QUESTIONE PALAGIUSTIZIA

L’Istituto Mediterraneo di Bioarchitettura Biopaesaggio Ecodesign ha affrontato di recente, in sede assembleare, la questione relativa al Palagiustizia di Messina, ritenendo che la stessa sia di primario interesse sia per l’organizzazione urbanistica della città e del suo hinterland, che per il mondo della Giustizia a Messina.
Dalla riunione è emersa una condivisione unanime della posizione espressa dalla presidente dell’Istituto, architetto Caterina Sartori, sia da parte del Direttivo che dei soci presenti, peraltro già espressa dalla Sartori in sede di Consiglio dell’Ordine degli Architetti, e che si sintetizza come segue.
“Non è possibile dare risposta alle esigenze manifestate dalla Giustizia a Messina, se non affrontando il problema nel breve e nel lungo termine, e non è detto a priori che le soluzioni pensate per l’immediato o per il breve periodo, non possano coincidere con quelle per il lungo termine, nell’ambito di una maturazione ulteriore delle varie questioni in campo.
Naturalmente la ricerca di una soluzione ottimale non potrà che svolgersi nell’ambito di un dialogo costruttivo con le categorie coinvolte sia in considerazione delle pregresse esigenze che delle prevedibili necessità future. Quali che siano le soluzioni proposte, la questione non può al contempo essere individuata se non nell’ambito di una ampia interlocuzione che abbia a riferimento le scelte di pianificazione della città, le possibili implicazioni urbanistiche e sociali che possono derivare da ciascuna alternativa, l’assetto complessivo e l’organizzazione dei flussi di mobilità, le possibili vie di fuga anche in funzione della sicurezza, ed è dunque in questi termini, che vanno cercate e valutate le diverse possibili soluzioni, e ciò sia nel breve che nel lungo periodo.
Esiste poi un problema di immagine urbana consolidata, che vede alcuni capisaldi storicizzati, intorno ai quali si è strutturata la città post terremoto, e attraverso i quali si individua il carattere della città stessa e che costituiscono, in qualche modo, una risorsa, in termini di rappresentatività e di identità. Sarebbe dunque difficile , e forse improponibile, mettere in discussione detti riferimenti senza rischiare di mettere in gioco la stessa città consolidata, quel nucleo storico o storicizzato intorno al quale si è sviluppata e continua ad irradiarsi la città contemporanea. E ciò anche in assonanza con altre città siciliane, e non solo, di non recente formazione, che continuano a mantenere all’interno di tale nucleo, funzioni importanti e al contempo rappresentative del ruolo della città stessa e della presenza delle istituzioni, quali i Tribunali, l’Università, il Duomo, il Comune, la Prefettura, etc.., vedi Catania, Palermo, Siracusa, e così via.
Dunque, immaginare di spostare le funzioni di Palazzo Piacentini in un ambito nuovo, quale quello di una cittadella giudiziaria decentrata, e di architettura recente, non sarebbe impresa semplice né priva di rischi relativamente al mantenimento di una identità urbana che trova appunto nella città consolidata il suo alter ego fisico ed architettonico, potremmo dire una sua veste materica consolidata e socialmente riconosciuta e riconoscibile.
Prima di ogni cosa, tuttavia, e soprattutto per dare risposte nell’immediato, occorre conoscere bene le esigenze espresse effettivamente dalla Giustizia a Messina e dunque sapere se le richieste di spazi riguardino in particolare o esclusivamente gli uffici amministrativi, gli archivi, o complessivamente tutta l’amministrazione della giustizia, carceri ed aule di tribunale comprese, per intenderci.
Perché se l’esigenza primaria ed impellente fosse fondamentalmente quella di reperire spazi per uffici ed archivi, lasciando al plesso centrale del Tribunale, ossia di Palazzo Piacentini, le altre funzioni (e dunque sale per udienze, processi, spazi per rappresentanza, adunanze etc.) oltre alle carceri sottostanti e a qualche ufficio strettamente legato alle necessità processuali, non si può che esprimere un parere favorevole alla possibilità di utilizzare la attuale “Casa dello Studente” come palazzo ausiliario della sede centrale, nel quale aggregare tutti i possibili uffici attualmente dislocati in varie sedi (peraltro assolutamente inadeguate per ovvi motivi), in considerazione della sua vicinanza al Palazzo centrale, della tipologia del plesso al fine di detto uso, del fatto che non risulta siano previsti flussi di mobilità in incremento rispetto alla attuale situazione, partendo ovviamente dall’assunto che la destinazione del Palazzo Piacentini non debba comunque essere messa in discussione, e sicuramente non nel breve periodo. E, peraltro, se il problema di reperire spazi per gli uffici giudiziari è ormai annoso, evidentemente non può essere ulteriormente rinviata una risposta a detta esigenza che potrebbe portare anche ad una paralisi della Giustizia stessa.
La soluzione dell’ex Ospedale Regina Margherita si ritiene assolutamente da scartare in quanto insostenibile sia per motivi funzionali che urbanistici. L’area peraltro afferisce alla struttura sanitaria che sembra non voglia cederla. La sua collocazione nei pressi del Museo fa pensare più opportunamente ad un suo possibile utilizzo per rafforzare l’ipotesi di un polo culturale nella zona, in alternativa alla funzione sanitaria qualora venga confermata definitivamente l’intenzione di dismettere il plesso per le funzioni ospedaliere che ricopriva in un recentissimo passato. La particolarità della zona anche dal punto di vista infrastrutturale, oltre che la vicinanza alla fascia costiera, per la quale non può che auspicarsi un recupero e una adeguata riqualificazione soprattutto in un’ottica di valorizzazione turistico-culturale dell’intera area, non favorirebbero neppure la più pallida ipotesi nella direzione di un suo utilizzo ai fini della Giustizia.
Analogamente l’area individuata nell’ambito militare di Bisconte, che non si conosce peraltro nel dettaglio, desta molte perplessità e dubbi per una serie di motivi che si esprimono di seguito, solo dopo aver anche premesso che tali dubbi diventano praticamente certezze nel caso in cui, come auspicato da alcuni, tale ipotesi dovesse comprendere e contemperare anche il trasferimento delle funzioni del plesso centrale del Tribunale, come detto prima, per raggrupparle nell’unico polo giudiziario, a Bisconte.
Dubbi e contrarietà sembrano generarsi inoltre dalla considerazione della fragilità del territorio, anche in termini di accessibilità. Trattasi di un ambito tendenzialmente chiuso con percorsi inadeguati ad un uso quale quello che verrebbe a determinarsi nel caso di realizzazione di una cittadella giudiziaria.
Sussisterebbe inoltre un forte rischio “desertificazione”, sia urbanistica che soprattutto sociale che sarebbe diretta conseguenza non solo di una terziarizzazione dell’area ma del tipo di infrastruttura che si verrebbe a localizzare, “pesante” anche sotto l’aspetto meramente “percettivo” oltre che fisico. Una cittadella giudiziaria è uno spazio concluso, respingente socialmente, non incentivante in termini urbanistici; essa prevederebbe fasce di sicurezza, vigilanza armata, postazioni militari, che non andrebbero certo a facilitare una situazione sociale già in partenza abbastanza compromessa per la presenza di un edificato che comprende ancora realtà caratterizzate da fatiscenza e degrado urbano ma soprattutto da sacche estese di degrado sociale, causate o favorite da scelte urbanistiche oggi superate o comunque non attuate del tutto. In tale ambito, alcune aree rilevano una alta densità di alloggi popolari già di per sé molto negativa e per di più in assenza di adeguati servizi ed infrastrutture di carattere sociale-aggregativo e culturale, in particolare. Inoltre si tratta di un ambito chiuso, incuneato, senza vie di fuga adeguate.
L’ipotesi potrebbe rientrare soltanto in una eventuale fase di approfondimento generale relativamente alla possibilità di una riorganizzazione urbanistica della città basata sul decentramento di molte funzioni urbane, modello questo tuttavia da valutare rispetto alle peculiarità e specificità del contesto complessivo della città, e non secondo modelli urbanistici astratti e generali.

