Governo Conte bis, i primi 100 giorni visti dai Tg

L’Osservatorio Tg chiude le sue analisi per il 2019. Un giudizio sui 100 giorni del governo Conte 2 nei Tg del prime time. Ecco come si sono posizionate le principali testate nazionali e come hanno trattato i principali temi dell’agenza politica e della cronaca.

Il “bilancio di fase”
A chiusura delle nostre rilevazioni per quest’anno, proponiamo alcune osservazioni sugli ultimi mesi dell’informazione di prime time, segnalando modifiche e assestamenti cui è andata incontro nei 100 giorni dalla formazione del governo Conte 2.
Subito dopo il 5 settembre 2019 si avvertono i primi cambi di posizionamento in relazione alla costituzione del governo 5 Stelle–Pd. Tg3 passa alla nuova maggioranza, mentre il Tg2 di Sangiuliano rimane nettamente salviniano, e quindi va all’opposizione. Tg1 rimane dove era: testata di riferimento dei Cinque Stelle, ma senza eccedere. Le testate Mediaset passano a un’opposizione più dura, seguendo la parabola di Salvini e della Lega.
Il pubblico medio di una serata del prime time, che a dicembre raggiunge circa 16 milioni di spettatori, si divide così in due schieramenti: i Tg favorevoli all’esecutivo (Tg1+Tg3), con un pubblico medio di 7,3 milioni di spettatori, e quelli dell’opposizione (Mediaset+Tg2), che arrivano a 7,4 milioni. In questo scenario di testa a testa, Tg La7 continua la sua navigazione da “corsaro”, non facendo sconti a nessuno ma aprendo, almeno in parte, al cambio di maggioranza. Stabili i suoi ascolti, che si collocano intorno a 1,3 milioni.

I Tg dal 16 al 20 dicembre

Il “fronte” Rai
I Tg Rai hanno recuperato, tra settembre e dicembre, 540mila spettatori su quelli Mediaset, e raccolgono ogni sera un pubblico di poco inferiore ai 9 milioni. A trainare questa ripresa Tg1, nella media sopra ai 5 milioni, e Tg3, che in proporzione cresce maggiormente, con +250mila spettatori tra ottobre e dicembre, arrivando a un pubblico medio di 2,1 milioni. Stabile il Tg2, con un pubblico di circa 1,5 milioni di spettatori. Questa variazione si registra in un panorama immutato sul fronte delle nomine, che vede i tre direttori delle testate Rai ancora ai loro posti, mentre i tentativi di sostituire al Tg3 Giuseppina Paterniti con Mario Orfeo, ritenuto più “congeniale” al Pd, sono naufragati nel corso dell’ultimo, acceso Cdm di fine novembre per l’opposizione dei Cinque Stelle.

Relativamente alla settimana appena trascorsa, Tg1 si conferma la testate più istituzionale e propensa alle buone notizie, con aperture dedicate agli interventi di Mattarella, mentre giovedì la prima pagina è occupata dai 300 arresti in tutta Italia per ‘ndrangheta (la più grande operazione contro la mafia dopo il maxi processo). Martedì e venerdì è il turno del governo, con gli appelli di Conte per l’unità e l’accordo siglato tra Arcelor Mittal e il Ministero dello Sviluppo economico sul fronte dell’Ilva, e una lunga intervista del ministro Patuanelli.

Tg2 si distingue per l’attenzione agli esteri, che permette di mostrarne l’orientamento senza esporsi troppo sul piano interno. L’attentato di giovedì alla storica sede del Kgb “ispira” un’apertura e due servizi, uno dedicato alla storia dei servizi segreti sovietici, l’altro a una analisi del discorso di Putin alla Nazione. Venerdì è il turno del consueto assist a Trump (titolo), di cui si ricordano i successi in termini di occupazione e crescita del Pil: un buon viatico in attesa dell’imminente dibattito al Senato sull’impeachment. Da segnalare l’attenzione al territorio, con un approfondimento sulla situazione della Terra dei Fuochi.

