IL PUNTO DI VISTA: GIORGIA MELONI AVVICINA I CATTOLICI ALLA DESTRA DI GOVERNO

Non so fino a che punto è stato apprezzato il magnifico discorso che ha tenuto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni al Meeting di Rimini il 27 agosto scorso. Com’era prevedibile ha suscito diverse reazioni, di critica da parte della sinistra, ma anche da certa destra. Certamente è stato definito straordinario ed estremamente positivo dal responsabile nazionale di Alleanza Cattolica, Marco Invernizzi e dal giornalista Antonio Socci, entusiasti come non mai.

Inizio con Socci per non sembrare troppo di parte. Socci è intervenuto ben tre volte sul programmatico discorso della Meloni, una prima volta (Meloni vince 5 a 0 su Draghi [Ridicolizzato il tentativo di qualcuno di usare il Meeting per ‘lanciare’ Draghi, 28.8.25, Libero) In questo intervento Socci smonta la lunga storia politica di Draghi da oltre trent’anni ai vertici della tecnocrazia europea. A Rimini ha fatto un arido discorsetto sull’Ue che ora non conta nulla perché ha sbagliato tutto. Ma Draghi non ci pensa neanche a fare autocritica. Continua a perseverare negli errori come la delegittimazione delle sovranità nazionali. Inoltre, Socci scopre la pochezza culturale dell’intervento del tecnocrate abile ma non eccelso. Peraltro conosciuto per le sue battute infelici tipo quella sul condizionatore. Per quanto riguarda il discorso della Meloni, Socci sottolinea la sintonia con gli organizzatori del grande evento.

A cominciare dal riferimento al poeta inglese Eliot che parla di operai che costruiscono una chiesa in un deserto urbano che, dice Meloni, è metafora del deserto esistenziale, “un luogo dove gli uomini sono ridotti a ‘bottiglie vuote’, ad ‘alveari senza miele’, un mondo vinto dal nulla, dove non c’è spazio per una tensione spirituale”. Un luogo dove “gli individui sono senza identità, senza memoria, senza appartenenza nazionale, familiare o religiosa”. La premier vuole un mondo diverso. E scende nei dettagli di quello che sta facendo. Rivendica la sua prima missione: “che l’Italia si riappropri del posto che le spetta nel mondo. Forte, fiera, schietta e leale: in una parola, autorevole. E oggi sono fiera del fatto che l’Italia venga vista così a livello internazionale; che non venga più considerata la grande malata d’Europa “.

In effetti tutto il mondo (a partire dagli investitori internazionali) glielo riconosce e questo, insieme alla solidità del governo, ha le sue buone ricadute economiche. Vuole una UE “che faccia meno e lo faccia meglio, che non soffochi gli stati nazionali”, una UE “capace di riscoprire la propria anima e le proprie radici. Sì, anche quelle culturali, anche quelle religiose colpevolmente negate anni fa “.

Quindi la premier enuncia gli obiettivi strategici dell’Italia: combattere la “desertificazione produttiva” e il crollo demografico.

Ci fermiamo, ma il discorso della premier va ascoltato per intero perché è un intervento da statista. Cosa rara in Italia. C’è visione politica, tensione ideale, autorevolezza, pragmatismo, decisione e coraggio. E poi i risultati concreti. Il discorso di Draghi non regge il confronto. Il secondo intervento del giornalista cattolico (Repubblica contro Meloni e Cl sull’immigrazione ma…, 30.8.25, Libero) si concentra sulla questione immigrazione. Meloni sempre nel suo discorso (fatto a braccio) ha detto: «Ci interessa codificare e difendere il diritto a non dover emigrare» e poi, «perché è assolutamente vero ciò che ci ricorda un grande uomo di Chiesa come il Cardinal Robert Sarah, quando dice che chi ritiene le migrazioni necessarie e indispensabili compie, di fatto, un atto egoistico. “Se i giovani lasciano la loro terra e il loro popolo – si chiede Sarah -, rincorrendo la promessa di una vita migliore, che ne sarà della storia, della cultura, dell’esistenza del Paese che hanno abbandonato? Per questo l’Italia, con questo Governo, ha svolto un ruolo che io considero decisivo per cambiare l’approccio europeo nei confronti di questa sfida».

L’idea forte della premier, oltre al controllo delle frontiere che azzeri le partenze ei naufragi dei migranti, è il Piano Mattei per l’Africa: «a differenza di altri attori non abbiamo secondi fini, non ci interessa sfruttare il Continente africano … Ci interessa che l’Africa prosperi assieme a noi processando le sue risorse, coltivando i suoi campi, dando lavoro e una prospettiva alle sue energie migliori, potendo contare su governi stabili e società dinamiche. Abbiamo lavorato per delineare questo nuovo approccio, che stiamo declinando attraverso il Piano Mattei per l’Africa, la strategia che l’Italia sta portando avanti insieme alle Nazioni africane per favorire investimenti di qualità e grandi progetti in campo infrastrutturale, energetico, produttivo e soprattutto di valorizzazione del capitale umano”. Sarah, è africano, è la voce dei vescovi africani: «Tutti i migranti che arrivano in Europa sono senza un soldo, senza lavoro, senza dignità…

La Chiesa non può cooperare con questa nuova forma di schiavitù diventata migrazioni di massa. Se l’Occidente continua in questo modo fatale, c’è un grande rischio che, a causa della mancanza di nascite, sparisca, invaso dagli stranieri, proprio come Roma è stata invasa dai barbari». Il cardinale continua nella sua discettazione accusando chi vuole globalizzare il mondo per cancellare le nazioni. “Il popolo ebraico dovette andare in esilio, ma Dio lo riportò nel suo paese. Cristo dovette fuggire da Erode in Egitto, ma tornò nel suo paese alla morte di Erode. Tutti devono vivere nel loro paese. Come un albero, ognuno ha il suo suolo, il suo ambiente in cui fiorisce perfettamente.

