Il ponte del #Mela, un’occasione da cogliere al di là delle polemiche e delle #barzellette

di Rino Nania

Chi è chiamato a svolgere funzioni pubbliche, sia in ambito gestionale, che di indirizzo politico, deve avviare un percorso virtuoso di studio, coscienza e consapevolezza, sia stato esso scelto, eletto o nominato partendo dall’assimilazione dei fondamentali presupposti e dalle essenziali regole da osservare. Soprattutto facendo piena luce su quali siano gli strumenti giuridici utilizzabili e di “quanto” (in termini di tempo e di risorse) sia necessario per rendere efficace ed efficiente l’esercizio delle funzioni.

Se poi si va a valutare il fattore tempo bisognerà soffermarsi se la pubblica amministrazione con tutte le sue diramazioni possa nutrire e coltivare una tempistica adeguata, l’adozione di un crono-programma e secondo quali tecniche di misurazione del rendimento fattivo ed esecutivo degli impegni e dei lavori possa consentirsi il raggiungimento auspicato o voluto.
Questi passaggi, che hanno una loro logica e semplice consequenzialità appartengono, però, al novero delle attività complesse, in cui dimostrare di saper coniugare comportamenti rigorosi ed atti doverosi, attività di concerto ed attività in concorso. Così se non si rendono coerenti queste coniugazioni si rischia un “empasse” non sempre e non facilmente risolvibile.
Ovvero, in questi casi, si può con ogni probabilità ricadere in ipotesi in cui all’interno dello stesso ente ovvero nell’attività di dialogica dialettica tra enti diversi si possa rientrare nella fattispecie qualificata come di un caso tecnico di “dissenso” tra organi o enti.
Qualora si acceda a detta impostazione, è possibile ricavare il seguente corollario: in ogni fattispecie concreta in cui un ente territoriale contesti l’illegittima lesione della propria sfera giuridica a causa dell’esercizio di un potere amministrativo altrui, dovrà essere sempre garantito il diritto di azione giurisdizionale necessario a ottenere la caducazione di quel determinato provvedimento amministrativo ovvero di composizione spedita del materializzato conflitto. In tal caso, la legittimazione a ricorrere dell’amministrazione sarà riconosciuta in ragione della titolarità di un interesse pubblico e generale a tutela delle comunità quale posizione giuridica che informa — sul piano degli schemi di teoria generale — le relazioni tra il soggetto titolare del potere amministrativo e coloro che, in veste di destinatari, ne subiscono gli effetti imperativi sulle loro sfere di competenza (sanità o sicurezza pubblica o circolazione stradale che sia).
Diversamente opinando, l’ente territoriale non disporrebbe di alcun rimedio per tutelare la propria sfera giuridica, pur a fronte dell’esercizio di un altrui potere amministrativo: il che sarebbe da ritenersi non conforme (quantomeno) all’art. 24 Cost., che — com’è noto — non può tollerare letture di tipo restrittivo, quale sarebbe la tesi volta a escludere, per ragioni di natura dogmatica, la titolarità di posizioni di interesse legittimo in capo agli enti territoriali, con conseguente grave vulnus alle garanzie costituzionali.
A tale riguardo una riflessione andrebbe avviata sulla necessità di sapere fino in fondo quali possano essere i poteri da esercitare per tutelare le comunità locali, ovvero quali attività, tempisticamente e amministrativamente aderenti al caso, possano farsi valere per dare corso alle necessarie e plurali soddisfazioni.
Sicché le ulteriori considerazioni devono soffermarsi sulle modalità da seguire nel prospettare che l’ente territoriale, nelle ipotesi di adozione di atti con valenza ‘paralizzante’ o ‘limitante’, sia in grado di esercitare un proprio potere amministrativo, sia esso titolare di un interesse pubblico ovvero di un interesse legittimo il cui bene della vita (relativo alla salute ovvero al diritto di proprietà ovvero di interesse commerciale) abbia ad oggetto la pretesa sostanziale a conservare la pienezza delle possibilità giuridiche inerenti al potere amministrativo leso; in altri termini, si dovrà dare forza giuridica nella pretesa a salvaguardare la massima capacità espressiva di un determinato potere amministrativo, il cui svolgimento potenziale è in concreto ostacolato dagli effetti dispiegati da un atto amministrativo esercizio di un altrui potere.
Per cui, uscendo dalle “pratiche e concrete” teorizzazioni, sulla questione del Ponte sul Mela, collegamento tra Barcellona Pozzo di Gotto e #Milazzo, andavano assunte differenti posizioni da parte dei rappresentanti degli enti coinvolti per avere contezza di ciò che stava accadendo in quel tratto del territorio tra Milazzo e #Barcellona P.G., con una seria valutazione degli interessi in gioco e con un bilanciamento dei pregiudizi arrecati alle comunità in ogni loro plesso, laddove si mettevano a rischio diritti assoluti come la tutela della salute pubblica, la necessaria messa in sicurezza della infrastruttura e, non ultimi, gli interessi legittimi predisponendo ed adottando una conferente tutela per le attività commerciali che insistono sul territorio.
Non avendo posto in essere tutto ciò, non promuovendo alcun intervento per far sentire “formalmente” il proprio dissenso la politica, con i suoi organi e personalità, ha abdicato alle poste in essere attività gestionali (come il Genio Civile o gli uffici tecnici della Città Metropolitana) dimostrando inconsapevolezza giuridica, inconsistenza della postura tenuta, irrilevanza di quanto si prova a dire con semplici e tardive missive, che mostrano evidentemente una ritardata attenzione ai problemi procurati ai cittadini. In tal modo la politica si riduce a poco e diviene solo un trastullo, un capriccio ben stipendiato, facendo rimanere tutto nell’insoluto a danno dei cittadini.