LAVORO: UN MILIONE DI POSTI IN PIU’, MA CIG IN AUMENTO

Durante questi primi tre anni di governo Meloni, il numero complessivo degli occupati presenti in Italia è cresciuto di un milione di unità. Nello scorso mese di agosto, infatti, gli addetti totali hanno raggiunto quota 24,1 milioni. Il record storico è stato comunque registrato il mese prima, quando, a luglio, la platea dei lavoratori italiani ha raggiunto la soglia di 24,2 milioni di unità. 

A queste note positive si contrappone, purtroppo, l’andamento della cassa integrazione (Cig). Nel primo semestre di quest’anno, a confronto con lo stesso periodo del 2024, il numero delle ore autorizzate è salito di quasi il 22 per cento.  Nei primi sei mesi del 2025 l’ammontare ha toccato i 305,5 milioni di ore, 54,7 milioni in più rispetto allo stesso periodo del 2024. Analizzando le singole tipologie di intervento, notiamo che la Cig in deroga (Cigd), sebbene sia costituita da un monte ore molto contenuto, è crollata del 70 per cento, la Cig ordinaria (Cigo) è cresciuta “solo” del 7,3 per cento, mentre la Cig straordinaria (Cigs) ha subito una impennata del 46,4 per cento. Un incremento, quest’ultimo, molto allarmante che segnala inequivocabilmente le difficoltà che in questo periodo stanno vivendo alcuni settori, in particolare della nostra manifattura. La segnalazione giunge dall’Ufficio studi della CGIA.

Più lavoratori, ma retribuzioni al palo

In questi primi tre anni di governo, i risultati ottenuti in materia occupazionale sono stati certamente positivi, anche se il merito è riconducibile più agli imprenditori che alla politica. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che con una crescita che negli ultimi tre anni è stata sotto l’1 per cento, all’aumento dell’occupazione non è corrisposto un incremento altrettanto importante della produttività, almeno nel settore dei servizi e del terziario. Pertanto, gli stipendi degli italiani, che mediamente sono al di sotto della media europea, faticano a crescere adeguatamente.

Inoltre, il tasso di occupazione femminile rimane tra i più bassi in UE, mentre i NEET presentano ancora dimensioni preoccupanti. Ora, con una produzione industriale che stenta a riprendersi e il deciso aumento del ricorso alla cassa integrazione, il quadro generale presenta più ombre che luci. Pertanto, se non vogliamo scivolare verso una crisi strisciante che – a seguito delle tensioni geopolitiche e della transizione digitale ed ecologica – ha già coinvolto la Germania e la Francia, dobbiamo spendere bene e presto i soldi del Pnrr. Con la messa a terra entro il mese di giugno 2026 degli oltre 100 miliardi di euro che abbiamo ancora a disposizione, possiamo dare un contributo importante all’ammodernamento del Paese ed evitare una nuova crisi che, ribadiamo, ha già messo in seria difficoltà sia Berlino che Parigi.