
Il colloquio fra Donald Trump e Volodymyr Zelensky, nella Basilica di San Pietro, ha impressionato tutti. Il presidente ucraino lo ha definito “un incontro altamente simbolico che potrebbe diventare storico”.
La Casa Bianca ha confermato il giudizio positivo. Perché questo evento è accaduto nel cuore della cristianità? Qualcuno su Twitter ha commentato: “Non è un caso che la Chiesa cattolica sia la più antica istituzione mondiale”. È anche la più alta autorità morale. Perciò tanti leader mondiali sono convenuti alle solenni esequie di Francesco. Oltre al luogo infatti c’è la circostanza storica: “Vedere i due leader parlare sulla pace al funerale del ‘Papa della pace’ ha un significato enorme”, ha detto Giorgia Meloni. Il continuo appello di Francesco per far tacere le armi è in totale consonanza con i Papi del Novecento, dalla denuncia dell’“inutile strage” di Benedetto XV (durante la Prima guerra mondiale) a oggi.
In un editoriale su Libero, il giornalista scrittore Antonio Socci evidenziava che tutti i pontefici hanno messo in guardia dal pericolo degli armamenti moderni e in particolare dagli arsenali atomici. Per questo Francesco ha messo in guardia continuamente dal rischio di scivolare in una Terza guerra mondiale. Socci ricorda la Consacrazione della Russia e dell’Ucraina al Cuore Immacolato di Maria, di Papa Francesco il 25 marzo 2022, all’inizio del conflitto ucraino, in obbedienza alla richiesta della Madonna di Fatima – Consacrazione che già era stata fatta da Giovanni Paolo II negli anni Ottanta (si è poi saputo che in quei mesi si rischiò davvero il conflitto atomico). Ora con lo statista Trump, irriso dai media “illuminati”, sembra scongiurato il pericolo della guerra atomica. “Le vie della Provvidenza sono infinite e hanno unito il Papa e il presidente americano per questa nobile opera. Se il colloquio di San Pietro sarà un passo avanti nel processo di pace si sarà onorata nel modo più bello la memoria di Francesco”. (Antonio Socci, Un tempo apocalittico. Benedetto XVI, Francesco e la ‘profezia di Malachia’, 27.4.25, Libero)
Il giorno dopo sempre sul quotidiano Libero, Socci ci offre una interessante riflessione storica, anche sugli aspetti simbolici (il funerale e il colloquio Trump-Zelenski) che si sono svolti proprio nella nostra capitale. (Roma, il Papa(to) e Giorgia. Il destino dell’Italia, 28.4.25, Libero) Nel Libro curato dall’amico Wlodzimierz Redzioch, “Accanto a Giovanni Paolo II”, il Cardinale Camillo Ruini, sostiene che “Giovanni Paolo II aveva una grande consapevolezza dell’importanza di Roma e della sua apertura universale, che corrisponde all’apertura universale del pontificato del vescovo di Roma”. In particolare il papa polacco riteneva che “il rapporto con Roma non era qualche cosa di accessorio, era la radice stessa del pontificato”. Inoltre Wojtyla era convinto che, “la Chiesa italiana non fosse abbastanza consapevole delle sue grandi ricchezze e potenzialità, anche della sua responsabilità”.
Socci citando Le Monde, che in prima pagina ha titolato: “La piazza San Pietro di Roma trasformata in centro del mondo” . Infatti, l’avvenimento storico del funerale di Papa Francesco, mostra, ancora una volta, che l’importanza di Roma nel mondo è indissolubilmente legata alla Chiesa che si definisce cattolica, apostolica e – non a caso – romana. Dove “romana” ha addirittura, per Dante, una proiezione eterna (“sarai meco sanza fine cive/ di quella Roma onde Cristo è romano”). “È a questa “corte” che sono convenuti tanti capi di stato come pure, secondo le volontà di Francesco, poveri, senzatetto, detenuti e rifugiati”. “E Giorgia Meloni – che è cattolica e romana – lo sapeva – scrive Socci – Perciò con discrezione ha lasciato che fosse questa Roma a parlare a tutti (infatti lei non ha avvertito il bisogno di sgomitare e imbucarsi come un Macron o di cercare foto opportunità come uno Starmer)”.
