
La commemorazione della strage di via D’Amelio, oggi a Palermo, è utile barometro per capire quanto e come il Governo si impegna. Sul quanto non ci sono dubbi… chi sottovaluterebbe la necessità di un maggiore impegno? Tutti gli esponenti politici che sono stati coinvolti hanno manifestato la propria volontà in merito. Il problema nasce quando dal dire si passa al fare. E dal fare a “fare come”.
Il passaggio al fare è mediamente problematico. Da quando il magistrato Borsellino fu ammazzato dalla mafia nel 1992, sembra che i fatti siano di qualche giorno fa. Non perché politici, governanti, amministratori, personale della giustizia e cittadini in generale, non abbiano fatto nulla, ma perché si è trattato di un fare che sembra navighi sempre con le stesse domande e l’assenza di risposte. 33 anni fa la mafia c’era come anche tanti anni prima, e oggi la mafia continua ad esserci, nonostante incontri, cortei, manifestazioni, dichiarazioni, un boss che ogni tanto viene trovato dopo una latitanza che tutti si domandano “come abbiamo fatto a non accorgercene prima” (Matteo Messina Denaro grida vendetta), etc..
Insomma non stiamo scoprendo niente di nuovo: la delinquenza non si combatte con l’idea e la voglia di combatterla, ma estirpando le radici… radici che quasi nessuno, a parte le dissertazioni culturali, è riuscito ad intaccare.
Perché questo accade? Noi crediamo che uno di problemi sia su come il governo si impegna. Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, all’incontro di oggi a Palermo ha detto una cosa che tutti hanno approvato, ma sembrano parole al vento. Piantedosi ha narrato l’impegno per l’aumento delle forze dell’ordine sul territorio, 37mila in questi ultimi tre anni e 22mila per il prossimo biennio. Bene, ma… siamo sicuri che questo basti?
A Firenze, per esempio, i sindacati delle forze dell’ordine, proprio nei giorni scorsi hanno lamentato che molti degli agenti che vanno in questa città per aumentare le tanto auspicate presenze sul territorio, dopo l’addestramento se ne vanno altrove: non si trovano case in affitto, e quelle poche che ci sono sono a prezzi esorbitanti (1). La città mediatica, sempre molto attenta a problematiche del genere, ha praticamente ignorato l’allarme dei sindacati e, sonnecchiando, ha continuato a fornire case in affitti brevi a orde di turisti piuttosto che residenze per poliziotti e non solo. Un contesto in cui, come ricaduta, tutto il resto della vita costa un cosiddetto occhio della testa. Firenze non è la sola, per mancanza di poliziotti e per costo della vita esasperante.
Il ministro Piantedosi, ha pensato a queste cose? Poliziotti che fino a un certo punto possono stare nelle brande in caserma, ma anche loro hanno una famiglia e necessità non solo cameratesche. Sembra di no: non conosciamo un provvedimento in merito… che non sarebbe di creare dei poliziotti privilegiati che paghino meno l’affitto (se trovassero la casa), ma far sì che un poliziotto non sia in ogni città una sorta di marziano.
Ecco il nostro come. Estendibile anche ad un’altra domanda: siamo certi che le remunerazioni delle forze di polizia siano all’altezza del compito che si chiede di assolvere e di un mercato, della casa e non solo, che al momento colloca i dipendenti delle forze dell’ordine tra gli ultimi ranghi degli stipendiati.
Noi avremmo voluto sentire non solo che ci saranno mille e mille poliziotti in più, ma che questi poliziotti sarebbero stati remunerati e sistemati in luoghi in cui la loro dignità economica non fosse di secondo grado, anche sociale.
Che sia questo uno dei principali motivi per cui gli sforzi per tutelare l’ordine nelle nostre città non riescono ad attecchire, mentre i figli e gli amici dei delinquenti continuano a proliferare?
Vincenzo Donvito Maxia – presidente Aduc