“LA FAMIGLIA E’ LA CHIAVE DELLA SICUREZZA” AL CENTRO DELLA POLITICA NELLA “CATTIVA UNGHERIA”

Dal 14 al 16 settembre scorso a Budapest in Ungheria (ma non si è accorto nessuno) si è svolta la quinta conferenza internazionale, “Budapest Demographic Summit”, si tratta del più importante forum strategico internazionale sulle questioni demografiche dal 2015 e si celebra ogni due anni. Quest’anno, in Ungheria erano presenti 60 tra capi di Stato e di governo, leader ecclesiastici, opinionisti, personalità dei media e leader di ONG provenienti da quattro continenti hanno condiviso un programma ricchissimo di occasioni per favorire riflessioni e confronti su promuovere un futuro sicuro e fecondo per le famiglie.

 

Promotrice dell’evento, dapprima nella veste di Ministro per la famiglia e animatrice anche da Presidente della Repubblica, è Katalin Novak che ha ricordato nei suoi interventi di apertura come l’Ungheria sia divenuta la “Mecca” del pensiero e del confronto sulle varie esperienze di politiche famigliari, per le quali non sono necessari solo sussidi e incentivi finanziari, ma anche una vita sociale, civile e culturale orientata alla famiglia.

«Essere a favore della famiglia dovrebbe essere un minimo comune denominatore nazionale», ha sottolineato il Presidente della Repubblica Katalin Novák all’apertura della conferenza e proseguito elencando i 12 punti e impegni per la libertà delle famiglie ungheresi: «Dobbiamo avere la libertà di crescere i nostri  figli, liberi da ideologie dannose. Non possiamo permettere che i nostri figli siano privati del loro senso di sicurezza basato sulla loro identità e autocoscienza. Dobbiamo avere al potere un governo e legislatori favorevoli alla famiglia. L’Ungheria non deve dare il suo consenso a decisioni anti-familiari su questioni internazionali. Sicurezza per le nostre famiglie: gli asili, le scuole, i villaggi, le città, il Paese e i confini devono rimanere sicuri. Opportunità adeguate per chi ha figli: non dobbiamo permettere che chi ha un figlio rischi di essere trascinato nella povertà. Non dobbiamo permettere che le difficoltà economiche impediscano di avere figli. Dobbiamo avere rispetto per gli anziani. Dobbiamo garantire una vera libertà di scelta alle donne, evitare che debbano scegliere tra la famiglia e la carriera. Dobbiamo aiutare i giovani a trovare un alloggio per loro stessi. Dobbiamo avere un’istruzione pubblica competitiva, un’istruzione professionale, un’istruzione superiore e un sistema sanitario pubblico. Dobbiamo prestare attenzione alle famiglie ungheresi che vivono oltre i nostri confini».

Il Primo ministro Viktor Orban nel discorso di apertura del Summit, ha affermato che «L’Ungheria è il paese europeo, insieme alla Polonia, più convinto e persistente sostenitore delle famiglie e della demografia nella politica nazionale ed internazionale e questo non cambierà nonostante le pressioni liberali». Inoltre  Orbán ha sottolineato che nonostante gli attacchi che riceve l’Ungheria da parte di un certo mondo progressista dell’Ue per la sua politica a favore della famiglia, come previsto dalla Costituzione per la quale «la madre deve essere una donna, il padre deve essere un uomo», il suo governo proseguirà nelle politiche pro-famiglia.

All’importante summit ha partecipato il nostro presidente del Consiglio Giorgia Meloni, con un accalorato discorso, vi propongo una sintesi qui di seguito.

Stiamo lavorando per imprimere una svolta culturale, la grave crisi demografica investe l’Italia, ma anche tutta l’Europa, e sta contagiando ormai vaste aree del mondo, particolarmente l’intero Occidente. Una crisi che ha origini lontane e radici che affondano sul mito della denatalità e di una impostazione culturale ormai diffusa generalmente ostile alla famiglia. Fino a pochi decenni fa i figli si facevano anche in tempo di guerra o in situazioni di povertà, perché rappresentavano una ricchezza per le famiglie che si prendevano cura dei loro anziani. Oggi a fare meno figli sono spesso le Nazioni più sviluppate, pertanto non è solo una questione puramente materiale, bisognerebbe indagare più nel profondo, e cercare le risposte necessarie. Tuttavia non si esagera quando si sostiene che le proiezioni dei demografi per il futuro sono molto sconfortanti.

