Italia a droga zero. Il ministro ci è o ci fa?

“Voglio vivere in paese dove i miei figli crescano con la certezza che chi spaccia droga di qualunque genere e quantita’ finisca in galera, almeno per un buon periodo di tempo. Droga zero: è questo l’obiettivo e sono sicuro che ci arriveremo”. Lo ha detto il ministro e vice premier, Matteo Salvini, nel corso della presentazione del potenziamento della stazione di Rogoredo. “Serve repressione al boschetto di Rogoredo. Purtroppo quando c’è di mezzo lo spaccio non si legge quasi mai di arresti, ma di denuncia. Per finire in galera da spacciatore devi spacciare tanto e questo e’ inammissibile”, ha aggiunto Salvini.

 

Queste parole sono significative perché provengono non tanto da un leader di partito ma dal ministro dell’Interno, ministro di tutti noi governati. La domanda è lecita: il ministro ci è o ci fa? Cioé siamo di fronte al comportamento di una persona che fa venire il dubbio che dica quel che dice in modo artificioso o meno? Non possiamo non pensarlo e crederlo, senza malizia, visto che ci risulta che il nostro ministro sia persona di vita, informata. Poi, è ovvio, ognuno usa le informazioni come ritiene più opportuno, ed è qui che si sviluppa la differenza di opinioni, di analisi, di progetti, di aspettative e di speranze.
Il nostro ministro, quindi: “Droga zero: è questo l’obiettivo e sono sicuro che ci arriveremo”. Siamo ovviamente curiosi di sapere da cosa nasca questa sua sicurezza, e temiamo che la nostra curiosità non solo non verrà mai soddisfatta, ma ci potrebbe anche nuocere alla salute mentale e fisica.
Per portare l’Italia all’obiettivo “droga zero” occorrerebbe, nella logica del nostro ministro, che chiunque avesse a che fare con le droghe illegali fosse severamente punito. Le espressioni del nostro a significare una metodologia da lui più volte auspicata sono molteplici: marcire in galera, mettere in galera e buttare le chiavi, etc.. Espressioni, per l’appunto, visto che, quand’anche tutti questi soggetti che hanno avuto a che fare con la droga dovessero finire dietro le sbarre, non sarebbero soggetti agli auspici di cui sopra: al momento le leggi ci dicono che le pene carcerarie debbano essere improntate alla rieducazione del reo e alla sua preparazione per il reinserimento sociale. E sempre queste leggi ci dicono che se ti fai uno spinello ti tirano le orecchie ma non finisci in galera, e che la detenzione ad uso personale di sostanze illecite non è un reato.
Non solo, ma “droga zero” non è proprio quello che accade, e viene normato, da tutti gli altri partner Ue, inclusi quelli più vicini al nostro vice-ministro (Ungheria, Polonia, etc). Certo, siamo abituati a sentire cose tipo “Ue-merda”, ma nello stesso tempo siamo partecipi del tormento dei partiti di governo per avere un posto di rilievo nella nuova Commissione di Barbara Von Der Leyen… e quindi qualcosa non ci torna. Certo, la coerenza non sempre è la virtù dei forti… e quindi digeriamo anche questo.
Ma sui figli ci arrabbiamo di più. Anche se i nostri figli non provano le moto d’acqua della Polizia ma piuttosto si fanno una canna ogni tanto… non per questo dobbiamo dimenticare la loro educazione ed affidarli alle politiche “droga zero”.
Ok, signor ministro. Abbiamo un po’ giocato sulle parole e sui fatti. Ma ci aiuti: tra galere in cui si marcisce con porte sigillate a fuoco e le chiavi buttate, e “droga zero”… cominciamo a non capirci più nulla. A noi ci piace prendere sul serio tutte le persone, a maggior ragione quelli che hanno un’investitura importante nell’Esecutivo del Paese, sì da poter interloquire sul fare e disfare… ma chiediamo un aiutino di razionalità e di realtà. Grazie

Vincenzo Donvito, presidente Aduc