Tutti hanno rilevato che sia il governo italiano che quello vaticano hanno realizzato un’organizzazione perfetta dell’evento. Un rispetto dovuto al Papa di cui si celebravano le esequie e che il Capo del Governo “si sentiva figlia (è quello che i faziosi non capiscono). Ha voluto che la sua figura e la Chiesa di Roma fossero in primo piano. Socci insiste nel sottolineare che, “Roma del resto non è solo il cuore della più grande religione del mondo, ma è l’Italia”. E’ la sua storia e sintetizza la sua identità. Le sue pietre sono lì da quando Roma, già nel I secolo a C, si definiva“Urbs aeterna, Caput mundi”. Quella Roma in cui si ritrovano Atene e Gerusalemme, quella Roma che Dante vedeva ancora come capitale di un impero di pace universale (erede del Sacro Romano impero). Quella Roma che ha suggerito tutti, dagli Zar ai padri fondatori degli Stati Uniti d’America, quella Roma che“partorì” ciò che oggi chiamiamo Europa”. Infatti, è qui che nel 1957 fu firmato il Trattato istitutivo della Comunità economia europea. Pertanto, Roma ha fatto la storia. In particolare dell’Italia e anche dell’Europa e dell’Occidente. Ma Roma non è solo questo. E se Stalin ironizzava perché il Papa non ha eserciti.“Non capiva che il “potere spirituale” della Chiesa romana, fondata sui martiri, è ben più forte dei cannoni e dei regimi politici, che infatti crollano e passano. Per questo la Chiesa attraversa i secoli”. Il giornalista continua a ricordarci un po’ di Storia della Chiesa, ma anche dell’Italia, un Paese unico al mondo, proprio perché c’è il Papato. Ricorda senza voler riaprire diatribe conflittuali in merito a come è stata realizzata l’unità d’Italia. Certamente c’è stata “un’élite che fu disgraziatamente conflittuale nei confronti del Papato di cui il popolo italiano era fedele”. Ci furono errori anche da parte clericale”. Tuttavia, “la nascita divisiva dell’Italia unita privò la nostra storia nazionale della sua grandezza”. Tutto questo è stato notato da Fëdor Dostoevskij che pure, da duro ortodosso, non amava affatto il Papato e la Chiesa Cattolica. Scrisse: “Chi, in questi due millenni e mezzo, ha vissuto in Italia, ha sempre saputo o presentito di essere il portatore di un’idea universale. I popoli cresciuti e scomparsi in questi due millenni e mezzo in Italia comprendevano che erano i portatori di un’idea universale, e quando non lo comprendevano, lo sentivano e lo presentivano. La scienza, l’arte, tutto si rivestiva e penetrava di questo significato mondiale”. Poi “che cosa è venuto al suo posto, per che cosa possiamo congratularci con l’Italia, che cosa ha ottenuto di meglio dopo la diplomazia del conte di Cavour? È sorto un piccolo regno unito di second’ordine, che ha perduto qualsiasi pretesa di valore mondiale (…), un regno soddisfatto della sua unità, che non significa letteralmente nulla, un’unità meccanica e non spirituale (…) e per di più pieno di debiti non pagati e soprattutto soddisfatto del suo essere un regno di second’ordine. Ecco che cosa è diventato il grande popolo italiano, che ha generato Dante, Michelangelo, Raffaello”.
Ci sono voluti molti anni per la pacificazione dello Stato italiano con il Papato e la Chiesa, con l’anima cattolica del nostro popolo, e per riconquistare tutta la bellezza della storia e dell’identità italiana .
Dostoevskij appare sprezzante e ingiusto verso l’ideale risorgimentale, ma in realtà amava l’Italia per la sua grandezza spirituale e culturale. Marcello Veneziani ha osservato che “i n fondo Dostoevskij abbracciava da russo e ortodosso, l’idea cattolica e giobertiana del primato mondiale e civile d’Italia che trascendeva dalla sua unificazione statuale, anche se la prefigurava” .
Oggi che Roma capitale d’Italia e Roma cuore della cristianità universale sono in armonia la classe politica italiana deve elevarsi dalla prosa delle polemiche di giornata e avere un orizzonte più alto. Perché l’Italia ha una missione nel mondo. Senza protagonismi sciocchi, ma ce l’ha. Questa consapevolezza è ciò che distingue l’attuale governo dall’opposizione.
Domenico Bonvegna