Dissesto idrogeologico e il nulla politico

Nel nostro Paese ci sono un milione e mezzo di ponti, grandi, medi e piccoli, di questi 7.317 sono amministrati dai 19 gestori autostradali, gli altri sono di competenza di vari enti. E’ noto che l’Italia soffre di una elevata percentuale di rischio, sia sismico che idrogeologico.

Ebbene, che fece il governo lega stellato (Conte 1, vicepremier Di Maio e Salvini) appena insediatosi nel 2018? Abolisce la “Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche”, istituita nel 2014 presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e ne trasferisce le competenze al ministro dell’Ambiente, guidato da Sergio Costa (M5S).
Si perse, così, il ruolo di un soggetto istituzionale, la Presidenza del Consiglio, che aveva il compito di coordinare i vari enti preposti alla tutela idrogeologica del nostro territorio, con il risultato, vista la frammentazione delle competenze territoriali, di rendere difficile l’integrazione delle fasi di programmazione e di realizzazione degli interventi e di razionale utilizzo delle risorse economiche disponibili.

Cosa dice, il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, a proposito del viadotto travolto da una frana (dicasi dissesto idrogeologico)? Che bisogna togliere le concessioni autostradali. Lo aveva detto più di un anno fa, dopo la tragedia del ponte Morandi, ma non è successo nulla. Il suo “notaio”, ovvero, il premier Conte1 aveva dichiarato che non si potevano aspettare i tempi della magistratura. Che cosa è successo? Nulla.

A Di Maio urge chiedere cosa stia facendo il “suo” ministro Costa e cosa abbia fatto il “suo” ministro alle Infrastrutture Toninelli.
Appare un insieme vuoto.

Primo Mastrantoni, segretario Aduc