L’INTERVENTO: IL SOLITO SALVINI METASTASI DELL’ITALIA E DEL GOVERNO

Ci risiamo. Solo che questa volta il danno è molto più grave di qualche anno fa, quando era ministro dell’Interno del governo del primo Conte e quando lui, che s’era presentato vergognosamente al Viminale solo sette o otto volte per tutta la durata del proprio mandato, aveva dato vita allo show del blocco navale contro i migranti. Blocco totalmente inutile, perché mentre le telecamere riprendevano i migranti che dondolavano, con le sofferenze che questo comporta, al largo sulle onde, tutto intorno era uno sbarcare di gommoni e piccole imbarcazioni che raggiungevano senza problemi le coste italiane.

Salvini è così. Dell’interesse del Paese e pure dei migranti non gli interessa nulla. A lui importano solo i primi piani durante i tiggì e la propria micidiale macchina propagandistica (la Bestia, mai nome fu più azzeccato) che deve colpire duramente la pancia degli elettori, che deve scatenare la rabbia contro il “diverso”, meglio ancora se nero, per raccogliere voti, più voti possibili.
Non per nulla, proprio perché la “sua” Lega sprofonda settimanalmente nei sondaggi, quando ancora Giorgia Meloni non aveva ancora fatto il discorso d’investitura al Senato (scorrettezza politica), il Salvini aveva già convocato l’ammiraglio della Guardia Costiera per pianificare il suo nuovo show: l’assalto alla prima nave che si sarebbe presentata in un porto italiano. Un’occasione personale da non perdere. La premier sapientemente gli aveva negato il ritorno al Viminale? Uno schiaffo. Ma lui si è subito mosso per aggirare l’ostacolo.
Ci sono voluti pochi giorni per trasformare una sceneggiata elettorale, una prova di muscoli nel tentativo di richiamare gli elettori perduti, in una crisi diplomatica con il Paese che ci era più vicino, la Francia, forse l’unica che ci può aiutare. Con una mossa scriteriata – sono le uniche che sa fare -, Salvini ha cancellato l’importante passo avanti che Giorgia Meloni aveva fatto con il presidente Macron. Un passo avanti per seguire l’importante lavoro diplomatico fatto in precedenza da Mario Draghi.
Sul fatto che l’Unione Europea mai abbia voluto affrontare seriamente il problema difficile dell’immigrazione, io credo, siamo tutti d’accordo. E mi auguro siano tutti consapevoli che gli altri Paesi europei – numeri alla mano – si facciano carico di un numero esorbitante, rispetto a noi, di uomini e donne che fuggono dalle guerre o dalla fame. Così come è stato dimostrato infinite volte che la maggioranza degli stranieri che arrivano in Italia, poi, si trasferiscano negli altri Stati del nostro continente. Certo, ci sono le leggi del mare, ma anche i più complessi trattati che dovrebbero regolare queste migrazioni. Torti e ragioni stanno da tutte le parti. Ma è conclamato che ora non esista nessuna emergenza.
Il presidente del Consiglio, che ha ottenuto la maggioranza dei voti tra quelli che sono andati a votare, è attesa da un periodo di gravissima crisi, che nessuno sa dire quanto sarà lungo. Qualcuno dice il peggior periodo della storia repubblicana del nostro Paese. Non è certo il momento per disturbare il manovratore. C’era davvero bisogno, in questo drammatico contesto, di dare vita a un inutile quanto sciagurato incidente diplomatico?
Non ho votato questa maggioranza, ma questa maggioranza ha il diritto e, soprattutto, il dovere di governare. E di impegnarsi in cose ben più importanti di novecento poveri disgraziati che cercano pace o fuggono dalla povertà. Soprattutto nel giorno in cui la Coldiretti chiede disperatamente centomila migranti che aiutino la nostra agricoltura, bene fondamentale per tutti e per il made in Italy.
Giorgia Meloni, che dobbiamo tutti sostenere perché significa sostenere noi stessi, non può trovarsi la strada sbarrata da mine che Salvini, sempre e solo per motivi elettorali, dissemina qua e là per affermare se stesso fregandosene del bene comune. Nessuno, nemmeno lei, sa che sarà altezza del compito che le tocca. Proprio per questo, specialmente ora che è all’inizio del proprio mandato, ha bisogno di una squadra compatta che l’assecondi e la consigli, che le renda ogni cosa meno difficile. Non è il momento dei guastatori. È un governo appena nato e già malato. Perché Salvini, come una metastasi, tenta di distruggere ogni cellula dell’organismo. Giorgia Meloni deve fermarlo. Per se stessa e anche per il Paese. Un Paese che vuole sicurezza.
Meglio che la trasparente controfigura del leader della Lega, il neo ministro dell’Interno si metta a lavorare. Non sui rave o su novecento migranti, ma su quello che vogliono gli italiani, la sicurezza. Se lo sa fare.
Nicola Forcignanò