Riforma fiscale in Italia, un programma ambizioso quanto necessario

Il Rapporto Italia del 2021 vantava tra le sue schede di approfondimento anche una sulle prospettive di una riforma fiscale in Italia. Nella relazione introduttiva di quell’anno si evidenziava che, se come diceva Shakespeare nel Giulio Cesare «gli uomini in certi momenti sono padroni del loro destino», questo era il tempo di dimostrarlo. Emergeva quindi, già all’epoca, come fosse essenziale per il Paese chiarire l’idea di Fisco che l’Italia voleva avere per il futuro delle prossime generazioni. 

Già nel 2021 Eurispes rilevava un improcrastinabile intervento sul sistema fiscale

Partendo dall’analisi di allora, l’Eurispes rilevava come fosse necessario valutare l’opportunità di un ricorso alla riduzione delle aliquote Irpef, proponendo che le due centrali del 38% (tra i 28mila e i 55mila euro) e del 41% (tra i 55mila e i 75mila euro lordi) fossero unite in un’unica area del 36%, coinvolgendo così 8,2 milioni di contribuenti, con un costo stimato di circa 5 miliardi. In alternativa, si proponeva poi un accorpamento delle prime due aliquotequelle del 23% per i redditi fino a 15.000 euro e del 27% per i redditi fino a 28.000 euro, in una sola aliquota – pari, ad esempio al 20% ‒ da applicarsi a tutti i contribuenti con redditi fino a 28.000 euro. O, infine, l’introduzione di un’aliquota unica tra i 15mila e i 75mila euro al 27%, con aliquota al 43% per i redditi oltre i 75mila euro e del 23% per quelli sotto i 15mila euro.

In conclusione, già due anni fa, a prescindere da quale strada fosse in concreto ritenuta preferibile, era certo che un intervento sul sistema fiscale era ormai improcrastinabile, visto anche che, prendendo in considerazione la busta paga lorda di un lavoratore medio italiano, ammontante a meno di 30.000 euro, tale soggetto era (ed è) considerato, ai fini Irpef, come uno dei contribuenti più ricchi, colpito da un’aliquota marginale del 38%, laddove, invece, un’azionista di una grande azienda poteva (e può) invece guadagnare milioni grazie ai dividendi ricevuti, pagando un’imposta con un’aliquota fissa del 26%.

Un lavoratore medio italiano è considerato ai fini Irpef come uno dei contribuenti più ricchi

L’esigenza di una riforma dell’Irpef e del sistema fiscale in generale derivava e deriva quindi dalla necessità di correggere alcune criticità che, nel tempo, hanno allontanato tale imposta dai canoni costituzionali di equità, con aliquote marginali elevate sui redditi bassi, detrazioni decrescenti al crescere del reddito (che provocano sui redditi medio-bassi il cosiddetto ‘salto di aliquota’, ossia uno scalino dell’aliquota marginale sui redditi aggiuntivi) e una progressività molto elevata per livelli bassi di reddito imponibile (progressività che invece si riduce molto per i livelli elevati di reddito). Altro che sistema fiscale da non toccare, pena una violazione dei principi costituzionali di equità e capacità contributiva. Insomma, è arrivato il momento di programmare il futuro, anche fiscale, del nostro Paese.

Delega di riforma fiscale

La riforma introdotta dalla Legge delega sembra andare nella direzione giusta, e sembra farlo anche in modo veloce, o almeno si spera. Dall’entrata in vigore della legge scatteranno infatti i ventiquattro mesi a disposizione del Governo per dare concreta attuazione alla riforma attraverso i necessari decreti legislativi, rispettosi, oltre che dei princìpi costituzionali e del diritto dell’Unione europea e internazionale, anche dei princìpi e dei criteri definiti con la medesima delega, tra cui, in particolare:

  • stimolare la crescita economica e la natalità;
  • prevenire e ridurre l’evasione e l’elusione fiscale;
  • introdurre incentivi all’investimento;
  • modificare il rapporto Fisco/contribuente, rafforzando l’obbligo di motivazione degli atti impositivi, con indicazione delle prove su cui si fonda la pretesa;
  • applicare in modo generalizzato il principio del contraddittorio.

Il tutto disciplinato con un unico Codice del diritto tributario, anche al fine di migliorare la chiarezza e la conoscibilità delle norme e la certezza dei rapporti giuridici.

Nuovo fisco e incentivi ai prodotti green

Tutto questo dovrà avvenire a costo zero, senza incremento della pressione tributaria, con, sullo sfondo, il passaggio a un sistema caratterizzato da una aliquota impositiva unica, che mantenga comunque la tendenziale progressività del sistema attraverso no tax area e detrazioni. Non mancano poi propositi di interventi di revisione delle disposizioni in materia di accisa e delle altre imposte indirette sulla produzione e sui consumi, con il principale obiettivo di incentivare i prodotti green, correlando l’imposizione fiscale all’impatto ambientale.

Una riforma fiscale tanto ambiziosa quanto necessaria

Sui giochi, infine, si prevede di introdurre misure di tutela dei soggetti più vulnerabili, con la necessaria concertazione tra Stato, Regioni ed enti locali per pianificare – si spera in modo razionale ed efficiente – la dislocazione territoriale dei luoghi fisici per l’offerta di gioco. Sono poi molte le disposizioni che la legge delega invita ad attuare, tra cui, solo per citarne alcune, il superamento dell’Irap, la revisione delle aliquote Iva, la revisione del sistema riscossorio.

Tutto troppo bello? Forse, ma ormai non ci possiamo più permettere neppure di essere pessimisti. Un programma, quindi, tanto ambizioso quanto necessario. Speriamo solo di poterne già vedere i frutti e che fra altri due anni non si debba ancora parlare dei sogni di riforma che l’Eurispes aveva già da tempo auspicato.

Avv. Giovambattista Palumbo, Direttore Osservatorio dell’Eurispes sulle Politiche fiscali