Messina Criminale: Omicidio Castano, mille volte si era sparato per punire tradimenti, soffiate, passioni proibite, ruberie, ribellioni

Messina criminale – L’omicidio del giovane Francesco Castano destò indignazione nell’opinione pubblica nazionale mettendo in risalto le problematiche legate ai familiari dei collaboratori di Giustizia e ai pericoli a cui erano sottoposti.
A tal riguardo appare qui utile riportare l’articolo del “Corriere della Sera” del 10 Agosto 1995, giorno successivo all’omicidio, in quale così si narrava:
MESSINA. Lo hanno crivellato di pallottole mentre passeggiava con il barboncino, l’ultimo regalo ai suoi tre bambini. La sua unica colpa: avere sposato la sorella di un pentito, uno di quelli che la mafia ribattezza “infami e traditori”. Francesco Castano, 34 anni, strappa un triste primato: è la prima vittima a Messina di una vendetta trasversale contro i collaboratori di giustizia. E’ il segnale inquietante, secondo gli inquirenti, che Cosa Nostra ha alzato il tiro, dopo una serie di attentati per tappare la bocca. Alle case incendiate, alle lettere minatorie, adesso subentra il piombo. E per il cognato di Guido La Torre, collaboratore di spicco, che ha ricostruito gli anni di fuoco della guerra di mafia sfociata il 17 luglio nell’operazione “Peloritana bis”, è la fine. L’agguato è scattato ieri alle 7 a Provinciale, un quartiere a rischio a due passi dal centro. Un killer attendeva Castano sotto casa. Lo ha seguito per un tratto di strada e quando si è trovato vicino gli ha esploso contro l’ intero caricatore di una 7,65: nove colpi, sei andati a segno. Francesco Castano era sposato con Barbara La Torre, 32 anni, sorella di Guido La Torre, ex braccio armato del clan di Luigi Sparacio. Quest’ultimo fu arrestato nel gennaio del ’94, dopo un anno di latitanza, ed e’ divenuto collaboratore. Proprio il pentimento di La Torre, reo confesso di 10 omicidi, aveva contribuito a dipingere il ruolo di Sparacio, fino ad allora giovane e rampante boss incensurato. Ieri, però, è scattata la vendetta contro Castano, un bersaglio facile, senza protezione.
Dal “Corriere della Sera” del 10 Agosto 1995
Il Castano diveniva così la prima vittima messinese di una vendetta trasversale, mai i killer dei clan avevano colpito i parenti dei loro nemici, mai era stata infranta quella regola delle leggi “d’onore” della mala che legavano alla colpa diretta dell'”infame” una sentenza di morte.
Nella sanguinosa storia delle cosche messinesi, mille volte si era sparato per punire tradimenti, soffiate, passioni proibite, ruberie, ribellioni. E’ la prima volta che si ammazza guardando lo stato di famiglia, che si stronca la vita di una persona solo per mandare un messaggio a un parente.
La dinamica del delitto conferma l’agghiacciante movente: i sicari non hanno voluto solo uccidere, ma hanno compiuto un rito di morte per impressionare il destinatario dell’odiosa minaccia.
Le due persone incaricate dell’esecuzione erano ben al corrente delle sue abitudini, avevano informazioni precise, raccolte durante pazienti pedinamenti. Sapevano che il giovane avrebbe portato il cane fino in via Siracusa, dietro all’isolato dove abitava. I killer si sono avvicinati senza destare sospetto; erano con ogni probabilità in sella ad uno scooter: gli investigatori hanno più tardi notato la traccia di uno pneumatico sul marciapiede.
Gli assassini hanno eseguito la loro missione in tutta tranquillità. Saliti sulla banchina, si sono trovati di fronte l’ignaro operaio e l’hanno freddato con otto colpi. Sei sono andati a segno, due si sono conficcati nella finestra di un locale seminterrato nel quale dormivano due persone.