Un altro motivo di questa crisi deriva da come si affronta la questione dal punto di vista culturale e mediatico. Pensiamo ad esempio a quanto sono cambiati negli anni i modelli sociali che ci vengono proposti nelle pubblicità, nel mondo del cinema e della tv, nel mondo. Una comunicazione che ha visto gradualmente sbiadire l’immagine-tipo della famiglia con bambini a vantaggio di una comunicazione a misura di single, che vede il cittadino-consumatore nella sua dimensione individuale, sganciato dalle sue appartenenze comunitarie, a partire dalla prima delle comunità che è la famiglia.

La Meloni non dimentica la reazione becera e ironica dei perbenisti quando lei durante un discorso ha detto provocatoriamente, “Io sono Giorgia, sono una madre, sono una donna, sono italiana, sono cristiana, non me lo toglierete”. Un attacco che si è rivelato un boomerang. Forse hanno sottovalutato il modo in cui quelle parole sarebbero state accolte. Quelle parole descrivevano la nostra identità nazionale, la nostra identità familiare, la nostra identità religiosa e quindi la consapevolezza di essere capaci di difenderli. “Senza questa identità, siamo solo numeri, numeri inconsapevoli, strumenti nelle mani di chi vuole usarci. Per questo penso che una grande battaglia per chi difende l’umanità e i diritti delle persone sia anche quella di difendere le famiglie, sia anche quella di difendere le nazioni, sia anche quella di difendere l’identità, sia anche quella di difendere Dio e tutto ciò che ha costruito la nostra civiltà”.

Questa non è una battaglia di retroguardia, poco importa se i giornali non daranno spazio a questa iniziativa, quello che importa che diversi esponenti istituzionali di diverse nazioni, diverse latitudini e diversi orientamenti politici sono qui a confrontarsi su questo tema così decisivo. Occorre invertire la tendenza della denatalità, per questo dobbiamo investire risorse a sostegno della famiglia e dei figli è essenziale. Come sta facendo l’Ungheria con buoni risultati. Lo ha richiamato anche Papa Francesco nel corso del suo viaggio apostolico in Ungheria dello scorso aprile. L’esempio ungherese ci dice che le cose possono cambiare, se si vuole che cambino. Occorre la volontà e il coraggio di fare le misure giuste e investimenti importanti.

Oggi in Ungheria il tasso di natalità è aumentato, il numero di matrimoni è aumentato, il tasso di occupazione generale è aumentato e – cosa molto importante – è aumentato il tasso di occupazione femminile. Importante questo che smentisce l’idea portata avanti da molti secondo la quale incentivare la natalità significherebbe disincentivare il lavoro femminile. Come se le due cose non fossero compatibili, come se le donne dovessero essere comunque condannate a sacrificare il lavoro o la maternità. E’ falso. Quello che ci dice l’esempio ungherese è esattamente il contrario: ci dice che sviluppando politiche orientate alla famiglia, sposando un approccio culturale family-friendly con politiche concrete a sostegno delle famiglie con bambini e della conciliazione famiglia-lavoro, in particolare per le mamme, si può restituire alle donne la libertà di poter mettere al mondo dei figli senza per questo rinunciare a una carriera e di poter avere una carriera senza per questo rinunciare a mettere al mondo dei figli. La premier italiana ricorda la sua situazione personale di mamma, nonostante le difficoltà riesce a conciliare i suoi impegni. I figli rendono le donne più forti anche nel lavoro che svolgono, non sono un limite. Quindi vogliamo garantire questa libertà e dunque quella ungherese su famiglia e natalità è un’esperienza importante, e lo voglio dire perché l’Italia la guarda con interesse e ammirazione per i risultati raggiunti.

A questo punto la Meloni ricorda l’impegno del suo governo a favore delle politiche familiari, è solo l’inizio, si è tracciato una direzione, mettendo insieme il criterio della famiglia, il criterio della natalità, il criterio della conciliazione tra lavoro e vita familiare, al centro di ogni provvedimento che stiamo facendo. Ma soprattutto occorre che l’azione di governo aiuti a creare un nuovo clima culturale.

Che non sia quello di chi sostiene che la diminuzione della popolazione non sia un male. A questo proposito Meloni indica quegli enti internazionali che hanno fatto politiche esplicite di controllo demografico e promozione della denatalità. Ora che con ogni evidenza siamo di fronte al problema opposto, mettere questo tema al centro delle politiche suscita paradossalmente ancora fastidio.

