendere il giornalismo autentico, le SLAPP rappresentano una forma moderna di censura che troppo spesso tacita le istanze di giustizia. Chi scrive o denuncia in nome dell’interesse pubblico non dovrebbe essere trascinato in tribunale, ma sostenuto come custode del diritto alla verità. La libertà di stampa e informazione è il diritto di ogni cittadino alla conoscenza di eventi che lo riguardano. E finché esisteranno persone disposte a raccontare i fatti — anche contro i giganti dell’industria o del potere — la democrazia italiana, pur ferita, continuerà a respirare.

Nella foto, Roberto Malini con Homero Aridijs, ambientalista, scrittore, giornalista, ex presidente di Pen International