Peraltro, escluse altre opzioni quali quella che vedeva interessato il Mercato ittico (fortunatamente scartata per ovvi motivi legati all’utilizzo ottimale delle aree di prossimità del porto), o quella per cui fu indetta una gara con successivo contenzioso (che funzionalmente non sembra rispondere né alle esigenze della città né specificamente alle richieste della Giustizia), o quella relativa all’utilizzo del plesso della scuola Galatti (che potrebbe ancora lasciare spazio ad opportuni approfondimenti), o ancora quella che prevedeva l’utilizzo dell’area del Tirone (che ci vede categoricamente contrari), si ritiene possa anche approfondire l’ipotesi, di lungo termine, di cui non si parla più da tempo, dell’utilizzo, ai fini di un polo giudiziario, della cittadella postale di Pistunina (soluzione questa che potrebbe avere dei pregi sotto vari aspetti ma che, come ogni altra soluzione, ha anche dei limiti), sempre che ciò tuttavia non comporti lo smantellamento di Palazzo Piacentini, come plesso centrale di riferimento.
E, dunque, mentre le ipotesi di lungo periodo (tra le quali non si ritiene possa comunque essere in discussione il mantenimento del Palazzo Piacentini a sede centrale del Tribunale), spingono a ritenere che la ricerca di una soluzione non possa prescindere da un approfondito dibattito in sede di pianificazione complessiva della città, secondo una visione organica che contemperi le ragioni dello sviluppo economico con la tutela dei valori del passato e la qualità di vita anche in termini aggregativi e sociali della città nel suo complesso, nel breve periodo (senza necessariamente escludere il mantenimento di tale opzione anche per il lungo periodo) non si puo’ non sostenere l’ipotesi “Casa dello Studente”, che consente di dare una risposta pressocché immediata alle annose esigenze espresse dalla Giustizia a Messina, ossia a quelle certamente derivanti dalla carenza di uffici ed archivi (lasciando alla sede centrale le altre funzioni). Tale ipotesi si ritiene “sostenibile” anche in quanto non inciderebbe significativamente sui flussi di mobilità interessanti attualmente il plesso di Palazzo Piacentini, ma caso mai potrebbe ridurre il raggio di incidenza urbana delle strutture per la Giustizia attualmente ben più diffuse e sparse in situazioni di promiscuità urbanistica ormai intollerabili, non solo per gli operatori della Giustizia ma per tutta la città”.

Per l’Istituto Mediterraneo di Bioarchitettura Biopaesaggio Ecodesign
Il Presidente
architetto Caterina Sartori