OMOTRANSFOBIA, 187 CASI NEL REPORT 2019 DI ARCIGAY

Persone lgbti picchiate, derise, discriminate, vittime di ricatto, insultate e in molti casi bersaglio di una deliberata campagna d’odio da parte di forze politiche e gruppi neofascisti: il ritratto che emerge dal report 2019 dei casi di omotransfobia, notiziati dal 17 maggio 2018 a oggi, è impietoso. Il monitoraggio attinge alle fonti della carta stampa, cioè assume il punto di vista degli operatori dell’informazione e scatta una fotografia che compone il livello quantitativo e quello qualitativo di interpretazione del fenomeno.

 

Innanzitutto, dal punto di vista quantitativo le storie registrate sono 187, molte di più delle 119 registrate lo scorso anno. Ovviamente questo numero non esaurisce la dimensione del fenomeno (non tutte le discriminazioni o le violenze omotransfobiche finiscono sui giornali) ma il raffronto di questo indicatore con quelli degli anni passati traccia un trend che non può non allarmare. L’aspetto centrale, però, è quello qualitativo, cioè l’osservazione dei modi in cui l’omotransfobia prende forma nei tessuti sociali. Da questo punto di vista preoccupano i numerosi episodi di violenze omotransfobiche agite da branchi o baby-gang, in alcuni casi particolarmente spietate.

A questo fenomeno si connette quello dei crimini e delle parole d’odio che avvengono in contesti scolastici, ai danni tanto di studenti e studentesse quanto di insegnanti e presidi. Si discrimina inoltre nei luoghi di lavoro ma anche nei luoghi del tempo libero – bar, ristoranti – dove le persone lgbti vengono talvolta cacciate o stigmatizzate. C’è omotransfobia inoltre nelle famiglie, dove il coming out innesca a volte meccanismi violenti e oppressivi. Un nodo centrale, che nell’ultimo anno si è vistosamente rafforzato, è quello dell’omotransfobia istituzionale, paradossale in un Paese che solo tre anni fa si è dotato di una legge per il riconoscimento delle coppie formate da persone dello stesso sesso: nonostante questo, enti o istituzioni – sulla base di convinzioni personali o di propaganda politica – negano riconoscimenti e forzano i processi di riconoscimento in senso involutivo, in contrasto perfino coi pronunciamenti della magistratura. Il caso più evidente è quello dei figli e delle figlie delle famiglie omogenitoriali, bersagli di una vera e propria campagna d’odio che vuole macinare consenso sulla pelle dei bambini e delle bambine.

Il report, inoltre, raccoglie numerose notizie che hanno a che fare con azioni messe in atto da gruppi di estrema destra, sempre più numerosi e attivi. Colpiscono inoltre le minacce e le violenze ai danni d attivisti lgbti così come i vandalismi delle sedi associative. Aumentano in maniera evidente i casi di omosessuali non visibili ricattati, quasi sempre a scopo estorsivo, proprio sul piano della visibilità del loro orientamento sessuale.

Casi che a volte sconfinano nel revenge porn, ma che anche quando non veicolano foto o video mantengono un livello di violenza e oppressione altissimo. Infine, meritano una sottolineatura i due omicidi censiti dal report (uno a Roma, l’altro a Castelfranco Emilia), la cui natura omotransfobica verrà stabilita con certezza in sede giudiziaria ma che già mostrano tratti molto tipici: una delle vittime – un pittore romano, morto a seguito di un violentissimo pestaggio – era già stata aggredita in situazioni molto simili, l’altra – una guardia giurata uccisa in una piazzola nota come luogo di cruising – era già stata segnalata come frequentatore abituale di quel luogo. “I numeri e le storie che abbiamo raccolto negli ultimi dodici mesi – commenta Gabriele Piazzoni, segretario generale di Arcigay – rafforzano e concretizzano un allarme di cui abbiamo da tempo forte consapevolezza e che ha un legame forte con il clima politico in cui il nostro Paese è sprofondato. Le campagne d’odio, anche quando si fermano alle parole, mettono in moto meccanismi di legittimazione della violenza esplosivi: il report ci dice innanzitutto questo.

La questione è molto grave, soprattutto se pensiamo che uno dei protagonisti di queste campagne d’odio è proprio la Lega (proprio un senatore della Lega, Simone Pillon, è stato di recente condannato per le sue campagne diffamatorie ai danni delle persone lgbti), il cui leader è il Ministro degli Interni. Un paradosso irricevibile: proprio chi dovrebbe prendersi cura della sicurezza dei cittadini  e delle cittadine, è leader di un partito che quotidianamente espone con la propria propaganda le persone lgbti alle violenze degli haters.

Al Ministro Salvini e ai tanti che in  politica si comportano come lui, questo report dovrebbe stimolare un profondo esame di coscienza. Ovviamente, il fenomeno ha nella propaganda politica soltanto uno dei suoi ingredienti: le soluzioni, pertanto, vanno messe in campo in maniera organica e strutturale, puntando tanto sul piano legislativo, cioè dotando questo Paese di una legge contro l’omotransfobia, quanto sul piano sociale culturale, dove mancano azioni di contrasto credibili e efficaci”.

In occasione del 17 maggio, giornata internazionale contro l’omotransfobia, Arcigay ha lanciato una campagna social che punta sulla responsabilizzazione dei contesti in cui le violenze e le discriminazioni si manifestano. A chiunque può capitare di essere testimone di comportamenti o discorsi pieni di odio verso le persone lesbiche, gay, bisessuali e trans. Dai luoghi di lavoro alla scuola, dal supermercato alla famiglia, tantissime vedono episodi di discriminazione o ascoltano discorsi carichi di offese e disprezzo, talvolta mascherati da battute o scherzo, ma non per questo meno dolorosi per coloro che li subiscono. L’indifferenza delle persone perbene è la più grande alleata dell’odio. Per questo il claim della campagna è “Non restare indifferente, combatti l’omobitrnsfobia”. A questo link sono disponibili tutti i materiali: https://www.arcigay.it/en/non-restare-indifferente-combatti-lomobitransfobia/#.XN1enS_W7MI