È meglio aiutare le persone a prosperare nella loro cultura piuttosto che incoraggiarle a venire in Europa in uno stato di degrado. È una falsa esegesi usare la Parola di Dio per valorizzare la migrazione». Il terzo intervento (Ma i catto-piddini che lamentano gli applausi del Meeting alla Meloni sono ancora cattolici se applaudono la Schlein su tutto [“compresi i temi eticamente sensibili]”? 31.8.25, Libero) Qui Socci si occupa delle interviste sul discorso fatte a Rosy Bindi, a Graziano Delrio e quella a un (ex? post?) comunista, Gianni Cuperlo. “È la solita storia, come i vecchi film di “Don Camillo e Peppone” su Rete 4, ma mentre questi ultimi continuano a divertire, hanno attori eccezionali e li rivedi volentieri, le repliche del Pd hanno il sapore della ribollita che ormai ha la muffa alta come un piumone”. Nel Pd ormai è un fondale di un teatro cadente per personaggi in cerca d’autore.

Non siamo più quando c’era il vecchio Pci, o la vecchia Dc, dove ognuno faceva il suo mestiere. Vi risparmio le citazioni e l’ironia di Socci su Cuperlo. Sostanzialmente ormai il Pd che ha vissuto di rendita, ormai è alla frutta è ridotto ad affidarsi ad una segretaria la Schlein che è un fritto misto fra il Leoncavallo, il Gay Pride, il M5S e un comizio Pro-Pal, non sanno più come raggiungere l’elettorato cattolico e quello moderato e riformista. Intanto, la Schlein balbetta, che sembra una scivolata su una buccia di banana: “Nel Pd piena accoglienza per i cattolici alla Bergoglio” (titolo della Stampa).

Facendo capire così che per i compagni il Pd è il vecchio Pci mascherato ei cattolici sono ospiti, non comproprietari. Mario Adinolfi, che fu un fondatore del Pd, da cui è uscito, suggerisce ai piddini cattolici(?) la lettura di Dignitas Infinita , il documento vaticano del 2024 che sintetizza la posizione di Bergoglio sulle questioni cruciali che riguardano la dignità dell’essere umano. Ho paura che Cuperlo scoprirebbe che manco i cattolici ‘alla Bergoglio‘ gli piacciono.

Poi ci sono le esternazioni di Rosy Bindi, che è più estremista di Cuperlo, ha detto: “da cattolica, non c’è una cosa che Schlein dica su cui non sono d’accordo, compresi i temi eticamente sensibili”.

Ha fatto questa dichiarazione proprio il giorno in cui Leone XIV, parlando su cattolici e politica, ha detto l’esatto contrario, delegittimando totalmente il catto-progressismo. Ha infatti spiegato che “il cristianesimo non si può ridurre a una semplice devozione privata”, sottolineando che i politici cattolici devono rifarsi alla dottrina sociale della Chiesa e di fronte alle “pressioni”, alle “direttive di partito”, alle “colonizzazioni ideologiche” (sui temi eticamente sensibili) “devono avere il coraggio di dire ‘no, non posso’, quando è in gioco la verità”. È proprio quello che i cattolici del Pd non fanno. Non hanno una loro identità che li distingua. Quando si ascoltano i cattodem viene in mente una battuta del card. Giacomo Biffi:non bisogna aver paura dei cattolici non praticanti, ma dei praticanti non cattolici”.

Graziano Delrio ha fatto un’analisi obiettiva e ha riconosciuto: “Giorgia Meloni ha una strategia efficace… ascolta ed entra in sintonia culturale con mondi lontani da lei, come CL o la Cisl… Il centrosinistra quella strategia non l’ha ancora trovata”.

Con la Schlein non la troverà. Neanche con cattolici alla Bindi. S’illudono che – come ha scritto Repubblica – il milione di giovani del Giubileo di Tor Vergata sia diverso dal pubblico del Meeting, cioè, sia più progressista. Non sanno che è vero il contrario. Per esempio, il Cammino Neocatecumenale, che lì aveva 120 mila giovani, è molto più “integralista” (per usare una categoria dei giornali) degli attuali ciellini. Il cristianesimo sta rinascendo in tanti Paesi del mondo, ma mai come “progressista”, in genere come tradizionalista. Dove ci sono pastori modernisti le chiese si svuotano. L’ideologia della sinistra è il deserto. Il nichilismo. L’ultimo intervento di Marco Invernizzi è la ciliegina sulla torta a questa mia attenzione al discorso della Meloni. (L’incontro al Meeting fra due “storie politiche”, 1.9.25, alleanzacattolica.org). L’analisi di Invernizzi inizia con queste parole: “Il discorso di Meloni e l’avverarsi del “sogno” di Alleanza Cattolica”. La standing ovation iniziale che l’ha commossa, il convinto e prolungato applauso finale, le tante interruzioni per condivisione sono state l’espressione di un incontro che certamente non si è materializzato durante il Meeting 2025, ma è frutto di un percorso da parte di due “mondi”, due ambienti diversi, la destra che nasce dalla sconfitta del fascismo e la parte di mondo cattolico (non solo quello riconducibile a CL) che non ha mai accettato la subordinazione al secolarismo progressista. Mi fermo l’intervento di Invernizzi merita essere riportato per esteso come ha fatto l’amico, condirettore di Civico20news, la rivista online di Torino.

DOMENICO BONVEGNA

dbonvegna1@gmail.com