Telefono Rosa Piemonte di Torino: il femminicidio di Giulia Cecchettin

È da una settimana che sentiamo parlare di un “bravo ragazzo” che non avrebbe fatto del male a una mosca  (A una mosca no, ma ad una donna sì) …

Non è certo nostra intenzione infierire sulla famiglia del ricercato: siamo certe che la loro angoscia e incredulità siano reali, specialmente oggi, in questa apocalisse senza futuro e senza speranza.

Vogliamo però sottolineare che non accettare la fine di un rapporto è di per sé già un atto violento.   

È legittimo tentare pacificamente un riavvicinamento: ma se a 22 anni non si è disposti nemmeno ad accettare un trasferimento per studio della propria ex fidanzata significa che il “bravo ragazzo” non è altro che un maschio piccolo, invidioso, protervo e distruttivo.

L’amore si è tramutato in violenza? Certo che no, E’ un binomio che non può stare insieme.

Ciò che ci sconvolge e indigna è però anche la narrazione che da una settimana ascoltiamo e leggiamo a ripetizione.

Perché temevamo conclusione così orrenda? 

Perché quando una donna sparisce ormai si pensa istintivamente che a farle male sia stato l’uomo più vicino a lei? 

E perché, malgrado questo, per giorni è resistita l’insopportabile cronaca dei “fidanzatini”, accompagnata dalle loro fotografie sorridenti insieme, anche quando c’erano già tante testimonianze che affermavano che non si trattava certo di un allontanamento volontario?

Perché proseguire ancora con queste immagini, anche dopo la conferma della tragica realtà da subito paventata, cioè un feroce femminicidio perché la donna non era quella che l’uomo pretendeva fosse?

Suggestioni giornalistiche, finzioni romantiche, narrazioni impossibili, quasi a creare un alibi collettivo legato al pensiero sminuente che “tanto a noi non accadrà mai”: Accade, eccome!

La carneficina che ci offende e ci dilania è disinteressata, arriva ovunque.