Ergastolo ostativo. Perché la sentenza della Corte Costituzionale è una speranza

La Corte Costituzionale ha dato un anno alle Camere per cambiare la legge sull’ergastolo ostativo (1). Sentenza che ovviamente ha generato reazioni di ogni tipo, trasversali ai tradizionali partiti, con due approcci: garantista e giustizialista. I primi che, rifacendosi per l’appunto alla Costituzione, ritengono che la pena deve essere rieducativa e portare alla re-inclusione del reo nella società. I secondi che, dopo questa sentenza non sono conformi alla Costituzione, ritengono che la pena debba essere punitiva.

Per noi questa sentenza è una speranza. Indicatore di qualcosa che potrebbe cambiare nel pianeta giustizia, anche grazie alle potenzialità del neo ministro Marta Cartabria.

Alla Corte la definizione e correzione dei principi di riferimento, al ministro l’esecuzione in base alle leggi, al legislatore la decisione di armonizzare. E, superato lo scoglio del precedente ministro che sembrava operasse per trovare i metodi più giustizialisti per l’esecuzione, è il legislatore che, al momento, sembra essere recalcitrante. Vedremo.

Aduc ha a che fare sempre con la giustizia e, nel nostro piccolo (dimensione e tipologia) siamo testimoni e vittime del non-funzionamento e della mancanza di principi garantisti che mettano al primo posto il cittadino. Contesto in cui delinquenti di varia tacca hanno mano libera e – risultato dannoso per tutta la comunità – contribuiscono a discredito e sfiducia dell’istituzione.

Quella di oggi è una rosa e fiorirà solo se non rimane isolata. Aduc dà il suo contributo nella giustizia consumeristica.

1 – il regime penitenziario previsto dall’art.41-bis che esclude i benefici ordinari (lavoro esterno, semilibertà e permessi premi) per chi sta scontando una pensa a seguito di reati particolarmente gravi e non collabora con la Giustizia. Una sorta di “fine pena mai”.

Vincenzo Donvito, presidente Aduc