Salario minino: Europa a confronto dopo la pronuncia della Corte di Giustizia europea

La Corte di Giustizia europea si è recentemente pronunciata sul tema del salario minimo a seguito del ricorso presentato dalla Danimarca, che ne richiedeva l’annullamento. La Corte ha respinto il ricorso, là dove veniva contestata la competenza dell’Unione Europea ad occuparsi di un tema che vede ancora profonde differenze fra i paesi dell’Unione, quanto alla misura media dei salari, stabilendo come la direttiva non imponga per questo aspetto alcuna convergenza, limitandosi ad imporre però la diffusione di misure a tutela dei livelli retributivi più bassi come una misura necessaria per garantire condizioni di vita e di lavoro dignitose.

In coerenza con queste premesse, il ricorso è stato invece accolto là dove la direttiva imponeva un meccanismo di adeguamento all’inflazione o il divieto di riduzione del salario minimo, nei paesi in cui questo esiste già. Ed infatti la direttiva non impone necessariamente l’introduzione di un salario minimo a quegli Stati membri dell’Unione che siano in grado di dimostrare che il contratto collettivo trova applicazione ad almeno l’80% dei lavoratori di ogni categoria” afferma il Prof. Avv. Vincenzo Ferrante, dello Studio Legale Daverio&Florio, esperto di diritto del lavoro e docente universitario

Attualmente in Italia non esiste una retribuzione minima garantita e l’unico strumento resta quello della negoziazione dei contratti collettivi.

La conferma della sussistenza di una base normativa alla direttiva fa tramontare l’idea che questa potesse essere spazzata via dalla Corte con una pronunzia di accoglimento integrale di un ricorso (che aveva visto anche la Svezia intervenire in giudizio a sostegno delle richieste del paese confinante). In questo modo, i tanti paesi dell’Unione, che hanno atteso che l’iter processuale giungesse ad esito per riformare il quadro normativo interno, dovranno ora porsi la questione di come correttamente trasporre una direttiva.

L’Italia a riguardo ha sempre dichiarato di non aver bisogno di un salario minimo perché il contratto collettivo sottoscritto dalle maggiori organizzazioni sindacali resta ampiamente diffuso. E questo e certamente vero, ove si limiti il dato ai flussi mensili che riceve l’INPS in sede di versamento spontaneo dei contributi dalle imprese (anche se l’analisi dei dati che si ricavano dalle ispezioni potrebbe far sorgere più di un dubbio sull’effettivo generalizzato rispetto delle norme di legge e di contratto collettivo da parte di tutte le aziende italiane)” continua il Professor Ferrante.

Ma come funziona nei principali Paesi europei? Secondo l’analisi dello Studio Legale Daverio&Florio, specializzato nel Diritto del Lavoro e nel Diritto della Previdenza Sociale, che in Italia rappresenta il network internazionale Innangard, il salario minimo è presente in quasi tutti i Paesi europei, ad eccezione dell’Italia, della Danimarca, dell’Austria, della Finlandia e della Svezia [1], ma con valori e applicazioni molto differenti.

Considerando esclusivamente i Paesi analizzati, in Francia e in Spagna esiste già da tempo, rispettivamente dal 1950 e dal 1963, mentre i valori più alti si registrano in Lussemburgo (€ 2.704 / mese) e in Germania (€2.161 / mese). La Spagna, l’Olanda, il Belgio e l’Irlanda in questi anni hanno aumentato gli importi.  Svezia e Danimarca, così come l’Italia, seguono modelli basati sulla negoziazione dei contratti collettivi e dei livelli salariali da parte dei sindacati.

 Entrando nell’analisi, in Germania, il salario minimo è stato introdotto nel 2015 e negli anni ha visto un incremento costante arrivando a un totale di €2.161 lordi mensili. Si applica a tutti i dipendenti, con alcune eccezioni.

In Belgio, sin dal 1975 esiste il reddito minimo mensile medio garantito (GAMMI), che in seguito all’ultima indicizzazione di quest’anno ammonta effettivamente a 2.112 euro lordi. È rivolto ai dipendenti con un contratto di lavoro dai 18 anni in su e che lavorano a tempo pieno.

L’Olanda è uno dei Paesi “storici”, con il salario minimo che esiste da ben il 1969. Attualmente il salario minimo mensile ammonta a €2.246 lordi registrando in due anni un aumento del 16%. Il salario minimo si applica solo nel caso in cui un dipendente sia assunto con un contratto di lavoro ed è progressivo: dai 15 ai 21 anni aumenta in base all’età, diventando successivamente fisso. Dal 2024, inoltre, l’Olanda ha introdotto un salario minimo orario, al fine di renderlo ancora più equo.

In Irlanda il salario minimo nazionale è stabilito dal National Minimum Wage Act 2000 (€2.282/mese lordi), ma verrà sostituito con il salario di sussistenza a partire dal 2026. Per determinare la cifra, il governo irlandese sta adottando un approccio a soglia fissa del 60% del salario mediano, che si stima comporterà un aumento del reddito da €11,30 a €13,10 € lordi all’ora. Attualmente hanno diritto al salario minimo i lavoratori a tempo pieno, a tempo parziale, temporanei, occasionali e stagionali di età superiore ai 20 anni. Ai dipendenti di età inferiore ai 20 anni si applicano aliquote salariali minime diverse.

Il primo salario minimo in Spagna (SMI) risale al 1963. L’importo attuale è di €1.381 al mese lordi ed è determinato su base mensile o giornaliera, ma con valori inferiori per i lavoratori temporanei, stagionali e domestici.

Concludiamo infine con la Francia è senza dubbio uno dei primi Paesi ad aver introdotto il minimo salariale (attivo dal 1950), valido a tutti i dipendenti che hanno almeno 18 anni, indipendentemente dal contenuto e dalla forma del contratto di lavoro e della retribuzione. Il “salario minimo di crescita interprofessionale” (SMIC) è pari a €1.802 lordi mensili (per 35 ore), e si rivaluta in base all’aumento dei prezzi e all’aumento del salario medio.

 

 

Chi siamo

Lo Studio Legale Daverio&Florio è specializzato nel Diritto del Lavoro e nel Diritto della Previdenza Sociale e fornisce assistenza legale giudiziale e stragiudiziale in Italia e all’estero. È tra i fondatori di Innanagard, il network internazionale di specialisti di diritto del lavoro nato con l’obiettivo di fornire ai propri clienti la migliore assistenza legale anche oltre i confini dei rispettivi Paesi, di cui l’Avvocato Bernardina Calafiori, socio fondatore dello Studio, è Vicepresidente. Possiede uno specifico Dipartimento Studi, diretto dal Prof. Vincenzo Ferrante, ordinario di Diritto del lavoro presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università Cattolica di Milano, che ha curato, fra l’altro, la realizzazione del “Codice Europeo del Lavoro”, la prima raccolta delle più importanti norme comunitarie relative ai rapporti di lavoro.

Per ulteriori informazioni

[1] Fonte: Minimum wage statistics – Statistics Explained (europa.eu)