Giustizia, carceri ed evasori fiscali. Andiamo verso l’ingovernabile esplosione?

Noi siam tra coloro che non credono che il carcere possa essere il metodo punitivo più utile, per redimere i rei e per limitare nella nostra società la circolazione di persone potenzialmente pericolose. Di recente a questa nostra credenza si è aggiunto anche uno dei simboli delle manette di “Mani Pulite”, Gherardo Colombo, benvenuto.

 

Nel contempo siamo consapevoli che abbiamo “eserciti” di giustizieri che la pensano in maniera diversa. Di questi ne pullulano diversi nel Governo. Questo accade per coloro che intendono combattere l’evasione fiscale aumentando le pene, incluse quelle carcerarie, con una sorta di Stato trasformato in un combattente della giungla dove vige il “occhio per occhio, dente per dente”. Noi crediamo che questo  approccio peggiori la situazione: gli evasori fiscali non faranno che “raffinare” i loro metodi criminali.

Per questo peroriamo un intervento dello Stato su giustizia (in particolare i tempi) e semplificazione amministrativa, sì da far venire meno le ragioni della criminalità fiscale. Consapevoli ovviamente che è un fenomeno di cui è impossibile liberarsi; e che se qualcuno reputa di farcelo credere, con per l’appunto più pene carcerarie, si sta solo parlando addosso e provocando più danni per tutti.
Il più autorevole di questi giustizieri del governo è, per indiscusso livello istituzionale, il ministro della Giustizia. A cui, ovviamente, non chiediamo di agire per questo o quell’altro problema specifico che poi porta le persone a diventare criminali, ma “solo” di amministrare la Giustizia. Vorremmo che questa amministrazione fosse efficiente per cercare anche di rimediare alle mancanze di chi nel governo delega la soluzione dei problemi prioritariamente alla Giustizia (come nel caso degli evasori fiscali), ma prendiamo atto che si tratta solo di una nostra volontà, ché la realtà è ben altra.
Vediamo.
Il tasso di sovraffollamento delle carceri italiane “ha raggiunto il 128%” e il ministero della Giustizia “punta a un significativo incremento dei posti detentivi”. Lo ha detto il Guardasigilli Alfonso Bonafede, in audizione in Commissione Giustizia della Camera, spiegando che “entro il prossimo anno saranno pronti nuovi padiglioni a Taranto e a Sulmona e a Milano Opera”. Il ministro ha anche rilevato come i detenuti stranieri rappresentano il 33% del totale: “Il trasferimento e il rimpatrio sono un obiettivo prioritario per il 2020, anche senza il consenso del detenuto”, ha spiegato Bonafede.
Potrebbe sembrare una battuta, ma non lo è: consigliamo al nostro ministro di dare un’occhiata al funzionamento delle carceri in Usa che, tra i Paesi a democrazia occidentale, è quello con il maggior numero di detenuti e il maggior numero di istituti di pena. Se i suoi obiettivi sono quelli dichiarati oggi, senza ovviamente pensare alle cause ma solo ai rimedi (sempre nella logica del “dente per dente”), ci sembra un buon riferimento. Dovrà digerire il fatto che nel Paese di Trump (e anche di Obama, prima del tyconn) molte carceri sono private, ma sappiamo che lui e il suo partito hanno uno stomaco forte anche in questo senso.
Quindi, se tutto dovesse funzionare come auspicato dal nostro ministro, il sovraffollamento carcerario sarebbe risolto: costruiamo più carceri, rispediamo in patria gli stranieri.

Porca miseria!

Era così semplice e facile… possibile che i precedenti ministri non ci avessero pensato, risolvendo anche diversi problemi occupazionali del settore edilizio, oltre che elargire caramelle a chi reputa la presenza degli immigrati (a maggior ragione quelli in carcere) come usurpazione del proprio diritto sovrano oltre che inquinamento. E del resto, visto che dirigere un ministero significa amministrare il Paese, facendo tesoro dei più elementari principi di un qualunque business, se c’è qualcosa che manca, aggiungiamolo, se c’è qualcosa che è troppo leviamolo. Una logica che se fosse applicata al denaro, ci dovrebbe portare a qualcosa tipo: ci sono pochi soldi? Stampiamone di più e facilitiamo la circolazione. Non ce ne voglia un qualunque economista (di governo o meno) per questa
semplificazione, ma stiamo solo facendo un semplice 2+2 delle politiche del ministro della Giustizia. E ci vengono fuori questi dati. Non avremmo preteso una soluzione ai problemi sollevati dal ministro Bonafede, ma quantomeno un indirizzo, una logica, un percorso. Che fossero stati presi in considerazione i fenomeni strutturali che portano oggi il nostro sistema giudiziario a sentirsi carente di celle e abbondante di delinquenti che finalmente possono essere mandati altrove (nella loro patria) piuttosto che in giro per le nostre strade.
Ma uno Stato crediamo non si amministri come un’azienda. Per cui se finiscono i lecca-lecca, per esempio, non basta aumentare la produzione.
Andiamo verso l’ingovernabile esplosione?

Vincenzo Donvito, presidente Aduc