L’ITALIA CHE NON C’E’ PIU’

Il Covid 19 sta cambiando l’Italia, lo stanno scrivendo in tanti. Intanto, la notizia è di questa mattina, Confcommercio comunica che nel 2020 a causa del crollo dei consumi del 10,8%,  pari ad una perdita di 120 miliardi di euro sul 2019, si stima la chiusura definitiva di più di 390 mila imprese del commercio non alimentare. Imprese  morte definitivamente a causa delle chiusure continue del governo Conte.

Ma forse l’Italia era già cambiata. Ho appena finito di leggere lo sconvolgente libro inchiesta di Mario Giordano, L’Italia non è più italiana. Così i nuovi predoni ci stanno rubando il nostro Paese”, Mondadori (Milano 2019). In questo ennesimo libro di Giordano c’è la dimostrazione che effettivamente l’Italia è cambiata. Anzi non c’è più, come evidenzia nell’ultimo capitolo.

“nel silenzio, non abbiamo soltanto perso tutto il made in Italy, i grandi marchi della moda, le aziende alimentari, i settori strategici (dalla chimica alla siderurgia), i servizi e le banche: abbiamo perso – scrive Giordano –  il meglio delle nostre piccole aziende, quei gioielli di creatività spesso nati nel sottoscala di provincia e diventati leader mondiali nel loro settore. Erano i nostri tesori. Ora non sono più nostri”.

L’Italia non è più quella che i nostri padri ci hanno lasciato.

I nuovi proprietari sono stranieri, americani, francesi, tedeschi, russi, turchi, cinesi, arabi e tanti altri. I nuovi padroni, forse meglio definirli i nuovi predoni, perché prendono il marchio e poi scappano.

Mario Giordano ormai sono quasi tre decenni che denuncia i mali dell’Italia. Il giornalista da tempo è tentato di occuparsi d’altro, di lasciare i libri inchiesta, anche perchè costa meno in avvocati. Ma Giordano sente il sostegno della gente, di tanti lettori, che gli gridano “non mollare”, e così va avanti, si documenta, va in giro per l’Italia, e poi scrive. Io lo seguo da anni, possiedo quasi tutti i suoi libri.

Ne ‘L’Italia non è più italiana’, racconta, descrive il degrado delle condizioni economiche, sociali, culturali, storiche, politiche del Paese. Giordano col suo fare certosino, racconta infinite storie di vendite, di fallimenti delle nostre aziende, industrie più o meno note. Ma non solo, le vendite riguardano anche pezzi della nostra storia, castelli, palazzi, borghi antichi, vigneti, poderi. Così si svende anche la nostra Storia.

Si comincia con la vendita di un castello medievale di Casalburgone, ai confini tra la provincia di Asti e Torino, comprato dagli associati ad Access Consciousness, l’ex Scientology. Vogliono utilizzare il castello per i loro corsi para religiosi. Naturalmente Giordano con documenti alla mano dà conto delle trattative, dei retroscena di ogni episodio trattato nel libro.

I centri commerciali, le nuove cattedrali, sono quelli più invasi dallo straniero. Così i centri storici delle città si svuotano per portare la gente nei centri commerciali. Faccio qualche nome: Auchan, Carrefour (francesi), Lidl (tedeschi). Poi ci sono gli articoli sportivi, dove dominano i francesi della Decathlon. Gli svedesi, la fanno da padrona nella Ikea, e poi l’abbigliamento, H&M. Gli spagnoli con i marchi Zara, Bershka e Pull&Bear. Gli irlandesi di Primark e gli americani di Champion.

Come mai è successo tutto questo? Si chiede Giordano, nel commercio avremmo da insegnare al mondo. “Non solo perchè avevamo botteghe all’ombra del campanile di Giotto quando in Australia al massimo si facevano ombra con un canguro, ma anche perché pure nel settore dei supermercati abbiamo dimostrato di saperci fare. Basterebbe ricordare la straordinaria storia di successo di Bernardo Caprotti con la sua Esselunga.

Giordano nel libro nomina aziende di cui avevamo dimenticato l’esistenza. Per esempio nell’ottica c’era Randazzo, ora c’è l’ottica GrandVision che appartiene agli olandesi.

Abbiamo addirittura venduta un’isola ai turchi, quella di S. Clemente a Venezia, già sede di un monastero di camaldolesi. Ci andavano i crociati a pregare in partenza per la Terra Santa.

Poi ci sono le ville, i parchi, venduti agli stranieri. Con una telefonata dalla Russia, un riccone ha comprato una villa sul lago Maggiore, senza neppure vederla. A poco a poco la nostra Storia viene svenduta agli arabi, agli inglesi. “Gli italiani che vogliono salvare il loro castello, la loro storia, le meraviglie tramandate da generazioni, sono destinati infatti a rimanere schiacciati”.

