Giustizia italiana. è difficile fidarsi…

di Vincenzo Donvito, presidente Aduc

Dopo 11 sentenze e a quasi 40 anni di distanza, si celebra oggi davanti alla quinta sezione penale della Cassazione l’ultimo grado del processo per la strage di piazza della Loggia a Brescia del 28 maggio 1978, in cui persero la vita 8 persone e un centinaio rimasero ferite nel corso di una manifestazione promossa dai sindacati. L’udienza di oggi riguarda il terzo filone di indagine per l’eccidio, per il quale sono stati assolti, sia in primo che in secondo grado, tutti gli imputati. Non è la trama di un film, e neanche la presentazione di una trasmissione televisiva sulla storia d’Italia, ma il palese esempio del fallimento di un sistema giudiziario, passato dal coma alla morte nel giro di questi ultimi anni. Anni in cui, ai frequentissimi appelli e inviti da più parti -lese o non lese dal medesimo sistema o dai suoi gestori, non esclusi i giudici scevri da ogni responsabilità civile- i politici hanno sempre fatto orecchie da mercante, difendendo solo le proprie nicchie, le proprie corporazioni, i propri privilegi. A farne le spese è sempre il cittadino utente di questo sistema, sia che si tratta dei giudizi in sede penale che in quella civile; spese in termini di ingiustizia:
– per le troppo frequenti sentenze basate sui singoli convincimenti e appartenenze dei giudici,
– è ormai diffusa la rinuncia a qualunque ricorso alla giustizia:
* nelle questioni di piccole entita’ economiche, i costi per usufruire dei servizi della giustizia sono piu’ alti di quelli che si riuscirebbe a recuperare in caso di riconoscimento delle proprie ragioni, e la possibilità che -pur riconosciute le proprie ragioni- il giudice compensi le spese di giudizio fra entrambe le parti piuttosto che accollarle alla parte soccombente, è molto alta, e quindi le proprie ragioni hanno un costo economico più alto di quanto recuperato;
* nelle altre questioni, è altissima la possibilita’ che si arrivi a tempi come quello di piazza della Loggia. Tant’è che non sono pochi quei legali -per esempio- che pur sapendo che il proprio cliente ha torto, comunque procedono in giudizio contro qualcuno, perchè alla fine, davanti alla prospettiva di costi dilatati e dilanianti dalla lungaggine giudiziale, anche il più convinto delle proprie ragioni, preferisce transare -e quindi rimetterci un po’ di soldi- invece di continuare, probabilmente vedersi riconosciute le proprie ragioni, ma dovendo poi versare ingenti somme, superiori a quelle versate per la transazione prima del giudizio. Noi, come associazione per i diritti degli utenti e consumatori, siamo quotidianamente coinvolti in questo sistema sfasciato e, subendone le conseguenze come qualunque altro, rileviamo che il governo in formazione ha preso dei generici impegni in merito. Aspettiamo impazienti e speranzosi che non ci si indirizzi solo verso cambiamenti come quelli operati fino ad oggi, dove, per diminuire il carico, si è solo provveduto ad aumentare i costi per l’accesso… col risultato che in molti casi, questo accesso è stato inibito.