
di Andrea Filloramo
Crolla il trucco comunicativo, il più furbesco artificio contabile, il bluff “militare” del Ponte sullo Stretto, così come inventato dalla fervida mente di Matteo Salvini, che deve prendere atto che le sue promesse non sono attendibili. La retorica del “ponte militare”, dopo il No degli USA, si rivela, infatti, come una mera propaganda di facciata per un progetto economicamente non facilmente o impossibile da realizzare.
Matteo Salvini aveva provato a far diventare il ponte strategico addirittura “militare”.
Nelle sue parole, infatti, il Ponte avrebbe potuto servire anche alla difesa nazionale, ma dietro la retorica è restato poco più che fumo.
Non esiste alcun piano delle forze armate, nessuna valutazione strategica che accrediti il Ponte sullo Stretto come infrastruttura di difesa.
Anzi, gli stessi ambienti militari, al di là del pronunciamento degli USA, parlano di un’opera con coefficiente di difendibilità pari a zero, esposta cioè a rischi sismici e climatici enormi.
Il “ponte militare” si rivela così per quello che è: una narrazione tipicamente salviniana di facciata, utile a gonfiare la propaganda, ma priva di basi economiche, tecniche e operative; un bluff che crolla di fronte ai fatti.
Mentre i cantieri restano sulla carta, la Corte dei Conti deve ancora pronunciarsi e piovono ricorsi da comitati e associazioni.
Cade, quindi, un altro inganno della propaganda politica pervasiva di Salvini che sa sfruttare le emozioni, i pregiudizi e le semplificazioni cognitive delle persone per influenzare opinioni e comportamenti, perfino dei Siciliani e dei calabresi che nel passato egli ha tanto disprezzato e che è riuscito ad allettare con la promessa di un Ponte che risolverà tutti i problemi della loro vita.
Nel 2016 Salvini diceva che il Ponte “non sta in piedi”, anni dopo l’ha presentato come il suo capolavoro. Ma la realtà è che lo Stretto non vedrà carri armati né caccia transitare sul ponte: al massimo, continuerà a essere terreno di battaglia politica.
Il no degli USA ad un ponte strategico militare, è chiaro e decisivo e, pertanto, tutta l’intera opera faraonica della costruzione del Ponte che dovrebbe unire la Sicilia con il Continente, basata su fondamenta economici molto fragili, è soggetta allo stop della Corte dei Conti, che non potrà dare, per mancanza di risorse, la bollinatura, che è il passaggio fondamentale per concretizzare l’iter e dare partenza ai lavori.
Vano ed impossibile da realizzare, quindi, appare il progetto definitivo del Cipess, approvato il 6 agosto 2025, che ha un costo stimato tra i 13 e i 15 miliardi di euro e prevede l’inizio dei cantieri in autunno 2025 e l’inaugurazione tra il 2032 e il 2033.
Soddisfatti per il no degli USA sono le numerose associazioni ambientaliste e i comitati locali, che hanno annunciato battaglie legali fino alla Corte Ue.
Soddisfatti sono gli enti accreditati, che più volte hanno evidenziato la necessità di approfondimenti per valutare la resistenza del ponte a venti intensi e forti terremoti; che il tracciato attraversa rotte migratorie di uccelli e che si confronta con forti correnti dello Stretto.
Ci sarà ancora una volta una giravolta politica di Salvini?
Forse si o forse no.
Probabilmente andrà ripetendo ancora che il progetto è “solido” e il ponte è la sua “più grande soddisfazione politica”, una svolta da giustificare come un cambiamento di prospettiva grazie “a investimenti da record”.