Il II capitolo, Giordano affronta la svendita delle imprese, piccole, grandi, marchi storici. In questa svendita però per gli italiani si registrano quasi sempre dei disastri. Promuovere, sviluppare, crescere, globalizzare, il risultato finale quasi sempre lo stesso: licenziamenti a raffica. “A loro interessava prendere il nostro prodotto di punta…”. Giordano cita qualche caso di azienda finita male come l’Embraco di Riva di Chieri (Torino). Non sembra vero ma lo straniero ogni 48 ore si prende un’azienda italiana, la ricerca è del Politecnico di Milano. Altro che non passa lo straniero, è già passato eccome.

Argomentando sul settore della moda, Giordano racconta la crisi del Biellese: 15.000 posti di lavoro persi con oltre 1000 aziende chiuse. I pezzi più pregiati finiti nelle mani degli stranieri, come Fila, nata oltre cento anni fa che ha inventato il marketing sportivo, ora è nelle mani dei coreani.

La moda italiana è stata espugnata dai francesi, dai cinesi, dagli arabi, dagli americani: “chiunque sia passato qui ha portato via un pezzo della nostra storia”.

Si sono presi Bulgari, Fendi, Pucci, Gucci, Dodo, Pomellato, Bottega Veneta, Stefanel. “Assumeremo più persone e porteremo più lavoro in Italia”, avevano assicurato quasi tutti.

Eravamo gli inventori, i maestri, i creatori della moda. Non abbiamo saputo difenderci, unirci. Ogni volta che si conclude un affare con un fondo del Qatar o americano, la litania è sempre la stessa: “lo facciamo per crescere”. “Ma davvero questo terremoto esterofilo che ha sconvolto la nostra moda ci ha aiutato a crescere?”. Bisognerebbe spiegarlo agli operai che hanno perso il lavoro.

Hanno messo i piedi anche sulla tavola, scrive Giordano. La Parmalat di Collecchio, anche per colpa degli italiani è stata svenduta, gli imprenditori del settore si sono girati tutti dall’altra parte. L’elenco è abbastanza nutrito, anche qui eravamo dei maestri: Galbani, Invernizzi, Cademartori, la Pernigotti, cioccolata di Novi Ligure. E poi la Peroni, in quel di Vigevano, dopo centosettant’anni di storia è diventata giapponese. Gancia ora è russa. Gli oli Carapelli, Sasso, Bertolli, via agli stranieri.

L’italian style non è più italiano. Non solo cibo e moda, all’estero se ne sono andati i marchi famosi come la Bianchi, la nostra più antica fabbrica di biciclette. L’altra storica società, l’Atala, fondata nel 1908 a Monza. Con queste biciclette, i nostri campioni del ciclismo, hanno fatto la storia. I motori: la mitica Ducati, passata alla Wolkswagen tedesca. La prodigiosa e storica Lamborghini.

Giordano tratta tutti settori dell’industria italiana, da quello chimico a quello siderurgico, pensate all’Ilva di Taranto, la grande Fiat di Torino, ora con sede legale ad Amsterdam. E le banche popolari sono finite tutte ai fondi stranieri.

Il III° capitolo dedicato alla nostra criminalità superata da quelle straniere. Anche qui paradossalmente per Giordano, abbiamo perso il primato. “Non siamo più padrini a casa nostra”. Persino la mafia non è più italiana. Mentre nel napoletano, “al posto di Gomorra ci sono i boss nigeriani”.

Qui Giordano documenta l’ascesa della criminalità nigeriana in quel di Castel Volturno, un angolo di continente nero fra Napoli e Roma. Un pezzo d’Africa trapiantato nel cuore della Penisola. Tra machete e asce, “qui non valgono le nostre regole, le nostre leggi, la nostra lingua, le nostre istituzioni. Qui la terra non è più nostra”. Un giovane poliziotto confida a Giordano, riferendosi ai nigeriani, che se usassero la pistola, sarebbe un buon segno, significherebbe che hanno iniziato a integrarsi. Invece solitamente per incutere terrore, usano il machete e l’ascia.

Castel Volturno, è diventata la capitale della mafia africana.

Nelle case devastate e invase dai rifiuti, nessuno si avvicina, dentro si organizza quello che si vuole: traffico di droga, di donne, smercio di refurtiva. “Libero crimine in libero rudere”. Gli stranieri irregolari sarebbero più dei cittadini regolari che sono 24.000.

In Italia per Giordano esiste una certa repulsione a parlare di mafia nigeriana, eppure esistono confraternite con ascia e teschio, con riti di cannibalismo tribale, dove le vittime vengono fatte a pezzi. Se può interessare anche i jihadisti di Boko Haram in Nigeria, usano mangiare carne umana, come si evidenzia nel libro che ho recentemente presentato “Sono stata all’inferno”, di Andrea C. Hoffman, Centauria Srl(Milano 2017). Naturalmente il nostro Giordano non può non fare riferimento all’orribile delitto di Pamela Mastropietro a Macerata.