Per Giorgia Meloni occorre sconfiggere quell’abitudine, quell’idea, che il declino sia un destino. Il declino non è un destino, il declino è una scelta e noi non la faremo mai. Certo oggi ci vuole coraggio come l’ha avuto l’Ungheria, la presidente Katalin

a parlare di famiglia, che non toglie niente a nessuno, anzi aggiunge a tutti qualcosa. Tutti siamo nati dentro una famiglia. L’importanza di avere famiglie sane, lo si vede quando succedono le aberrazioni di Caivano, nelle cosiddette “zone franche”, dove lo Stato da tempo sembra che si sia ritirato. Qui il governo intende spronare le famiglie a recuperare le responsabilità che appartengono loro, in campo educativo, nella crescita dei figli, nel controllo dei contenuti ai quali le tecnologie li espongono fin da piccolissimi, nella frequenza scolastica.

Lo Stato non deve sostituirsi alla famiglia, e dove nella storia si è tentato di farlo – com’è successo nell’Europa dell’Est sotto il dominio sovietico – gli esiti valgono come monito per tutti a non ripetere l’esperimento. A questo punto Meloni interviene sulle polemiche storiche sui fatti del 1956. Quella Rivoluzione del 1956, non fu solo la rivolta contro un dominio straniero ma anche la rivolta contro chi tentava di distruggere i fondamenti alla base dell’identità di un popolo: famiglia, religione, appartenenza nazionale. Sono pagine di storia che non possono essere riscritte e che nessuna operazione propagandistica di oggi potrà mai strappare. E pagine di storia che rivediamo oggi in Ucraina e che non possiamo accettare. Il nostro presidente del Consiglio conclude il suo discorso ricordando le parole di Papa Francesco durante la sua visita qui a Budapest, occorre che l’Europa metta le politiche per la famiglia e per la natalità al centro, accompagnando gli Stati nazionali verso un maggiore coordinamento, nel rispetto autentico del principio di sussidiarietà. Dimostrando, insomma, di aver compreso appieno la portata della sfida culturale, sociale ed economica che stiamo affrontando. “Un’Europa – ha detto Papa Francesco – centrata sulla persona e sui popoli, dove vi siano politiche effettive per la natalità e la famiglia, (…) dove nazioni diverse siano una famiglia in cui si custodiscono la crescita e la singolarità di ciascuno”. È questa anche la nostra speranza, ma soprattutto è questo il nostro impegno.

In apertura del mio intervento lamentavo che la stampa non si è occupata di questo importante Simposi, soltanto la nuovabussola con un articolo di Luca Volontè lo ha fatto. (Luca Volontè, Denatalità, i numeri premiano la “cattiva” Ungheria, 20.9.23, lanuovabq.it)

Invece sarebbe stato interessante dare uno sguardo ai primi risultati delle decennali politiche ungheresi a favore della famiglia. Dal 2010, il reddito delle famiglie con un solo figlio è raddoppiato, mentre quello delle famiglie con più figli è triplicato. Una famiglia su cinque ha una nuova casa e i dati recenti dimostrano come tre bambini su quattro nascono in famiglia unita, mentre i nati fuori dal matrimonio diminuiscono. Se è vero che nel 2021, la Francia aveva registrato il tasso di fertilità più alto tra gli Stati membri dell’UE, con 1,84 nati vivi per donna, secondo Eurostat e la media per l’intera UE era di 1,53, nell’ultimo decennio a spiccare per il robusto trend di crescita del tasso di fertilità, a seguito delle massicce politiche famigliari e favorevoli alla natalità, è proprio l’Ungheria.

Inoltre, gli ultimi 12 anni si è registrato il maggior aumento della disponibilità ad avere figli rispetto agli altri paesi d’Europa. Dati confermati dall’eccellente Ministro Gergely Gulyás e che mostrano come nel 2010, quando il governo ha introdotto una nuova politica famigliare e demografica, il tasso di fertilità era pari a 1,23, mentre nel 2021 era salito al 1,59. Ciò rappresenta un aumento del 25,6%, che rende l’Ungheria il Paese con il più alto tasso di fertilità totale dell’Unione Europea nell’ultimo decennio. Credibile quindi la prospettiva ungherese, se si manterrà al governo una compagine di politici sensibili e pro attivi alle politiche per famiglia e natalità, di arrivare nel prossimo decennio al tasso di fertilità di 2,1 figli per coppia. Avere figli è una decisione sovrana per le famiglie ma, compito di governanti e legislatori, oltre che degli uomini di cultura e dei mass media, è quello di migliorare le opportunità di giovani, genitori e famiglie, attraverso un ampio spettro di politiche che ne rispettino la libertà e sostengano il desiderio di posterità.

DOMENICO BONVEGNA

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