Tg3 presidia le stesse aree del Tg1, e apre sugli interventi del Capo dello Stato. Giovedì l’accento cade sul caso della nave Gregoretti, mentre venerdì la prima pagina va ai 32 cittadini premiati con onorificenze al merito dal Presidente Mattarella. La testata di Paterniti si dimostra la più impegnata sul tema dell’accoglienza, ed è la sola, mercoledì, a seguire le proteste dei migranti per il mancato rinnovo del permesso di soggiorno.

La situazione libica, che negli scorsi mesi è stata seguita prevalentemente dal Tg3, è oggetto martedì di titoli e discrete coperture da parte di tutti i Tg Rai (con spazio anche per Tg4).

Mediaset stabile. Il restyling del “talk” Tg4 frutta in ascolti. Tg5 denuncia il “reddito della vergogna”. Feltri e gli “schiaffi” a Greta Thunberg
Le testate Mediaset risultano stabili nei loro ascolti, con un pubblico medio giornaliero di poco inferiore ai 6 milioni. Per Tg5 e Studio Aperto non si registrano particolari sviluppi, mentre Tg4 è andato, a inizio mese, incontro a un marcato restyling, con servizi ridotti e presenza fissa di almeno 2 ospiti per edizione, politici e giornalisti tradizionali commentatori della rete. Il risultato è una crescita media di oltre 100mila spettatori per edizione.

La testata si distingue per continue aperture dedicate a una “imminente” crisi nella maggioranza giallorossa, di cui si accentuano debolezze e fragilità. La testata genera atmosfere più da talk show che da telegiornale. La presenza di qualche voce “fuori dal coro” non riesce tuttavia a diluire una linea editoriale fortemente schierata a destra, e che propone numerosi commentatori con posizioni vicine a Trump e, soprattutto, all’indagato Salvini. Anche questa settimana Greta Thunberg è oggetto di stroncature, con Vittorio Feltri che afferma di non credere nel cambiamento climatico causato dall’uomo, e arriva a dire che se Greta Thunberg fosse una sua parente, “la prenderebbe a schiaffi e la manderebbe a scuola”.

Studio Aperto propone in settimana aperture molto diverse, con minore presenza di cronaca rispetto al solito. Martedì, la prima pagina va alla rimozione del segreto pontificio sulle denunce di abuso voluta da papa Francesco per contrastare la pedofilia nella Chiesa, notizia su cui torna con un titolo anche venerdì.

Tg5 si dimostra più attento agli indicatori economici, titolando in più occasioni sulle prospettive negative per il Paese. Particolarmente dura è la denuncia del Tg di Mimun verso il reddito di cittadinanza, oggetto d’attenzione in più servizi e definito mercoledì “reddito della vergogna”, dopo la scoperta di un gruppo di delinquenti, tutt’altro che nullatenenti, che ne risultavano beneficiari.

Tg La7 conserva la sua nicchia. Il duo Mentana-Gabanelli, per un’informazione da appassionati
Tg La7 si dimostra stabile nell’ultimo periodo, conservando la sua natura di testata impegnata nell’analisi delle vicende politiche, con picchi d’ascolto che coincidono con le giornate più accese per l’esecutivo. Anche questa settimana, la pagina degli interni domina su tutte le aperture, con spazi riservati alla Popolare di Bari, alla manovra, al referendum sulla riduzione dei parlamentari, e doppia apertura sul caso Gregoretti. Trattandosi di un prodotto per un pubblico selezionato, Mentana si può permettere un’attenzione non banale agli esteri, con un titolo dedicato, giovedì, alla sentenza che impone alla Spagna la scarcerazione del leader indipendentista catalano Junqueras. Ad arricchire l’offerta della testata, il consueto report settimanale di Milena Gabanelli, che lo scorso lunedì ha sollevato una problematica grave, e assai poco trattata: quella delle 15mila imprese che falliscono ogni anno, molte delle quali nate per fallire, e che lasciano debiti verso fisco, enti previdenziali e lavoratori superiori a 100 miliardi, dei quali si recupera poco più dell’1%. Un costo per le casse pubbliche che equivale a 3 manovre finanziarie.

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