RETE CIVICA PER LE INFRASTRUTTURE NEL MEZZOGIORNO

Che cosa è oggi il Mezzogiorno? In cosa consiste oggi la questione meridionale in un mondo commercialmente capovolto, in cui le merci viaggiano su grandi cargo provenienti dai porti dell’Asia passando dal Canale di Suez e navigando sino a Rotterdam, Brema, Anversa, Amburgo? La definizione di Mezzogiorno non può più limitarsi a una mera collocazione storico – geografica ottocentesca dei territori esistenti sotto Lazio Umbria e Abruzzo, delimitate nel Regno delle Due Sicilie e alle successive lotte contro il brigantaggio e il latifondo. Oggi il criterio non può che essere legato al divario, e talvolta all’assenza, delle infrastrutture materiali (connessione in rete di autostrade, ferrovie, porti, aeroporti) e immateriali (reti digitali che favoriscono l’accessibilità dei cittadini e delle imprese a servizi, commerci e funzioni pubbliche facilitando lo scambio, la ricerca, la formazione a distanza) in mancanza delle quale si è determinata la profonda disparità non solo dell’Italia nei confronti dei paesi europei più evoluti ma anche e soprattutto del meridione inteso da Bari (lato adriatico) e Napoli (lato tirrenico) in giù, private di ogni possibilità di sviluppo economico. Secondo i dati del World Economic Forum pubblicati nel rapporto 2013 -2014 sulla competitività delle economie nazionali, nella specifica graduatoria riferita alla qualità complessiva delle dotazioni infrastrutturali di ogni singolo Paese l’Italia è classifica al 55° posto. Dopo tutte le nazioni più ricche al primo posto la Svizzera al 2° Hong Kong, ci superano di gran lunga Francia Germania, Spagna, Austria Regno Unito Stati Uniti, Svezia, Finlandia, Danimarca, Giappone, Canada, Olanda, Portogallo, Malta. Ma persino Malesia, Namibia, Panama, Cile, Cipro Portorico, Marocco, Mauritius. Dopo di noi ed a pari merito Sri Lanka e sotto Azerbajian etc. Il traffico merci appare, geograficamente concentrato nella aree europee baricentriche: Germania, Francia, Belgio e Olanda che, nel 2013 hanno assorbito oltre il 68% del movimento merci complessivo; il contributo dell’Italia si è assestato, invece, a poco più del 6%. Ma c’è un però. La crescita dell’Italia è disarmonica. Se l’Italia del Centro Nord potrebbe da sola collocarsi ai primi posti del mondo per livelli infrastrutturali, la competitività è frenata dalla inesistenza di adeguate reti logistiche nel meridione dalla Puglia e dalla Campania, sino alla Sicilia. Non a caso la Commissione Europea nel mese di agosto 2013 ha collocato al 227° posto la Basilicata, al 232° posto la Puglia, al 233° la Calabria al 235°la Sicilia per competitività (infrastrutture, commerci, università, possibilità di sviluppo), su 264 regioni analizzate, ben lontane dalle posizioni di Spagna e Portogallo e persino della Grecia e davanti solo ad alcune regioni dell’est europeo appena integrate. Senza le infrastrutture, le strade, le autostrade, i porti, le ferrovie inseriti nelle Reti Ten T la crisi economica di Sicilia, Calabria e Basilicata resterà strutturale. La Sicilia e la Calabria sono logisticamente slegate dall’Italia: Tutto ciò che è a sud di Salerno e Bari oggi è il Mezzogiorno. I territori ubicati logisticamente sotto Salerno e Bari si trovano nelle precondizioni dello sviluppo. Nell’economia globalizzata in cui (nostro malgrado) ci siamo ritrovati, quella parte del Mezzogiorno che non ha autostrade, porti, rete ferroviaria non solo ad alta velocità, ma neppure a doppio binario – e li dove esistono non sono realizzati in un sistema di logistica integrata – è destinato, necessariamente a soccombere ad essere cancellato economicamente, anche a rispetto all’Africa del Nord come Algeria, Marocco, Tunisia, Egitto che si sta dotando di porti, autostrade, linee ferrate all’avanguardia e con costi del lavoro di gran lunga inferiori e dunque più convenienti. E ciò con buona pace di chi fa la politica per gli uccelli in una dis-economia che vive solo di assistenza e pubblica amministrazione (anch’essa, in gran parte, pletorica per motivi clientelari). Non è più in gioco il futuro dei nostri figli, ma il nostro stesso. Nessuno può essere insensibile ad un progetto infrastrutturale del Mezzogiorno subito, e sono irrilevanti e inopportune le etichette partitiche di destra e di sinistra. Nessuna attività, nessuna amministrazione pubblica o privata, può sperare di non essere travolta e quasi tutti i comuni del sud Italia amministrano una situazione economica di dissesto o predissesto e con ciò oltremodo aggravando le condizione economiche dei loro cittadini costretti all’incremento delle tasse ed imposte comunali. Senza un’autentica riforma epocale delle infrastrutture e dei trasporti, che sono la necessaria premessa allo sviluppo dell’economia il sud Italia resterà tagliato fuori da ogni processo di sviluppo ed il sistema economico non potrà che essere gestito da forze della criminalità organizzata, motore necessario di sottosviluppo non solo economico ma soprattutto civile. La mafia è una conseguenza della povertà e non dello sviluppo. Al contrario oggi la Sicilia e la Calabria possono e devono ambire a divenire le piattaforme logistiche del Mediterraneo intercettando i milioni di container (TEU) che a bordo di navi cargo da 18.000 TEU entrano dal Canale di Suez, che qui devono essere stoccati, sdoganati, lavorati e trasportati in Italia e nel Nord Europa che costituiscono il nuovo oro su cui vivono intere economie Europee basti pensare all’Olanda, al Belgio ai paesi Paesi Baltici. La Rete Civica per le infrastrutture nel Mezzogiorno intende riunire singoli soggetti, ordini professionali, organizzazioni sindacali dei lavoratori e delle categorie economiche, enti locali, autorità portuali delle Regioni Basilicata, Calabria e Sicilia, cioè di quella parte d’Italia esclusa da ogni forma di sviluppo e trattata dalla politica nazionale come le colonie di antica memoria per creare le condizioni culturali e politiche per una nuova mentalità e la crescita del Mezzogiorno senza assistenza, garantendo gli investimenti necessari alla reale crescita non solo del Mezzogiorno ma per esso, dell’intero paese.