Ragazzi, non c’è più politica

 

di Enrico Nastro

Tempo addietro, Robert Kagan paragonò il binomio USA-Europa a quello tra Marte e Venere. L’uno simboleggiante la forza, l’altro la debolezza. Per decenni l’America ha basato la propria leadership, non solo sulla capacità militare e di influenza economica e geopolitica, ma su un modello, l’American Dream, cui ogni uomo libero sentiva di dover tendere.
Negli ultimi anni, tuttavia, assistiamo a un graduale ridimensionamento di tale modello che ha visto gli Stati Uniti perdere quella “supremazia del sogno“ che faceva da corollario alla egemonia geopolitica ed economica. Sembra proprio che da quest’ultima, da quel modello capitalistico uscito vincente dal confronto con il dirigismo sovietico, sia nato il Bruto-Finanza che, anche stavolta, non ha esitato a uccidere il genitore che lo aveva allevato.
Alla crisi di un capitalismo sempre più amorale che ruba ai poveri per dare ai (sempre meno) ricchi, e di una politica, ormai incapace di mediare, si aggiunge una deriva relativista del”pop-globalismo” cui, secondo taluni, persino il presidente Obama pare votato (e a cascata i nanetti emuli europei che lo scimmiottano). Così, alla fame si risponde con i vincoli dei banchieri sempre più attenti ai bonus e alle “ricapitalizzazioni” che a fornire credito a famiglie e imprese. Alla richiesta di sicurezza, si risponde con politiche immigratorie scellerate e prive di controlli. E così via. In altre parole, ci hanno ridotto a un ibrido tra tecno-finanzo-crazia e pensiero unico del liberal-pop-vuotismo imperante. Alla luce di ciò, non stupiscono le spinte centrifughe identitarie che dalla Catalugna, alla Scozia, passando per il Galles e il Veneto iniziano a preoccupare persino i benpensanti abituati con le loro certezze a fare e disfare, secondo un tipico vezzo scientista illuminista che vede la società e i popoli come semplici cavie di laboratorio su cui ogni sorta di esperimento è consentito. E non stupisce, al tempo stesso, come una parte della destra europea veda in Putin quel salvatore identitario, quel sacerdote del “ Dio-Patria-Famiglia” cui ispirarsi. Fino a teorizzare un neoguelfismo in cui, recuperato il rapporto con la Chiesa Ortodossa, l’Eurussia possa rinascere dalle ceneri del proprio relativismo (Mosca eserciterebbe il ruolo di Marte, essendo l’Europa troppo pavida e ipocrita per ricoprirne il ruolo).

Un concetto molto noto della fisica sostiene che a ogni azione corrisponde una forza uguale e contraria. Era, pertanto, prevedibile che, di fronte alla deriva economicista e tecnicista di un’Europa arida e senza visione, vi fosse un refuso di localismi e regionalismi, talvolta alimentati e alimentanti la peggiore xenofobia che credevamo esserci lasciati definitivamente alle spalle. Ma il mostro è nato. Mary Shelley, del resto, ci aveva messo in guardia. Guai a sopravvalutare il potere della scienza. Da certi laboratori non si sa mai cosa possa venir fuori. Adesso a qualcuno toccherà porvi rimedio. Ma non mi pare ne siano davvero consapevoli. Parafrasando Flaiano, insomma, “la situazione è grave, ma non seria”.