Ma non ci sono solo i nigeriani, ormai per Giordano “abbiamo realizzato la globalizzazione della mafia, il mondialismo delle cosche, l’internazionale della ‘ndrina”. Ogni settore viene trattato dalle varie specifiche cupole: quella albanese, cinese, boliviana, il clan dei georgiani, etc. Cosa nostra è diventata Cosa di Tutti. Tempo fa ci accusavano di esportare boss, in questi anni, in Italia, invece è aumentata l’importazione di qualsiasi tipo di clan, da tutto il pianeta.

Giordano punta la sua attenzione sulla “Piovra gialla”, che in questi anni ha fatto un salto di qualità. “La criminalità made in Pechino, zitta zitta, è cresciuta a dismisura ed è arrivata a controllare e gestire locali pubblici, gioco d’azzardo, spaccio di stupefacenti, sfruttamento della prostituzione, usura, rapine, estorsioni”.

Certo sui cinesi, c’è molto da dire, fino a qualche tempo fa eravamo disposti a chiudere un occhio. Sono grandi lavoratori e non fanno male a nessuno. Che importa poi se nei capannoni di Prato si fanno lavorare i bambini come schiavi.

Non voglio annoiarvi a elencare altri fatti raccolti nel libro sull’argomento. Ci sono altri temi importanti da esporre, il IV° capitolo affronta la questione del cibo, della lingua, del calcio e passioni. Ci stiamo abituando alla cucina etnica. Il Cous Cous Clan non perdona. Nel capoluogo lombardo c’è il record di ristoranti etnici d’Italia: sono 3137, il 40 per cento del totale. Al secondo posto c’è Roma e poi Torino.

Interessante la ricerca sul riso italiano del vercellese, in forte crisi, sta per essere soppiantato da quello cambogiano. E poi le difficoltà dell’olio italiano, dei formaggi. Interessante anche la parentisi aperta sul calcio italiano. Sono finiti i tempi di Mazzola e Rivera. Ora il nostro campionato è pieno di stranieri, Giordano rileva un particolare, il 23 aprile 2016, in Inter-Udinese, sono scesi in campo, ventidue stranieri.

Altra parentesi interessante è quella del web che ci ha rubato anche l’anima.

Il V° capitolo è tutto dedicato alla Cina che sta divorando tutto. Dal Palazzo della Zecca a Roma ai trattori Goldoni, dai bar alla Pirelli.

Giordano rileva che abbiamo tante Chinatown in Italia, a cominciare da quella più antica in Paolo Sarpi a Milano, ma quella più numerosa si trova a Barge, nelle valli cuneese, sotto il Monviso. I cinesi si sono presi pure i nostri orti, nella zona di Prato il 60 per cento della superficie lavorata è in mano loro. Ad Agrate Brianza, alle porte di Milano, si trova il più grande e inquietante megastore cinese.

Il libro si sofferma sul caso Prato, con una domanda inquietante: “Hanno distrutto Prato, distruggeranno pure l’Italia?”. Non possiamo dilungarci, soltanto che si stanno comprando il mondo, del resto è cosa risaputa che il presidente Xi Jimping, l’uomo più potente del mondo, ha varato un piano per promuovere acquisizioni nei cinque continenti.

Il VI° capitolo è dedicato all’Italia Saudita. Un elenco dettagliato delle conquiste arabe sul nostro territorio. La Costa Smeralda è completamente controllata dagli arabi del Qatar, che si è preso pure il cuore di Milano (compreso il bosco verticale) a fianco della Torre Solaria, il palazzo residenziale più alto d’Italia.

Giordano rammenta ai lettori che il Qatar non è il “Paese di Paperone Pacioccone, il regno della dolce cuccagna […] E’ un Paese accusato di sostenere il terrorismo internazionale. Sospettato di finanziare l’Isis […] Vicino ai gruppi che spargono sangue e paura nel mondo”. In definitiva è uno Stato canaglia.

Naturalmente Giordano mette in guardia il nostro Paese che vendendo politicamente a pezzi la nostra democrazia. Addirittura esiste un sito internet specializzato: “Vendere agli arabi”.

L’ultimo capitolo, il VII° “Cucù, l’Italia non c’è più”, probabilmente è quello che dovrebbe preoccupare maggiormente la nostra politica, di centro, di destra, di sinistra.

Qui Giordano attraverso i suoi viaggi su e giù per lo stivale, certifica il suicidio demografico del Paese Italia. E’ ormai una vecchia questione, noi di Alleanza Cattolica, abbiamo lanciato l’allarme denatalità dagli anni ’90. A Roscigno Vecchia, nel parco del Cilento, un borgo con un solo abitante. Comunque ognuno di noi può raccontare di aver visto i propri Paesi al Sud, al Centro o al Nord spopolarsi. Non solo non nasce più nessuno, ma quei pochi che sono nati, una volta raggiunta la maggiore età scappano all’estero.

Questa era l’Italia prima del Covid 19, che ne sarà di quella dopo.

DOMENICO BONVEGNA

domenico_bonvegna@libero.it